L'intervista che segue è rivolta ai direttori della nuova collana “Elements” lanciata dall’editore Quodlibet. Luciano Curreri (PO, LLI-LLFR, Traverses, Université de Liège), Gabriele Fichera (Università di Siena, Université de Liège), Giuseppe Traina (Università di Catania, sede di Ragusa) hanno condiviso le domande e le risposte e desidero ringraziarli unitamente a Valentina Parlato della casa editrice Quodlibet. La foto (un fotogramma, in realtà) ritrae il trio durante un convegno su Simenon e Sciascia. Le specificità e le caratteristiche salienti di questa collana emergeranno nelle risposte, per cui non mi resta che rinviare alla pagina web dell’editore dedicata a questo progetto editoriale e augurarvi una buona lettura.
LB: Il sottotitolo
della nuova collana "Elements" di Quodlibet recita "Forme e
immagini della modernità". Sempre sinteticamente, potete illustrare qual è
il concetto che sta alla base del varo di questo nuovo progetto editoriale e
quale sarà lo spirito che orienterà il suo sviluppo futuro?
RLC: Se penso alla modernità, io penso a una costante approssimazione, che
noi, da bischeri, abbiamo tentato di addomesticare negli anni con prefissi più
o meno alla moda: pre, post, iper... Forse non abbiamo accettato che una
naturale e critica frequentazione della modernità, finanche rancorosa (un
rancore fatto pure d’amore, di partecipazione, di sfida generosa, non
risolta dalla formuletta di turno, con cui campare qualche anno, legati al
palo delle nostre convinzioni, del nostro ego), la potesse cogliere come una
sorta di 'non finito' complemento di quell'altro allargato ed esteso contesto
che è l'antichità. Quest'ultima poi, spesso evocata a controcanto del moderno
che avanza, scivola in esso con non banale soluzione di continuità. Si badi:
ciò non vuol dire che non si siano prodotte fratture d'ordine epistemologico,
culturale e tecnico. Ma è stato un errore privilegiare tali fratture, a partire
da indicizzazioni pericolose, testualità forti, ideologie, canoni, che sono
diventati numeri, funzioni, statistiche e infine pali cui restare legati e cui
si sono sacrificati, quasi fossero dei 'monumenti-totem', le sempre nuove
avventure che ci attendevano nel fuori di un mondo che sempre cambia pelle, a
partire, in prima istanza, dalle diverse lingue che usiamo per dirlo e dalle
forme e dalle immagini che veicolano naturalmente, prima delle idee (Bachelard
esortava ad apprezzare «les images avant les idées»), il desiderio di un
bel tuffo nel mare-mondo. Lo dico perché siamo in estate ma penso a quel
superbo atto di coraggio lodato come tale, e giustamente, dal
Bachelard appena citato, e penso finanche a un metaforico mare in
tempesta, quello delle rovine urbane del moderno, dove la critica, Baudelaire
insegna, est chez elle, anche quando pensa di essere hors
de chez elle. E i nostri volumetti son scialuppe che hanno rinunciato al
mito del Titanic, agli effetti speciali cui è legata, per certi versi, la fine
di un mondo, la morte della critica. Perché andare necessariamente a fondo se
si ha ancora il coraggio di fare almeno qualche bracciata, in mare aperto,
accettandone i rischi?
RGF: Lo spirito
che soggiace al progetto editoriale di “Elements” si nutre anche di una scommessa per me decisiva: quella
sulla vitalità della forma-saggio. Il mondo in cui viviamo è complesso e
stratificato, ma fa di tutto per rimuovere questa complessità. Quasi se ne
vergogna, privilegiando le facili ricette delle soluzioni immediate. Invece noi
vorremmo ricordare - a noi stessi oltre che al pubblico che vorrà condividere
questa avventura - che la realtà è articolata, sempre ricca di nuances spesso sfuggenti, e che il paziente
esercizio del pensiero critico, applicato anche ai dettagli più minuti e
apparentemente meno degni d'osservazione, è forse l'unico – l'ultimo? –
salvagente cui sia concesso aggrapparci. Ma se c'è una cosa che nella nostra
modernità sta venendo drammaticamente a mancare, questa è il tempo. Tutte le
forme della nostra esistenza patiscono processi di accelerazione vertiginosa,
che bisogna imparare a leggere e a decifrare. In questo senso abbiamo chiesto
ai nostri autori di lavorare “per sottrazione”, e dunque di condensare e
distillare il loro pensiero in libri che abbiano nella “brevità” non certo un
limite, ma al contrario un ulteriore punto di forza. Mi viene in mente la
nota e incompiuta ultima lezione americana di Calvino dedicata alla
“Consistenza”. Mi piace pensare che “Elements” possa, nel suo piccolo,
raccogliere quel lascito e valorizzare quel monito.
LB: Due sono le caratteristiche
della collana "Elements" che balzano immediatamente all'occhio: una
collana che pubblica simultaneamente testi in cinque lingue (italiano, inglese,
francese, spagnolo e tedesco) e la scelta di spingere il formato digitale.
Vorrei fermarmi soprattutto sul versante multilinguistico. Si tratta di un
esperimento che ha diversi precedenti oppure di un fatto abbastanza raro per
l'editoria europea? Quali problematiche mette in campo questa scelta, oltre
alle normali complicanze derivate dall'agire in un contesto multilinguistico?
RLC: Sì, hai colto in pieno il versante ‘inedito’ della collana, che la mia
prima risposta già evocava, in modo leggermente ‘filosofico’ e ‘imaginifico',
se vuoi: le diverse lingue. Metto ‘inedito’ tra apici perché, a livello europeo,
ci sono altre collane che accolgono testi in più lingue (pensa al catalogo di
Lang, per esempio) o ci sono stati esempi di collane europee (frutto della
collaborazione di grandi editori di diversi paesi, Laterza nel nostro per
esempio) che proponevano lo stesso testo (in genere di grande firma) in più
lingue. Per «Elements» il discorso è diverso. Direi che, col nostro piccolo
‘lanternino', noi non siamo un ‘portato europeo’, insomma la conseguenza di un
mercato. Noi cerchiamo un mondo che non si appiattisca sull’inglese e un’Italia
che non si appiattisca sull'italiano e proviamo a metterli insieme, stuzzicando
finanche i nostri collaboratori e prima ancora noi stessi a scrivere in una
lingua che non sia la nostra lingua madre, per ‘esperire’ quello che già sopra
ti dicevo: un mondo che cambia sempre pelle, a partire, in prima istanza,
dalle diverse lingue che usiamo per dirlo. La sfida, che magari ai più suonerà
ingenua, non lo è affatto. Si rischia davvero e il lavoro è tanto, duro e
difficile. E abbiamo bisogno di persone come gli Amici di Quodlibet, che hanno
accettato la sfida, e di persone come te, caro Alberto, per ‘vararla’ (ché
non mi sogno neanche di dire, almeno per ora: per ‘vincerla’). E
abbiamo ancora e tanto bisogno di presentazioni ‘fisiche’, oltre che
‘filosofiche’ ed ‘elettroniche’. Per questo ne abbiamo già
organizzata una, in quel di Liège, il 20 settembre 2017 (si veda qui),
cui ne seguirà almeno un’altra, a Ragusa e/o a Catania, in ottobre.
LB: Non è la prima
volta che la casa editrice Quodlibet, nel cui catalogo la collana
"Elements" si inserisce, sperimenta l'editoria digitale (si pensi
anche al caso della collana "Note azzurre"). Nel vostro caso
ipotizzate preponderante la fruizione digitale proprio in virtù del fattore
linguistico?
RLC: Sì, anche qui cogli nel segno, con la tua domanda. Quodlibet, anche in
tal senso, era l’approdo migliore. Anche se poi il grande Stefano Verdicchio e
i Suoi bravissimi collaboratori hanno dato alla collana una versione cartacea
bellissima, dietro la quale, mi piace ricordare, c’è l’idea di prolungare una
collaborazione fra Nord e Sud dell’Europa, tra l’Université de Liège,
l’Università di Siena e quella di Catania. Il centro è costituito dal più
giovane del trio, Gabriele Fichera, che ha una laurea catanese, un dottorato
dell’Università di Siena e un post-doc dell’Université de Liège. A Sud c’è il
Giuseppe ‘Pippo’ Traina, con cui il sottoscritto, a Nord, una piccola carriera
‘all’americana’ in Europa via sei università e tre paesi dell’Unione, collabora
da quindici anni, condividendo collane e tanto, tanto altro.
LB: Sempre sul
versante linguistico credo sia opportuno indugiare ancora un po'. Immaginare
una collana simile significa anche immaginare una certa fruizione dei diversi
titoli e la convivenza di molteplici logiche "produttive" dei diversi
titoli. Quale fruizione si immagina e si auspica per un simile progetto
editoriale al momento della sua partenza?
RLC: Vero anche questo. Un esempio al volo è facilmente rintracciabile nel volume
che apre la collana, quello di Alessandro Barbero, che è già stato segnalato da
«La Stampa» e «la Repubblica» e cui sono fiero di aver lavorato (dal titolo
alla bibliografia). Qui, la ‘logica produttiva’, come la chiami tu, sarà
diversa e dipenderà molto dalle prenotazioni, legate sicuramente al nome
dell’autore e alla lingua italiana; prenotazioni che saranno gestite da
Quodlibet, che peraltro ci tiene tutti informati di tutto con grande
partecipazione. Detto questo, tutto quello che ho detto sopra non è fumo, non è
una scusa per dare un’altra possibilità di essere 'visibile', che so,
all’accademico inquieto che sono. La condivisione concreta, il lavoro comune,
il lavoro per cui lavorando sbagli, il ‘non proteggersi’, l’apertura generosa,
anche solo la tolleranza di un varco, le forche caudine che magari si aprono
(ma in cui sei passato, e più volte), tutte queste modalità forti e difficili
della nostra esistenza sono anche le fruizioni in cui speriamo via via, con il
‘passa-parola’ d’antan, per esempio, ma ‘aggiornato’ grazie agli strumenti di
cui disponiamo oggi. Lo spirito che orienterà lo sviluppo futuro della collana
è anche questo e abbiamo una programmazione pronta a coprire almeno un paio
d’anni, dalla fine del 2017 a quella del 2019, con una trentina di titoli che
la nutriranno in seno alla stesso equilibrio linguistico e allo stesso mix di
nomi noti e meno noti, e con una frequentazione di tagli e temi diversi, a 360°
(o quasi ;-)
LB: Osservare la
partenza di un progetto del genere facilita inevitabilmente una domanda sulle
traduzioni: si ipotizza un percorso più rapido e agevole per eventuali
traduzioni dei titoli di "Elements"?
RLC: In teoria, per quel che ho detto sopra, la collana non ‘investe’ sulla
traduzione né, in un certo senso, vuole facilitare la traduzione dei suoi
titoli nelle altre lingue. Ma non esclude a priori, come dire, altri ‘compagni
di viaggio’, in prospettiva, specie se la prospettiva sarà davvero facile, come
pronostichi tu.
LB: Evidente, da
uno sguardo ai primi titoli pubblicati, è il desiderio di spaziare in più
terreni e "campi". Potete illustrare brevemente proprio le prime otto
uscite?
RLC: E qui entra in campo anche il nostro esteso e competente Comitato
scientifico internazionale, fatto di poliglotti e di amici e colleghi che
lavorano in Italia e all’estero. Senza questo Comitato, certe scelte non le
avremmo apprezzate nel giusto modo, perché, per l’appunto, certe cose ci
sfuggono. Per quanto sia, e qui parlo davvero e solo per me, uno spirito
interdisciplinare, ho limiti culturali e linguistici che cerco di limare un po’
alla volta grazie all’aiuto affettuoso, oltre che competente, di terzi, quarti,
quinti (et j’en passe ;-) Detto questo, la molla prima è proprio lo spirito
interdisciplinare, che, pur selezionando, gode dell’immersione nell’immaginario
tutto. Questa, poi, ‘traduce’ (e cerco di chiudere il cerchio), l’atto di
tuffarsi, di darsi, esporsi, offrirsi all’invadente, molteplice, plurale onda
di un immaginario che ci spinge ad essere entusiasti tuffatori, nuotatori,
prima che costruttori di piscine destinate a sempre più affannate olimpiadi
accademiche. Per cui ben venga l’affiorare simultaneo di un tema apparentemente
leggero (e denso invece di complicazioni) come quello degli orari dei pasti e
di una guerra civile che è diventata l’emblema di tante altre guerre (civili e
non) come la guerra di Spagna del 1936-39, affrontata in seno a brevità
provocatoria ma mai banale, anzi facendo autocritica rispetto ad altre mie
pubblicazioni precedenti sullo stesso argomento. E ben venga il piccolo,
inedito ‘Rashomon’ critico dedicato a Pasolini, Kalisky, Sciascia, Mertens e la
‘scoperta semplice’ del ‘braccio della poesia’ che sostiene e abbandona a un
tempo. Solo Storia e Letteratura? Non direi. Leggere per credere!
LB: Vorrei chiedere
infine se è possibile dare già qualche anticipazione sui prossimi titoli in
lavorazione. Grazie.
RLC: Queste sono le prossime uscite previste per il 2017 e 2018:
- Ruggero Pierantoni, Il nodo, il canestro, il filo spinato e
l'alfabeto
- Julio Premat, Non nova sed nove. Clasicismos, resistencias,
anacronismos en la literatura argentina
- Alessandro Cinquegrani, Contro il pensiero. Tre immagini della
contemporaneità
- Jean-Michel Rabaté, Eat my life: Kafka's Prometheus
- Jacques Dubois, Proust obscène
- Massimo Raffaeli, Elogio della critica
- Pierluigi Pellini, Retour à « Germinal »
- Ilsen About, Les photographes ambulants. Conditions et pratiques
professionnelles d'un métier itinérant, des années 1880 aux années 1930
- Silvio Alovisio, Sognare nel cinema delle origini
- Luca Di Gregorio, Le Sublime Enclos. Parcs nationaux américains
et paratopies d'écrivains
- Theresia Prammer, Tradition als Passion. Pasolinis Beispiel in der
deutschen Kultur
- David Lombard, American Literature and the Toxic Sublime
- Daniele Comberiati, Un autre monde est-il possible ? Bandes
dessinées et science-fiction en Italie, de l’enlèvement d’Aldo Moro jusqu’à
aujourd’hui (1978-2017)
- Vittorio Frigerio, Bande dessinée et littérature :
reproduction des processus de légitimation
(Relativamente al libro di Alessandro Barbero qui sopra, rinvio
a questa pagina web apparsa sul quotidiano "La Stampa")
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