sabato 7 maggio 2016

La collana di reportage letterari Razione K di Keller. Un'intervista con Roberto Keller

Librobreve intervista #67


Ospito di seguito un'intervista all'editore Roberto Keller, che ringrazio per le risposte. L'intento è quello di illustrare la realtà attuale e futura della collana di reportage letterari Razione K della casa editrice di Rovereto.

LB: Come e quando nasce l'idea della collana Razione K?
R: Razione K non nasce per caso. Nasce da uno spazio che la casa editrice ha dedicato sin dall'inizio al reportage narrativo internazionale. In linea con le scritture “oblique” che ci piacciono infatti ci siamo dedicati anche alla scoperta di autori e di un giornalismo che riscopre la dimensione del tempo, della “geografia” e della storia sposandola con quella letteraria. Lo spazio di questi libri è diventato nella nostra testa sempre maggiore e così è nata l'idea di dare una collocazione specifica a questo “genere”, anche dal punto di vista editoriale. Perciò è nata Razione K che ha voluto essere particolare anche nel formato e nella grafica. Libri da mettere in tasca o nel “tascapane”, da portare con sé e sfogliare anche in viaggio. Il tutto con una grafica minimale che richiama disegni e annotazioni.


LB: Potrebbe brevemente illustrare i titoli sinora usciti e, se possibile, dare qualche anticipazione sulle prossime uscite della collana e sulle prossime direttive di perlustrazione dei testi che ospiterete (su quali aree vi soffermerete)?
R: I libri di Razione K vogliono essere quasi dei piccoli portolani in grado di aprirci lo sguardo su temi e aree geografiche nuove. Il primo titolo non a caso è stato un libro di caldissima attualità come Diari ucraini di Andrei Kurkov, presa in diretta dei fatti Ucraini dal novembre 2013 all'aprile 2014. A seguire un reportage che dovrebbe essere letto da tutti coloro che vorrebbero fare i reporter La frontiera dei cani di Marie-Luise Scherer, la “gran dama” del reportage tedesco che fa conoscere la sezione più settentrionale della frontiera tra Germania Occidentale e DDR, allora controllata dai cani. La Scherer usa gli animali, la loro vita e i loro destini, per offrire una visione nuova del Paese diviso in due. Non poteva mancare il reportage polacco con gli eredi di Kapuscinski e in particolare due lavori di Tochman sui Balcani (Come se mangiassi pietre) e sul Ruanda (Oggi disegneremo la morte). A gennaio 2016 abbiamo pubblicato Paesaggi contaminati dell'austriaco Martin Pollack che ci porta a scoprire la Mitteleuropa e la storia, spesso drammatica, che l'ha segnata. Poi ci occuperemo ancora di est con la riproposizione dello splendido Febbre bianca di Jacek Hugo-Bade e Le lupe di Sernovodsk di Irena Brežná dedicato all'universo femminile nel dramma della guerra cecena.
Dopo l'estate ci occuperemo di Turchia e, grazie alla splendida penna e allo sguardo di Navid Kermani entreremo anche nel cuore del grande universo islamico.

LB: Avete usato l'espressione "reportage letterario". In che cosa si distingue, secondo il vostro punto di vista, dal reportage giornalistico magari scritto da uno scrittore? Voglio dire, secondo voi un Goffredo Parise che scrive è automaticamente un autore di un "reportage letterario" oppure potrebbe essere più semplicemente un "reportage giornalistico" proveniente da uno scrittore? E nel caso dei vostri autori che cosa succede?
Le definizioni sono in effetti sempre pericolose. E in questo caso i confini sono davvero labili. Le posso dire che non vedo contrapposizioni, so che quel che cerchiamo in un reportage è la qualità del lavoro giornalistico e allo stesso tempo la tensione tipica del lavoro letterario che ambisce alla durata.
Ecco, nel reportage letterario penso che si ritrovino dei contatti e delle contaminazioni feconde tra questi due livelli.
Se penso a Martin Pollack e al lavoro che ha fatto in tutti i suoi libri e non ultimo in Paesaggi contaminati: c'è un tempo della ricerca delle fonti, della scrittura, della costruzione del libro, dello scavare e incontrare e, infine, un respiro – dato anche solo semplicemente in numero di pagine - che quando era giornalista non poteva sfruttare.



LB: Una domanda infine sul nome della collana Razione K. Si tratta di un nome molto iconico, con un forte rimando anche alla grafica editoriale di Keller. Tuttavia rimanda a un immaginario originariamente americano, che non mi pare - per ora, almeno - quello della collana. Mi sono perso qualche passaggio?
R: Non mi sono accorto di questo rimando americano. Certo che però quando penso al reportage letterario non posso non pensare a Capote così come a Kapuściński. Poi la testa corre però anche a Tiziano Terzani, Ettore Mo, Valerio Pellizzari. Credo che anche in questa collana esca una strana sintesi di editore-lettore: di fatto pubblico i reportage che mi interessano come lettore.
Lo scorso anno alla triennale di Milano c'era un progetto dedicato al packaging e ai contenuti delle razioni K di vari eserciti che sono le razioni quotidiane dei soldati.
Razione K è in realtà l'incontro tra l'idea che i libri inseriti in collana siano mappe essenziali per il mondo in cui ci muoviamo – qualcosa di minimo ma necessario come una razione di cibo - unito alla K che è il simbolo della casa editrice. In questo non abbiamo pensato a un occidente o un oriente o a territori esclusi. Nel cassetto dei desideri ci sono infatti anche alcuni lavori americani.

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