La casa editrice Meltemi, rilevata lo scorso anno dal gruppo Mimesis, realtà oramai ben "posizionata" negli scaffali della saggistica di ambito universitario e non, ha ripreso a pubblicare conservando molte delle caratteristiche della precedente vita e attingendo al bagaglio del proprio catalogo storico. L'affinità tra marchio rilevante e marchio rilevato era abbastanza evidente a chi, di tanto in tanto, si diverte a sfogliare i cataloghi di diversi editori, osservando ricorrenze, ritmo di pubblicazione, nomi o temi. Anche certe collane sono ritornate ed è il caso di "Melusine", dove per ora troviamo due titoli: Le origini dell'hitlerismo di Simone Weil e Roma, Firenze, Venezia di Georg Simmel. Proprio di quest'ultimo volumetto (pp. 70, euro 8, a cura di Christian Zürcher e Federica Corecco, con un'articolata introduzione Andrea Pinotti) diamo brevemente conto oggi. Il libro raccoglie tre scritti apparentemente occasionali del filosofo e sociologo tedesco dedicati a altrettante città italiane "fondamentali". Un precedente interesse per questi scritti si ritrova in uno studio di Massimo Cacciari del 1973 uscito per le edizioni Officina. Ho scritto 'occasionali' perché pare che Simmel scriva di città quando le occasioni della vita lo riportano su queste (viaggi o ricordi di viaggio, perlopiù). Per il lettore d'oggi va anche considerato il periodo di composizione degli scritti, a cavallo tra fine Ottocento e inizi Novecento, perché affrontando il saggio su Roma, per esempio, non possiamo fare a meno di pensare che è stato scritto prima di considerevoli interventi sull'assetto della città e in un periodo in cui molti pensatori europei, di diversa estrazione disciplinare, iniziavano a interrogarsi con maggior insistenza sulle città o su quelle che possiamo considerare le albe delle odierne metropoli.
Di certo, le tre città d'arte italiane scelte da Simmel per le proprie disquisizioni presentano singolarità essenziali rispetto ad altre grandi città europee. Ancora una volta, per chi si avvicina alla ricca opera di Simmel, sorprenderà la larghezza di interessi. Sono noti i suoi scritti più celebri sulla moda, il denaro, l'amore, il paesaggio o l'arte. A ben vedere, alcune di queste tematiche convergono o potrebbero convergere nella città e nei tre casi che Simmel affronta in questi brevi contributi datati rispettivamente 1898, 1906 e 1907. Venezia è per Simmel la città dell'artificio e della bellezza equivoca che ondeggia senza radici; le poche pagine che gli dedica (il saggio sulla città lagunare è il più breve fra i tre) sono il contrappeso degli altri due più articolati su Roma e Firenze, due esempi in cui l'autore ravvisa e loda una compiuta sintesi di vita e forma, di natura e spirito (quest'ultimo è il caso lampante di Firenze). Ma il contraltare veneziano è, a mio avviso, a distanza di oltre un secolo dalla scrittura di queste riflessioni, uno degli elementi di maggior interesse del libretto proposto da Meltemi: da un lato ci fa conoscere meglio il pensiero di Simmel che magari abbiamo già frequentato altrove, integrandolo, e dall'altro lì si registra il suo allontanamento dalle apparenze che fanno di Venezia un impossibile albergo dell'essere. (Una curiosità conclusiva, forse strampalata o forse no, legata alle date: La morte a Venezia di Thomas Mann comparve di lì a poco, nel 1912.)
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