giovedì 14 luglio 2016

La gratitudine "periodica" di Oliver Sacks

Gratitude uscì negli Stati Uniti a novembre dello scorso anno, a tre mesi dalla morte di Oliver Sacks, avvenuta il 30 agosto 2015. La traduzione italiana (Gratitudine, Adelphi, traduzione di Isabella C. Blum, pp. 57, euro 9, con 6 fotografie b/n) arriva a fare il paio con In movimento, la sua autobiografia, pubblicata sempre da Adelphi. Il piccolo volume contiene quattro brevi interventi scritti fra il 2013 e il 2015. A Sacks era stato diagnosticato un raro melanoma oculare già nel 2005, un tipo di malattia che solitamente metastatizza in un caso su due. Lui rientrò in quel caso su due, quasi dieci anni dopo quella diagnosi. A febbraio del 2015 questo aveva infatti metastatizzato nel fegato. Un intervento consentì di arrestare il processo per qualche tempo, tanto che nella tarda primavera del 2015, Sacks si trovò persino in un periodo di buona salute: aveva ripreso a suonare il piano, a nuotare (anche un chilometro e mezzo al giorno!) e a viaggiare (nel libro si ricorda la visita al centro studi sui lemuri della Duke University). La primavera del morente durò tuttavia poco e Sacks iniziò presto a sentirsi affaticato all'arrivo dell'estate. I quattro scritti qui radunati, usciti tutti sul "New York Times", non sono tuttavia quattro atti raccolti in articulo mortis bensì quattro lodi della vita, all'insegna di quel sentimento così difficile - eppure così elementare - da dire che dà il titolo all'opera. Sacks parla della gratitudine per la vita e per stati in contatto e relazione con il mondo. Il primo di questi quattro scritti, fra l'altro, "Mercurio" (The Joy of Old Age, 6 luglio 2013), fu scritto in occasione del suo ottantesimo compleanno, quando Sacks non sapeva della fine imminente. "Mercurio" perché Sacks era solito contare gli anni con gli elementi della tavola periodica nella quale il mercurio occupa appunto l'ottantesima posizione (io ho così scoperto di vivere nell'anno del rubidio e di avvicinarmi a quello dello stronzio).


Con "La mia vita" (My Own Life, 19 febbraio 2015) entriamo negli scritti terminali, che manifestano un distacco progressivo dalla vita, sulla scia di quanto aveva scritto l'amato Hume dopo aver saputo di essere stato colpito da un male incurabile ("È difficile essere più distaccati dalla vita di quanto lo sia io adesso"). "La mia tavola periodica" (My Periodic Table, 24 luglio 2015) ritorna sulla passione per la tavola periodica degli elementi, li passa in rassegna. Sacks sa che non arriverà al radioattivo Polonio (elemento numero 84). Il conclusivo "Shabbat" (Sabbath, 14 agosto 2015) - che chi desidera potrà leggere in originale qui - parte dai ricordi della comunità ebraica ortodossa di Cricklewood, in Inghilterra, per ripercorrere alcune tappe della propria vicenda famigliare, intellettuale e lavorativa (è altresì una lode del lavoro e dell'amore questo insieme di pagine, aspetti della vita umana ancora una volta uniti, come nelle canzoni di Celentano o Battisti), l'omosessualità finalmente detta in famiglia, la scoperta del nuovo mondo americano dopo il 1960, la prossimità al suicidio nel periodo delle anfetamine. Evidente è il senso di prossimità al riposo, sin dal titolo.

La reazione all'annuncio di una morte imminente può comportare svariate reazioni in una persona, a maggior ragione se questa conserva una lucidità notevole e, per un certo periodo, persino la capacità di continuare a nuotare per oltre un chilometro (d'accordo, a livello cardiovascolare il nuoto non è l'attività fisica più proibitiva, ma non so quanti ultraottantenni facciano più di un chilometro al giorno di nuoto). La scrittura è sicuramente uno dei luoghi dove il morituro può rifugiarsi, ma è un luogo pericoloso, perché lì può facilmente sopraggiungere il desiderio di scrivere e provare a dire troppo, di fare consuntivi e bilanci, di consolidare la propria "fama" ed eredità, scientifica o artistica che sia. "Rifugiarsi" nel sentimento di gratitudine è stata la scelta di Sacks, interessarsi di quel che resta tralasciando i problemi dei quali dovrà occuparsi necessariamente il futuro (chi sta per morire, pur interessato al global warming, non può farne il pensiero principale). Il neurologo che soffriva di prosopagnosia e che nella sua scrittura ha via via mostrato una possibile strada di incrocio tra esperimento scientifico ed esperimento romanzesco, raccontandoci le allucinazioni come pochi altri, ci potrebbe aiutare ogni volta che proviamo a parlare di poesia (belli i riferimenti a W.H. Auden in questo libro). Sacks descrive senza esitazione la brama con cui attendeva le nuove uscite delle principali pubblicazioni scientifiche e ricordo che lo stesso Andrea Zanzotto consigliava a chi scrive poesia di rivolgersi più a una buona rivista di scienze che ad altri cespiti di "ispirazione". Non ho dubbi che vi sia un legame covalente tra poesia e scienza che può essere avvertito da tutti noi, sicuramente a differenti livelli di profondità. Non so se nell'estate poetica italiana, in cui gli effimeri bisticci e baruffe su Facebook diventano carburante di "attesi" incontri in festival/sfilate letterarie, quintessenza del narcisimo delle patrie lettere, tutto questo interessi ancora a qualcuno di quelli che scrivono versi. Ma, come potete immaginare, son altri discorsi, per giunta poco interessanti. Di interessante c'è piuttosto il legame tra il sentimento di gratitudine, di lode e di intima relazione con la vita e il cosmo, un legame che la poesia e la scienza hanno sempre parimenti cantato.

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