venerdì 21 luglio 2017

da "La mente musicale" di Michele Ranchetti

Una poesia da #65


Nel 1963, anno abbastanza noto ai frequentatori delle cronache letterarie italiche per via del Gruppo 63, Michele Ranchetti aveva 38. Era quello il momento in cui si trasferiva a Firenze per insegnare Storia della Chiesa, chiamato da Delio Cantimori. In quell'anno pubblicava anche Cultura e riforma religiosa nella storia del modernismo per Einaudi. Lo studioso di Freud e Wittgenstein, il traduttore delle Elegie duinesi di Rilke, di Pascal, Celan e futuro curatore della nuova edizione della Bibbia di Diodati, era a quell'altezza nel mezzo della composizione di un "libro" che troverà dimora presso Garzanti soltanto nel 1988. La mente musicale (pp. 148, fuori catalogo) raccoglie poesie di un arco di tempo considerevole, dal 1938 al 1986. Nella nota posta all'inizio del libro Ranchetti esprime l'impossibilità di un ordine cronologico delle molte poesie "numerate" appartenenti a La mente musicale e scrive anche "non credo vi sia progresso, nelle poesie, o processo alcuno, non esprimono alcun itinerarium mentis, sono, piuttosto, momenti di un giro a vuoto mentale. È il mondo che si muove all'esterno delle loro insistenze verbali e che si mostra, anche se raramente, a dispetto di esse". Verso la fine della nota ricorda anche che il libro è qui e là costellato di elementi religiosi che sono i "verba et nomina" della tradizione cristiana in cui è cresciuto e "non i resti di un'ispirata glossolalia".

(Con questo breve contributo si inaugura una serie di tre post dedicati ad altrettanti libri di poesia di Michele Ranchetti.)



65


Ma è per poco tempo. Ora che giocano
guardali, e se piangono è il grido
fra due sorrisi. Dopo cadranno.
Vedi che il filare
che si accompagna al declivo
può essere
forma di essi, i due fratelli, e il culmine
della collina può rappresentare
la loro pace.
La sciagura ora è altrove e crea
altre genti il suo premio, può muovere
verso di noi se il senso
d'altre esistenze la induce
a ricrearsi, ma la sua presenza
non è dissolta.
Ancora un giorno vivo, senza memoria
entra nella notte di ieri e il suo domani
avrà per la sua morte la pura
indifferenza, ma da sempre a quel fine
destinato perenne della fine.


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