martedì 25 luglio 2017

La collana "Elements" di Quodlibet. Intervista ai curatori Luciano Curreri, Gabriele Fichera e Giuseppe Traina

Librobreve intervista #80

L'intervista che segue è rivolta ai direttori della nuova collana “Elements” lanciata dall’editore Quodlibet. Luciano Curreri (PO, LLI-LLFR, Traverses, Université de Liège), Gabriele Fichera (Università di Siena, Université de Liège), Giuseppe Traina (Università di Catania, sede di Ragusa) hanno condiviso le domande e le risposte e desidero ringraziarli unitamente a Valentina Parlato della casa editrice Quodlibet. La foto (un fotogramma, in realtà) ritrae il trio durante un convegno su Simenon e Sciascia. Le specificità e le caratteristiche salienti di questa collana emergeranno nelle risposte, per cui non mi resta che rinviare alla pagina web dell’editore dedicata a questo progetto editoriale e augurarvi una buona lettura.
LB: Il sottotitolo della nuova collana "Elements" di Quodlibet recita "Forme e immagini della modernità". Sempre sinteticamente, potete illustrare qual è il concetto che sta alla base del varo di questo nuovo progetto editoriale e quale sarà lo spirito che orienterà il suo sviluppo futuro?
RLC: Se penso alla modernità, io penso a una costante approssimazione, che noi, da bischeri, abbiamo tentato di addomesticare negli anni con prefissi più o meno alla moda: pre, post, iper... Forse non abbiamo accettato che una naturale e critica frequentazione della modernità, finanche rancorosa (un rancore fatto pure d’amore, di partecipazione, di sfida generosa, non risolta dalla formuletta di turno, con cui campare qualche anno, legati al palo delle nostre convinzioni, del nostro ego), la potesse cogliere come una sorta di 'non finito' complemento di quell'altro allargato ed esteso contesto che è l'antichità. Quest'ultima poi, spesso evocata a controcanto del moderno che avanza, scivola in esso con non banale soluzione di continuità. Si badi: ciò non vuol dire che non si siano prodotte fratture d'ordine epistemologico, culturale e tecnico. Ma è stato un errore privilegiare tali fratture, a partire da indicizzazioni pericolose, testualità forti, ideologie, canoni, che sono diventati numeri, funzioni, statistiche e infine pali cui restare legati e cui si sono sacrificati, quasi fossero dei 'monumenti-totem', le sempre nuove avventure che ci attendevano nel fuori di un mondo che sempre cambia pelle, a partire, in prima istanza, dalle diverse lingue che usiamo per dirlo e dalle forme e dalle immagini che veicolano naturalmente, prima delle idee (Bachelard esortava ad apprezzare «les images avant les idées»), il desiderio di un bel tuffo nel mare-mondo. Lo dico perché siamo in estate ma penso a quel superbo atto di coraggio lodato come tale, e giustamente, dal Bachelard appena citato, e penso finanche a un metaforico mare in tempesta, quello delle rovine urbane del moderno, dove la critica, Baudelaire insegna, est chez elle, anche quando pensa di essere hors de chez elle. E i nostri volumetti son scialuppe che hanno rinunciato al mito del Titanic, agli effetti speciali cui è legata, per certi versi, la fine di un mondo, la morte della critica. Perché andare necessariamente a fondo se si ha ancora il coraggio di fare almeno qualche bracciata, in mare aperto, accettandone i rischi?
RGF: Lo spirito che soggiace al progetto editoriale di “Elements” si nutre anche di una scommessa per me decisiva: quella sulla vitalità della forma-saggio. Il mondo in cui viviamo è complesso e stratificato, ma fa di tutto per rimuovere questa complessità. Quasi se ne vergogna, privilegiando le facili ricette delle soluzioni immediate. Invece noi vorremmo ricordare - a noi stessi oltre che al pubblico che vorrà condividere questa avventura - che la realtà è articolata, sempre ricca di nuances spesso sfuggenti, e che il paziente esercizio del pensiero critico, applicato anche ai dettagli più minuti e apparentemente meno degni d'osservazione, è forse l'unico – l'ultimo? – salvagente cui sia concesso aggrapparci. Ma se c'è una cosa che nella nostra modernità sta venendo drammaticamente a mancare, questa è il tempo. Tutte le forme della nostra esistenza patiscono processi di accelerazione vertiginosa, che bisogna imparare a leggere e a decifrare. In questo senso abbiamo chiesto ai nostri autori di lavorare “per sottrazione”, e dunque di condensare e distillare il loro pensiero in libri che abbiano nella “brevità” non certo un limite, ma al contrario un ulteriore punto di forza. Mi viene in mente la nota e incompiuta ultima lezione americana di Calvino dedicata alla “Consistenza”. Mi piace pensare che “Elements” possa, nel suo piccolo, raccogliere quel lascito e valorizzare quel monito. 
LB: Due sono le caratteristiche della collana "Elements" che balzano immediatamente all'occhio: una collana che pubblica simultaneamente testi in cinque lingue (italiano, inglese, francese, spagnolo e tedesco) e la scelta di spingere il formato digitale. Vorrei fermarmi soprattutto sul versante multilinguistico. Si tratta di un esperimento che ha diversi precedenti oppure di un fatto abbastanza raro per l'editoria europea? Quali problematiche mette in campo questa scelta, oltre alle normali complicanze derivate dall'agire in un contesto multilinguistico?
RLC: Sì, hai colto in pieno il versante ‘inedito’ della collana, che la mia prima risposta già evocava, in modo leggermente ‘filosofico’ e ‘imaginifico', se vuoi: le diverse lingue. Metto ‘inedito’ tra apici perché, a livello europeo, ci sono altre collane che accolgono testi in più lingue (pensa al catalogo di Lang, per esempio) o ci sono stati esempi di collane europee (frutto della collaborazione di grandi editori di diversi paesi, Laterza nel nostro per esempio) che proponevano lo stesso testo (in genere di grande firma) in più lingue. Per «Elements» il discorso è diverso. Direi che, col nostro piccolo ‘lanternino', noi non siamo un ‘portato europeo’, insomma la conseguenza di un mercato. Noi cerchiamo un mondo che non si appiattisca sull’inglese e un’Italia che non si appiattisca sull'italiano e proviamo a metterli insieme, stuzzicando finanche i nostri collaboratori e prima ancora noi stessi a scrivere in una lingua che non sia la nostra lingua madre, per ‘esperire’ quello che già sopra ti dicevo: un mondo che cambia sempre pelle, a partire, in prima istanza, dalle diverse lingue che usiamo per dirlo. La sfida, che magari ai più suonerà ingenua, non lo è affatto. Si rischia davvero e il lavoro è tanto, duro e difficile. E abbiamo bisogno di persone come gli Amici di Quodlibet, che hanno accettato la sfida, e di persone come te, caro Alberto, per ‘vararla’ (ché non mi sogno neanche di dire, almeno per ora: per ‘vincerla’). E abbiamo ancora e tanto bisogno di presentazioni ‘fisiche’, oltre che ‘filosofiche’ ed ‘elettroniche’. Per questo ne abbiamo già organizzata una, in quel di Liège, il 20 settembre 2017 (si veda qui), cui ne seguirà almeno un’altra, a Ragusa e/o a Catania, in ottobre.
LB: Non è la prima volta che la casa editrice Quodlibet, nel cui catalogo la collana "Elements" si inserisce, sperimenta l'editoria digitale (si pensi anche al caso della collana "Note azzurre"). Nel vostro caso ipotizzate preponderante la fruizione digitale proprio in virtù del fattore linguistico?
RLC: Sì, anche qui cogli nel segno, con la tua domanda. Quodlibet, anche in tal senso, era l’approdo migliore. Anche se poi il grande Stefano Verdicchio e i Suoi bravissimi collaboratori hanno dato alla collana una versione cartacea bellissima, dietro la quale, mi piace ricordare, c’è l’idea di prolungare una collaborazione fra Nord e Sud dell’Europa, tra l’Université de Liège, l’Università di Siena e quella di Catania. Il centro è costituito dal più giovane del trio, Gabriele Fichera, che ha una laurea catanese, un dottorato dell’Università di Siena e un post-doc dell’Université de Liège. A Sud c’è il Giuseppe ‘Pippo’ Traina, con cui il sottoscritto, a Nord, una piccola carriera ‘all’americana’ in Europa via sei università e tre paesi dell’Unione, collabora da quindici anni, condividendo collane e tanto, tanto altro.
LB: Sempre sul versante linguistico credo sia opportuno indugiare ancora un po'. Immaginare una collana simile significa anche immaginare una certa fruizione dei diversi titoli e la convivenza di molteplici logiche "produttive" dei diversi titoli. Quale fruizione si immagina e si auspica per un simile progetto editoriale al momento della sua partenza? 
RLC: Vero anche questo. Un esempio al volo è facilmente rintracciabile nel volume che apre la collana, quello di Alessandro Barbero, che è già stato segnalato da «La Stampa» e «la Repubblica» e cui sono fiero di aver lavorato (dal titolo alla bibliografia). Qui, la ‘logica produttiva’, come la chiami tu, sarà diversa e dipenderà molto dalle prenotazioni, legate sicuramente al nome dell’autore e alla lingua italiana; prenotazioni che saranno gestite da Quodlibet, che peraltro ci tiene tutti informati di tutto con grande partecipazione. Detto questo, tutto quello che ho detto sopra non è fumo, non è una scusa per dare un’altra possibilità di essere 'visibile', che so, all’accademico inquieto che sono. La condivisione concreta, il lavoro comune, il lavoro per cui lavorando sbagli, il ‘non proteggersi’, l’apertura generosa, anche solo la tolleranza di un varco, le forche caudine che magari si aprono (ma in cui sei passato, e più volte), tutte queste modalità forti e difficili della nostra esistenza sono anche le fruizioni in cui speriamo via via, con il ‘passa-parola’ d’antan, per esempio, ma ‘aggiornato’ grazie agli strumenti di cui disponiamo oggi. Lo spirito che orienterà lo sviluppo futuro della collana è anche questo e abbiamo una programmazione pronta a coprire almeno un paio d’anni, dalla fine del 2017 a quella del 2019, con una trentina di titoli che la nutriranno in seno alla stesso equilibrio linguistico e allo stesso mix di nomi noti e meno noti, e con una frequentazione di tagli e temi diversi, a 360° (o quasi ;-)
LB: Osservare la partenza di un progetto del genere facilita inevitabilmente una domanda sulle traduzioni: si ipotizza un percorso più rapido e agevole per eventuali traduzioni dei titoli di "Elements"?
RLC: In teoria, per quel che ho detto sopra, la collana non ‘investe’ sulla traduzione né, in un certo senso, vuole facilitare la traduzione dei suoi titoli nelle altre lingue. Ma non esclude a priori, come dire, altri ‘compagni di viaggio’, in prospettiva, specie se la prospettiva sarà davvero facile, come pronostichi tu.

LB: Evidente, da uno sguardo ai primi titoli pubblicati, è il desiderio di spaziare in più terreni e "campi". Potete illustrare brevemente proprio le prime otto uscite?
RLC: E qui entra in campo anche il nostro esteso e competente Comitato scientifico internazionale, fatto di poliglotti e di amici e colleghi che lavorano in Italia e all’estero. Senza questo Comitato, certe scelte non le avremmo apprezzate nel giusto modo, perché, per l’appunto, certe cose ci sfuggono. Per quanto sia, e qui parlo davvero e solo per me, uno spirito interdisciplinare, ho limiti culturali e linguistici che cerco di limare un po’ alla volta grazie all’aiuto affettuoso, oltre che competente, di terzi, quarti, quinti (et j’en passe ;-) Detto questo, la molla prima è proprio lo spirito interdisciplinare, che, pur selezionando, gode dell’immersione nell’immaginario tutto. Questa, poi, ‘traduce’ (e cerco di chiudere il cerchio), l’atto di tuffarsi, di darsi, esporsi, offrirsi all’invadente, molteplice, plurale onda di un immaginario che ci spinge ad essere entusiasti tuffatori, nuotatori, prima che costruttori di piscine destinate a sempre più affannate olimpiadi accademiche. Per cui ben venga l’affiorare simultaneo di un tema apparentemente leggero (e denso invece di complicazioni) come quello degli orari dei pasti e di una guerra civile che è diventata l’emblema di tante altre guerre (civili e non) come la guerra di Spagna del 1936-39, affrontata in seno a brevità provocatoria ma mai banale, anzi facendo autocritica rispetto ad altre mie pubblicazioni precedenti sullo stesso argomento. E ben venga il piccolo, inedito ‘Rashomon’ critico dedicato a Pasolini, Kalisky, Sciascia, Mertens e la ‘scoperta semplice’ del ‘braccio della poesia’ che sostiene e abbandona a un tempo. Solo Storia e Letteratura? Non direi. Leggere per credere!
LB: Vorrei chiedere infine se è possibile dare già qualche anticipazione sui prossimi titoli in lavorazione. Grazie.
RLC: Queste sono le prossime uscite previste per il 2017 e 2018:

- Ruggero Pierantoni, Il nodo, il canestro, il filo spinato e l'alfabeto
- Julio Premat, Non nova sed nove. Clasicismos, resistencias, anacronismos en la literatura argentina
- Alessandro Cinquegrani, Contro il pensiero. Tre immagini della contemporaneità
- Jean-Michel Rabaté, Eat my life: Kafka's Prometheus
- Jacques Dubois, Proust obscène
- Massimo Raffaeli, Elogio della critica
- Pierluigi Pellini, Retour à « Germinal »
- Ilsen About, Les photographes ambulants. Conditions et pratiques professionnelles d'un métier itinérant, des années 1880 aux années 1930
- Silvio Alovisio, Sognare nel cinema delle origini
- Luca Di Gregorio, Le Sublime Enclos. Parcs nationaux américains et paratopies d'écrivains
Theresia Prammer, Tradition als Passion. Pasolinis Beispiel in der deutschen Kultur
- David Lombard, American Literature and the Toxic Sublime
- Daniele Comberiati, Un autre monde est-il possible ? Bandes dessinées et science-fiction en Italie, de l’enlèvement d’Aldo Moro jusqu’à aujourd’hui (1978-2017)
- Vittorio Frigerio, Bande dessinée et littérature : reproduction des processus de légitimation
(Relativamente al libro di Alessandro Barbero qui sopra, rinvio 
a questa pagina web apparsa sul quotidiano "La Stampa")

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