Avanguardia diffusa. Luoghi di
sperimentazione artistica in Italia 1967-1970 di Alessandra Acocella (Fondazione
Passaré-Quodlibet, pp. 248, euro 24, cura di Luca Pietro Nicoletti) è un libro
con un oggetto e uno scopo circoscritti per bene: l’autrice, che ha condotto
studi sui rapporti tra arte e spazio pubblico, sulla storia delle mostre e che è
tra i fondatori della rivista digitale "Senzacornice", ha passato in
rassegna diverse situazioni e luoghi periferici del sistema dell’arte
italiano in cui, negli ultimi anni Sessanta, si sono registrate e si dà testimonianza di esperienze di sperimentazione e avanguardia dell’arte
performativa. La scansione dei capitoli è pertanto geografica, legata alle
diverse realtà scandagliate. Il lettore si troverà all’interno di un
itinerario ben strutturato che comincia nell'Appennino modenese, a Fiumalbo, con la poesia visiva di “Parole sui muri”,
un’iniziativa dove incontriamo tra gli altri Claudio Parmiggiani e Adriano Spatola (si veda
anche qui, nel bel sito del progetto di Ricerca "Verba Picta. Interrelazione tra testo e immagine nel patrimonio artistico e letterario della seconda metà del Novecento" e il volume Parole sui muri. L'estate delle avanguardie a Fiumalbo di Eugenio Gazzola uscito per Diabasis). Si prosegue nel viaggio toccando, tra altre, le esperienze di sperimentazione ad Anfo sul Lago d’Idro, Caorle, San Benedetto del Tronto, Varese, Como o Zafferana Etnea, dove si
registra la conclusione del volume con uno dei casi meno riusciti e più discussi. Interessanti, al di fuori dei soliti solchi del pettegolezzo letterario, sono i collegamenti della situazione performativa di Zafferana Etnea in unione con le polemiche che riguardarono il premio letterario dedicato a Vitaliano Brancati, che in quella
località si provava a lanciare, polemiche e vicende che videro tra i loro
protagonisti Elsa Morante, Alberto Moravia, Pier Paolo Pasolini e Laura
Betti.
Fiumalbo (MO), agosto 1967. Da sinistra, Maurizio, Tiziano e Adriano Spatola, Arrigo Lora Totino e Claudio Parmiggiani. (foto Luigi Ferro) |
L'analisi del quadriennio si conclude all’altezza del
1970 e il momento si può leggere anche come una delle molte conseguenze della strage di
Piazza Fontana del dicembre 1969, la quale mutò inevitabilmente anche il
rapporto tra artisti e spazio pubblico avendo agito, ancor prima, sul rapporto
tra persone e spazi pubblici. Tale relazione con gli spazi, urbani o extraurbani, oltre a
essere sancita da tutto il filone della land
art e prima ancora dall'architettura, arte pubblica per antonomasia, potrebbe considerarsi particolarmente vivacizzata anche dalla recente opera The Floating Piers di Christo sul
Lago d’Iseo. Le costanti che ritornano nelle situazioni analizzate da Acocella sono quindi
realtà periferiche, all’aperto (la migrazione dai posti chiusi all’aperto era
in corso già da un po’), spesso collegate a precise volontà di rilancio
turistico da parte delle amministrazioni locali attraverso “accadimenti e
improvvisazioni ambientali”. In una parola: happening.
Parte importante del volume è senza dubbio il ricco apparato di fotografie radunate dall'autrice, composto sia da foto d’artista ma anche da immagini ritrovate negli archivi delle pro
loco. Il libro di Alessandra Acocella punta dritto a un vuoto nella produzione critica e teorica, concentrandosi su quella che, con il senno
di poi, possiamo definire la breve stagione in cui artisti e curatori hanno
provato a muoversi con modalità nuove e inedite nel tentacolare (e talvolta noioso, almeno
oggigiorno, anche se remunerativo) sistema dell’arte contemporanea.
(Per chi lo desidera, alcune pagine del
libro contenenti diverse fotografie si possono sfogliare qui.)
Tutto fece di Fiumalbo '67 un grande happening collettivo, quasi una iperopera, in cui è possibile ritrovare, in nuce o anche più compiutamente, rifermenti al comportamentalismo, al concettualismo e all'attenzione critica ai mezzi di comunicazione artistica come anche all'Arte Povera. Tematiche e poetiche che nel campo delle arti visive nutrirono in seguito quella stagione artistica che arriverà con autentica forza creativa e innovativa fino quasi agli albori degli anni ottanta.
RispondiEliminaAl di là dei singoli contributi di ogni artista, che furono stilisticamente molto vari, a Fiumalbo avvenne il passaggio deciso dalla centralità dell'opera (quadro, scultura e, al limite, anche manifesto) alla centralità del suo processo di creazione e del suo modo di manifestarsi e connettersi ad un'ampia fruizione, con l'aperta critica ai canali espositivi e propositivi tradizionali del fare artistico e la ricerca di forme nuove di rapporto con l'ambiente circostante (sia naturale che sociale) e con, in generale, il sistema dell'arte dato. Con una prefigurazione di quella che sarà poi la Public Art e la forma espositiva delle installazioni. Ma c'è anche, in sintonia con quanto stava maturando nella società civile (nei movimenti giovanili e contro la guerra, nelle scuole e nelle fabbriche) una profonda riflessione sul senso del proprio fare artistico e del proprio essere artisti, con la conseguente proposta/ricerca emersa, qui ancora in termini magmatici più che razionali e razionalizzati, di un rinnovato rapporto tra arte e impegno politico, tra arte e vita, tra arte e rivoluzione, in collegamento con l'insegnamento originale delle avanguardie storiche (tradito dalla cosiddetta avanguardia da salotto).
A “Parole sui Muri” il gruppo degli artisti Piacentini che comprendeva Ugo Locatelli, William Xerra, Silvano Vescovi, Luigi Gorra, Roberto Comini, Germana Arcelli, Lorenzo Spagnoli e chi scrive, apportò un contributo importante sia attraverso proposte artistiche che attraverso una partecipazione diretta ed attiva.
E' in questo quadro complesso, ma estremamente sollecitante, che decisi di presentare a Fiumalbo le due opere “ERBA” e “CIELO” (le cui foto aprono il numero speciale della rivista di Spatola “Geiger”). Quando mi si offerse la possibilità di potermi confrontare a Fiumalbo '67, io giovanissimo, con una parte importante della neoavanguardia nazionale ed internazionale, decisi di puntare tutto sulla semplificazione definito il cielo con la parola CIELO e l'erba con la parola ERBA “stampate” su di essi.
Sì! ma come realizzare nella pratica questa idea? Presi dei fogli di plexiglas trasparente e dipinsi su questi le parole ERBA e CIELO incorniciate da un segno che richiamava sia graficamente che coloristicamente lo stereotipo rappresentativo di questi due elementi della natura. Le opere sarebbero poi state installate la prima in un prato e la seconda in una strada, in modo che lo spettatore-fruitore “vedesse” contemporaneamente la definizione linguistica e segnica dell'erba e del cielo e in trasparenza l'erba reale, il cielo reale.
Oggi assistiamo ad un rinnovato interesse storico e critico nei confronti di Fiumalbo 67 come momento germinale di una stagione artistica fondamentale a cui gli artisti della nostra città hanno dato un contributo non provinciale né secondario.
Alberto Esse
Opera vivente n.39/200 di Fiumalbo
Grazie di questo contributo
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