©overtures #7
L'ultimo degli ingiusti contiene il testo del documentario Le dernier des injustes che il regista del gigantesco Shoah, Claude Lanzmann, ha dedicato al rabbino Benjamin Murmelstein. Lo pubblica in anteprima mondiale Skira (pp. 144, euro 15). La copertina mostra la parte posteriore del collo, la nuca, dei capelli pettinati e bagnati, le orecchie, una stanghetta d'occhiale e un pezzo di giacca di Murmelstein. Chi era Murmelstein? Parliamo del giovane dirigente della comunità ebraica viennese dall'anno dell'Anschluss al 1941, in seguito rabbino del ghetto di Theresienstadt negli anni cruciali dal 1943 al 1945. Fu processato dai cecoslovacchi a guerra finita e quindi assolto nel 1946. Impossibilitato a mettere piede in Israele, finì con la famiglia a Roma e fu impegnato in tutt'altre attività, nel commercio. Il regista di Shoah lo intervistò nel 1975 e quell'incontro romano fu la molla di questo documentario presentato a Cannes soltanto nel 2013.
Sono assai note le situazioni che hanno visto protagonista il ghetto boemo da lui diretto, le accuse di collaborazionismo coi nazisti, le vicende tragiche che riguardarono anche quel ghetto, persino il sostegno al film di propaganda nazista sulle "invidiabili" condizioni del ghetto, Theresienstadt. Ein Dokumentarfilm aus dem jüdischen Siedlungsgebiet, reso poi celebre anche dall'Austerlitz di Sebald. Il documentario di Lanzmann e, insieme, questo testo riportano in primo piano il dibattito sui rabbini e gli anziani di tanti ghetti in quegli anni, sulla loro condotta controversa e su quel singolare e in fondo depotenziato, annichilito esercizio del potere che si trovarono a condurre. Sappiamo che furono tutti questi temi discussi da Primo Levi e compresi icasticamente nella celebre metafora della "zona grigia" de I sommersi e i salvati. E sappiamo che molto spesso la discussione rischia di assottigliarsi soltanto su interrogativi simili a quelli che troviamo in un film come Schindler's List: questi rabbini salvarono le vite che potevano salvare, grazie a qualche loro astuzia collaborativa? Potevano non collaborare? E il loro operato mise i bastoni tra gli ingranaggi della macchina di morte nazista? Salvarono il salvabile? Come potete capire, è un grumo di interrogativi che più lo si guarda più si avvita in sé stesso e sono domande che sbattono da più parti e che è bene stare ad osservare senza troppa serenità in questo loro sbattere da flipper, tanto più in questi giorni in cui la parte editorial-scolastica della Giornata della memoria - forse quella più inutile, se non nociva - rischia sempre di sopraffarci e, con il suo intento di essere memoria, rischia alla fine di far dimenticare o, quasi peggio, semplificare.
E la nostra copertina di Skira da cui siamo partiti? C'è un volto, ma non si vede. Possiamo solo immaginarlo. Il tentativo di Lanzmann di riabilitare la memoria di Murmelstein passa anche dal punto di ripresa di questa copertina, da tergo. Gli occhi sono di là. Nei tribunali, tra imputato e giudice, il rapporto è faccia a faccia. Qui non può esserci un vero tribunale, allora un giudice - se c'è - può giudicare solo da dietro e l'imputato - se c'è - può parlare, ma nella direzione opposta. A chi? E chi accusa chi?
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