Dal 13 al 16 ottobre 2016 a Treviso avrà luogo la terza edizione di CartaCarbone festival letterario. A questo link potete scaricare un file *.pdf con il libretto della guida al programma oppure, se preferite, potete consultare il sito a questo indirizzo. Incontri con gli autori, laboratori, presentazioni, tavole rotonde, performance e spettacoli si alterneranno in vari luoghi della città.
Un appuntamento sarà dedicato ad Antonia Pozzi, della quale l'editore Ancora ha mandato in libreria Parole (pp. 464, euro 27, a cura di Graziella Bernabò e Onorina Dino), libro contenente tutte le poesie (inclusi alcuni inediti). Ne parlerà Saveria Chemotti sabato 15 ottobre alle ore 11:30 a Ca' dei Ricchi in un incontro intitolato "Le parole per dirlo. La poesia di Antonia Pozzi". Anticipo uno stralcio del suo intervento, per il quale la ringrazio.
di Saveria Chemotti
Antonia Pozzi era nata a Milano il 13 febbraio nel 1912, in Via Mascheroni 23, un palazzo signorile dell’alta borghesia milanese, in un ambiente familiare benestante che, per discendenza matrilineare, conservava la memoria della cultura illuministica e romantica lombarda; la famiglia è l’origine e il luogo della sua formazione e della sua inquietudine: mentre la madre Carolina (Lina) era donna nobile, raffinata, colta, ma sfuggente, convenzionale e mondana, il padre Antonio, ufficiale di artiglieria sul fronte del Piave, fascista, ma non fanatico ammiratore del regime, era un famoso avvocato esperto di diritto finanziario internazionale e un poeta dilettante di buona cultura letteraria: autoritario ed egocentrico, esuberante e impetuoso è proprio lui a delineare il percorso formativo della figlia a selezionare le sue amicizie, a impedire la sua genuina e vivace personalità di estrinsecarsi, e a precludere il suo rapporto d’amore con Antonio Cervi, suo professore al Liceo. Una rinuncia che segnerà profondamente la sua giovane vita.
Antonia frequenterà gli ambienti culturalmente più vivi della Milano degli anni Venti e Trenta, entrando nel gruppo di universitari e intellettuali legati alla figura di Antonio Banfi e dei suoi allievi, vivendo un tormentato rapporto affettivo e spirituale tra il suo mondo interiore e la realtà che la circonda.
Il suo suicidio all’età di 26 anni, nel dicembre del 1938, su un prato di Chiaravalle alla periferia di Milano, provocherà un grande scalpore tra i suoi amici e nell’ambiente culturale in cui ella si era inserita, costruendo un vero «caso» Pozzi, con illazioni, interpretazioni opinabili, compatimenti sentimentali. Il padre pubblica per primo una silloge della sua poesia intervenendo però pesantemente con correzioni e omissioni tutte le volte in cui i versi o le lettere potevano in qualche modo intaccare il ritratto memoriale che proteggesse (ai suoi occhi) l’immagine discussa (compromessa?) della figlia. I manoscritti portano ancora le tracce delle sue manipolazioni; alcune poesie sono state corrette, altre cancellate: su alcune è stata collocata una pagina bianca.
Sarà Eugenio Montale, con un testo stilato nell’autunno 1948, a cogliere per primo le peculiarità originali di una scrittura poetica di questa giovane donna che aveva scelto di non disperdere la sua sensibilità, la sua percezione del mondo, la sua profonda passione per la vita, senza mutilare la sua generosa vitalità femminile, la dimensione genuina che si travasa nei suoi versi.
Dopo tanti anni di studi filologici e di ricerca il corpus completo dei suoi scritti costituito da poesie, diari, tesi di laurea, fotografie è ora finalmente disponibile per penetrare il mistero di una voce leggera che tendeva a «bruciare lo spazio bianco della pagina» con la levità del suono e la vivacità intensa delle immagini.
C'è un luogo in Valsassina, la maggiore delle valli orientali del Lario, cui la Pozzi era legata: "...Quando dico che qui sono le mie radici non faccio solo un immagine poetica...fra questi muri, fra queste cose fedeli ed uguali, di volta in volta ho deposto e chiarificato a me stessa i miei pensieri, i miei sentimenti più veri...".
RispondiEliminaUn legame forte:" Sempre, tutte le persone cui ho voluto bene, ho desiderato venissero qui", la famiglia aveva una casa a Pasturo. A lei è intitolato l'asilo infantile e proprio in cimitero, come aveva desiderato e scritto, Antonia riposa.
"...Lassù, nel breve orto disteso/ai ritorni delle stagioni, ai cieli/della neve e dei venti/primaverili,/verranno bocche/di bambini sconosciuti/
a cantare/sulla tua solitudine"
Di questo luogo scriveva:
"Giungere qui, - tu lo vedi -/dopo un qualunque dolore/è veramente/
tornare al nido, trovare/le ginocchia materne,/appoggiarvi la fronte-" Un territorio alpestre, di boschi, 'Prati', 'Radici' e di cime calcaree che l'hanno vista salire, le stesse calcate più tardi in molti fine settimana da Bonatti in allenamento; da Cassin(di poco più vecchio di lei) appena fuori la porta di casa.
"Anima, sii come la montagna:
che quando tutta la valle
è un grande lago di viola
e i tocchi delle campane vi affiorano
come bianche ninfee di suono,
lei sola, in alto, si tende
ad un muto colloquio col sole..."
Grazie per questo ricordo e commento.
RispondiElimina