L'editore Mimesis ha recentemente fatto uscire due libretti della collana "Chicchidoro", entrambi di area francese e entrambi curati da Francesca Nodari. Questi sono Cosa resta della gratuità? del filosofo Jean-Luc Nancy (pp. 48, euro 7) e Sulla gratuità dell'antropologo Marc Augé (pp. 78, euro 8). La pubblicazione ravvicinata intende portare l'attenzione su un concetto come quello di gratuità che è tutt'altro che scomparso dalla società in cui viviamo. Per chi è cresciuto con le orecchie piene del ritornello che dice che nemmeno il cane muove la coda per niente, può sembrare strano trovarsi immerso in un contesto dove l'open-source è all'ordine del giorno, il volontariato è capillare e pervasivo e dove troviamo continui rimandi a una gratuità insita nelle azioni più disparate (pensiamo poi anche alla curiosa espressione "gesto totalmente gratuito"). Ora l'analisi della gratuità è tutt'altro che semplice, incistati come siamo in una catena umana e naturale che è fatta di crediti e molti debiti. E anche l'affrontare il tema da due versanti, filosofico con Nancy e antropologico con Augé, non è necessariamente una garanzia di riuscita della missione. Tra l'altro il concetto ha prima di tutto una larga eredità in economia, nella quale si sono inseriti gli apporti dell'antropologia: pensiamo solo al celebre Saggio sul dono di Marcel Mauss del 1924 che ha inaugurato una secolare stagione di riflessione che intreccia pratiche economiche, religiose, la libertà di donare (e accettare), la configurazione delle relazioni sociali e quindi una stagione di riflessione sulla fiducia che ha poi conosciuto un vertice con lo studio del sociologo tedesco Niklas Luhmann intitolato proprio La fiducia (del 1968, poi 1989).
Che cosa aggiungono allora a un vero e proprio grumo di riflessioni intricate questi brevi libri di cui si dà notizia oggi? Augé, attingendo a una serie di esempi letterari e d'attualità stretta, collega la gratuità al gesto e sostiene che ogni libertà e ogni gratuità sono relative. La sua è una posizione critica (anche del linguaggio) che mira a inquadrare il momento in cui agiamo "per il gusto di fare qualcosa" diventando così, per qualche istante, spettatori di noi stessi. Ed è proprio la logica dell'istante che prevale in questo ambito di gratuità. Ma se la vita diventa una sequenza di istanti (così come anche l'estetica social sembra insinuare) viene meno un respiro del tempo e qualsiasi cornice di progettualità. Il discorso si salda così con quello come sempre interessante di Nancy, per il quale la gratuità non è sostanzialmente possibile nella terra dell'homo oeconomicus, dove lo scambio ontologicamente preclude qualsiasi idea di gratuità. Nella prospettiva di Nancy, per il quale diventa centrale circoscrivere la nozione di "riconoscimento del debito", nemmeno nessun gesto potrà mai definirsi gratuito. Di base, in entrambi gli autori di queste pagine, prevale una riflessione che per la via della gratuità riconduce alla solitudine dell'uomo contemporaneo e a al suo isolamento. Per entrambi, sulla scia di una lunga tradizione, segnatamente francese tra l'altro (ma non solo), diventa fondamentale tornare a parlare di gratuità soprattutto per tornare a parlare dell'altro oltre l'individuo.
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