«L'explication orphique de la Terre, qui est le seul devoir du poète", così si esprimeva il poeta in una lettera a Paul Verlaine del 1885. Il centro dei suoi pensieri era costituito dall'opera, il Livre, e dalla sua messa in scena, aspetti sui quali a lungo lavorò e di cui non molto sappiamo anche a causa della volontà di distruzione delle note trasmessa ai familiari al momento della morte. Nelle pagine iniziali Massimo Blanco sgombra il piano del discorso da qualsiasi dubbio che "orfico" possa rimandare a qualche forma di esoterismo, che fra l'altro cozzerebbe con l'adozione della parola "explication" da parte di Mallarmé stesso. Insomma, l'interrogativo che muove questo studio è anche l'interpolazione tra l'architettura dell'opera che Mallarmé aveva in mente e il suo confrontarsi con una "dottrina orfica". "Dottrina orfica" che rimanda agli inni orfici e alla circolarità e ciclicità perpetua tra eroe-inno (il "canto-tessuto") e madre-figlio. Da queste riflessioni si avvicina pure la chiave per comprendere il titolo scelto per questo studio di Massimo Blanco. Il Livre di Mallarmé si manifesta pertanto come un ciclo genealogico con ruoli intercambiabili - dove "hymne" è anagramma di "hymen" - e alla luce di queste considerazioni il lettore potrà approfondire l'analisi dei singoli testi presi in esame. Il Livre quindi nega un senso lineare, non comincia e non finisce, ma è circolare e solo nella circolarità vi è una porta d'accesso alla poesia.
L'interesse sviluppato da Mallarmé per la mitologia comparata (il poeta tradusse il manuale di mitologia del reverendo George William Cox a uso scolastico) emerge tutto nella struttura di questo studio che consta della compenetrazione di due analisi: da un lato la ricostruzione dell'ideologia e della struttura del Livre e dall'altro la ricomposizione della linea narrativa del Fauno. Lo studio in questione si sofferma quindi su due opere accomunate dall'essere incompiute e Massimo Blanco si cimenta con quanto si palesa davvero come "officina tematica e strutturale" di tutto ciò che andrà a comporre il corpus delle Poésies di Mallarmé. Il "dramma solare", categoria critica fondamentale nella vicenda mallarmeana, è un dramma di assenza e di memoria:
Dentro le Poésies si aggirano gli dèi antici, delle presenze riconoscibili. Sfruttandone il tramite, Mallarmé tenta di mettersi in relazione con gli assenti: la madre, la sorella, Anatole. Tenta, ma esita anche, rinunciando spesso alle opportunità che gli si presentano in cui può raccontarsi e descrivere i propri dolori.
E fa questo intervenendo su ciò che avverrà sul piano del mito. Il locutore delle Poésies non è di certo un io lirico baudelairiano. È piuttosto uno stratega della reticenza che non manca di stupirsi degli effetti del proprio operato, affiancando la curiosità e le perplessità del lettore. Ebbene, egli cerca di impedire o di ritardare ciò che si è consapevoli dovrà accadere. Il mito, infatti, presenta delle vicende note nella loro sequenza completa.
Mallarmé avverte il bisogno di arrestare gli snodi del destino, come se volesse così esorcizzare il ricordo di quanto è avvenuto bloccando il filo dei canovacci mitologici. Basti tra tutte la storia di Edipo e Giocasta: il poeta tenta di agire sul loro destino evitando che si realizzi. [...]Un pensiero conclusivo va alla traduzione di Mallarmé in italiano. In questo importante contributo di Massimo Blanco la traduzione italiana di Mallarmé non è centrale e non poteva esserlo e vi troverete analizzate le poesie e non certo le versioni di queste. In questo studio potrete seguire l'analisi approfondita e tutti i vari "rendiconti critici" che toccano, per quel dato componimento in esame, i punti salienti di una vicenda critica mai conclusa, fino agli aggiornamenti più recenti della bibliografia mallarmeana, ma il problema della traduzione davvero non poteva qui essere centrale. Tuttavia, così come non è mai chiusa la vicenda critica, non lo può essere la vicenda traduttiva di un poeta che pone, nella ricreazione in un'altra lingua, pressoché insormontabili impasse, non solo semantiche e di senso, bensì, ancor più radicalmente, difficoltà sintattiche. Che si prenda la traduzione di Luciana Frezza, quella di Patrizia Valduga o quella proposta da Adriano Guerrini e Valeria Ramacciotti, il punto d'approdo del ragionamento è sempre quello: si tratta di traduzioni tanto necessarie quanto provvisorie, ontologicamente provvisorie e necessarie come ogni traduzione in una data lingua. Uno studio come Edipo non deve nascere, inesistente fino a pochi mesi fa, diventa un sostegno imprescindibile per qualsiasi futuro traduttore di Mallarmé. Se nella bibliografia troverete solo parzialmente il problema della traduzione italiana, e riscontrerete piuttosto la presenza dei noti studi su Mallarmé licenziati via via da Stefano Agosti, Carlo Bo, Mario Luzi, o quello recente di Federica Spinella (fra altri italiani e soprattutto tra altri titoli di una bibliografia dal respiro davvero ampio), questo non significa che sia anche verso il problema traduttorio che questo beau livre dirige con grande efficacia la propria traiettoria. Non è esagerato pensare che la traduzione sia una peculiare forma di critica letteraria.
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