lunedì 23 marzo 2015

Tradurre in italiano Vasilij Grossman, Anna Politkovskaja, Pavel Florenskij e altri. Intervista con Claudia Zonghetti

Librobreve intervista #53

Claudia Zonghetti
Come accennato nel titolo, le più recenti traduzioni da Vasilij Grossman, Anna Politkovskaja e Pavel Florenskij sono opera di Claudia Zonghetti. Il suo nome è legato anche alle collaborazioni con Julia Dobrovolskaja, nella stesura del Grande dizionario Russo-Italiano / Italiano-Russo (Hoepli) ma anche in libri a quattro mani orientati alla didattica come Le difficoltà del russo. Verbo, aggettivo, sostantivo (Zanichelli). Con grande piacere ospito questa intervista che prende avvio dal più recente lavoro portato a termine per Adelphi. Bello notare come questa storia di traduzioni parta da "un'ora buca" trascorsa al liceo: ben vengano allora le ore buche! Parlando di traduttori dal russo, ad un certo punto Claudia Zonghetti afferma "Nell'ultimo mezzo secolo molti - molte - hanno continuato l'opera dei pionieri". Quell'inciso in effetti mi ha fatto pensare che passato il tempo degli Alfredo Polledro, Eridano Bazzarelli, Ettore Lo Gatto o anche dei Clemente Rebora e Leone Ginzburg, i nomi che più si leggono tra gli slavisti e traduttori dal russo, negli ultimi decenni, sono appunto nomi di donne. Mi pare sia un aspetto quantomeno curioso, interessante. Buona lettura.

LB: Partirei dalla fine, ovvero da A proposito di Čechov di Ivan Bunin, ultimo libro da lei tradotto. Potrebbe raccontarcelo, tralasciando la veste di traduttrice (se possibile)?
R: È possibilissimo! Prima di essere traduttrice sono una lettrice vorace (anche se non quanto vorrei). E dunque: Ivan Bunin è anziano, malato e costretto a letto. Un giorno riceve dall'Unione sovietica i volumi freschi di stampa dell'epistolario di Čechov, si tuffa entusiasta nella lettura e scopre con gioia infinita quanto il grande scrittore tenesse alla sua amicizia. Inevitabile è, dunque, che si conceda ai ricordi di un legame fra esseri umani straordinari, prima che fra letterati di rango. Un legame che era stato breve, ma intenso, sollecito e schietto. Bunin non riesce a portare a termine il volume che ha in mente e che detta man mano alla moglie, ma le pagine che lascia sono straordinarie proprio nella loro imperfezione, nel loro calore vivo e spigoloso, nella loro densità di affetti e passioni. E difatti proprio a una passione mai sospettata - l'amore rimasto speranza fra Čechov e Lidja Avilova - sono consacrate pagine portentose.


Anna Politkovskaja
LB: Il suo nome è naturalmente legato alle versioni italiane di uno dei più importanti nonché imprescindibili scrittori del secolo scorso, Vasilij Grossman, anche se mi sentirei a disagio a non menzionare le versioni da Anna Politkovskaja o Pavel Florenskij. C'è davvero molto nel suo curriculum, anche solo a citare questi tre nomi. Cosa le piacerebbe provare, ora? E la poesia? 

R: Mi piacerebbe - adorerei - mettere piede nella letteratura per bambini e ragazzi. L'Unione sovietica prima e la Russia poi hanno una tradizione notevolissima e feconda in questo ambito. La poesia no. Mai. Ho troppo rispetto per la parola poetica per pensare di lordarla con i miei incauti balbettii. Non transigo. Ci ho provato una sola volta, cedendo a insistenze alle quali mi pesava rispondere sbattendo la porta. È stato un trauma, ma nessuno si è accorto che l'ho fatto e ne sono quanto mai felice.
Osare per osare, affronterei la satira. Un campo con mine altrettanto devastanti.

LB: Riesce a seguire con una certa continuità l'attualità della letteratura russa? In che modi?
R: La rete, ormai, è di grandissimo, insostituibile aiuto. Seguo blog, riviste, forum… C'è davvero l'imbarazzo della scelta. E la possibilità di scaricare i libri senza dover attendere "i pacchi della speranza" rende tutto molto (ma molto!) più semplice.


LB: Una domanda che è un inciso personale: una convinzione che sin dalle scuole superiori mi è stata quasi inculcata è che la letteratura russa "non delude mai". Naturalmente l'accento era più sull'Ottocento. Ecco, non so perché ma ne ho fatto quasi un dogma. Ora esagero, però forse è vero che la letteratura russa "delude poco". Forse con questo inciso le offro lo spunto per sfatare certi luoghi comuni o altri dogmi sulla letteratura russa...
R: Come in ogni altro paese del mondo, anche in Russia gli scriventi sono infiniti e gli scrittori veri mosche bianche (o dovrei dire "corvi bianchi", dato il primigenio errore traduttivo dell'analogo russo riferito a Boris El'tsin?). Per il resto, anche la letteratura russa segue e si accoda a quanto accade nel resto del mondo. Ci sono gli scrittori "mainstream" che seguono - anche dignitosamente - le mode e le tendenze universali (vampiri e sfumature di colori vari, per intendersi), ci sono gli esteti raffinati, ci sono i realisti, i post-post-postmodernisti… Ci sono nomi degnissimi, OVVIO (lasci le maiuscole, la prego!). Ma non c'è un nuovo Pasternak. Quanto a proporli qui da noi… Lo stereotipo "russo=mattone" è duro a morire. E in un periodo di profonda difficoltà del libro, gli editori disposti a rischiare per proporre autori russi sono davvero pochi.

LB: C'è un'opera che vorrebbe portare in italiano e che sinora nessun editore ha voluto considerare, anche se da lei suggerito?
R: C'è. Ce ne sono diverse. Ma - se espressi - i desideri non si avverano. E io ci terrei a vederne qualcuno farsi carta, prima di appendere la tastiera al chiodo. Ad ogni buon conto, tralasciando i nomi meno noti che vorrei provare a far assaggiare ai lettori italiani, mi limiterò a confessare (per l'ennesima volta) che dopo avere tradotto la "Cronaca" della vita di Michail Bulgakov (di Marietta Čudakova, per Odoya) la voglia di rimpastare Il Maestro e Margherita non ha più limiti.


Tradotto da Vera Dridso
LB: Le andrebbe di comporre una piccola galleria dei traduttori dal russo, citarne qualcuno e/o tratteggiare qualche aspetto saliente?

R: Questa domanda avrebbe bisogno di una ventina di pagine per sperare in una risposta che minimamente soddisfi il criterio di affidabilità. Per mia e sua fortuna una carissima amica e docente - Giulia Baselica - ha scritto sull'argomento, e chi volesse sapere qualcosa di più sulle traduzioni di autori russi in italiano (attenzione: non "dal russo in italiano", perché non sempre era così) potrà leggere un suo articolo pubblicato sulla rivista "Tradurre". Lo trovate qui.
Nell'ultimo mezzo secolo molti - molte - hanno continuato l'opera dei pionieri: Vera Dridso, Gigliola Venturi, Chiara Coisson per citare le più prolifiche... E Serena Vitale, ovvio, nelle sue preziose incursioni traduttive.
Quanto all'ultima e penultima generazione, gli anni venturi diranno chi di noi resisterà alla prova del tempo.

LB: Una rapida curiosità: quanto ha richiesto la traduzione di Vita e destino di Grossman?
R: Nove mesi. Una gestazione. Con lo stesso travaglio finale. Ma con una serie infinita di gioie, dal primo vagito in poi.

Gogol'
LB: Finirei con l'inizio, ovvero le vorrei chiedere come è arrivata a occuparsi di traduzione. In sostanza, vorrei sapere qualcosa sulla sua formazione di traduttrice. Grazie della sua disponibilità.

R: Sono uscita dal Cappotto di Gogol', come si vuole per buona parte degli scrittori russi. Ero ancora al liceo quando, in un'ora buca, un professore di greco del classico - io frequentavo il linguistico, al "Raffaello" di Urbino - si sedette e cominciò a leggere. Al "colore emorroidale" di Akakij Akakievič ero già ipnotizzata. Cominciai a leggere, a rileggere, a cercare... E decisi che - così come già facevo con l'inglese e il francese (e iniziavo a fare con il tedesco) - volevo leggerle in originale, quelle pagine che sentivo meravigliose, ma che nella lingua in cui erano nate rischiavano di esserlo persino di più.
Partii dunque per Venezia, dove mi sono poi laureata con Vittorio Strada, ma dove soprattutto ho fatto l'incontro che ha cambiato la mia vita. Quello con Julia Dobrovolskaja, grandissima traduttrice verso il russo dei massimi scrittori italiani, che per mia fortuna ha avuto una seconda vita anche nel senso inverso, insegnando cioè a noi italiani a tradurre gli scrittori russi di ogni generazione. È stato "a bottega" da lei che ho mosso i primi passi. Timidissimi, fustigatissimi. Ma se qualcosa riesco a fare, ora, lo devo sicuramente alla sua inesorabile pazienza e al suo esasperante - ma ubertoso - rigore.

Nessun commento:

Posta un commento