Questo scritto di Massimo Bacigalupo è già apparso su "Alias".
Marino Badiale, docente di Analisi Matematica all’Università di Torino e
autore di saggi “di riflessione politica e culturale” (come dice la bandella), classe
1958, propone queste Poesie indifese (Genova,
Il Canneto, 2017), un suo primo libro di liriche o comunque di “Pensieri che
vanno spesso a capo” (titolo della IV e ultima sezione dell’accattivante
libretto). Per Badiale scrivere versi è un modo di ragionare sulle emozioni
private sullo sfondo molto presente della Civiltà e del Pensiero. Quasi ogni
poesia è costellata di versi in corsivo che funzionano come un controcanto riflessivo e documentario: “I suoi martiri hanno per urna / il grande
cuore della classe operaia”; “Lo
stato dell’uomo che il tempo / ha cacciato in un mondo interiore”; “per te / una carezza vera / nella macchina
del tempo di una sera”... Con felice scelta grafica, in fondo a ogni testo
a seguire sono identificate le fonti, per esempio le tre citazioni appena
riportate derivano rispettivamente da Marx, La
guerra civile in Francia, da un “frammento giovanile di Hegel” riportato da
Remo Bodei, e da “Aristocratica di
Maria Bazar, per la voce indimenticabile e indimenticata di Antonella Ruggero”.
Passione, riflessione, documentazione. Badiale conduce un discorso serrato che
si legge con profitto, curiosi e partecipi del suo mondo “indifeso” ma in
realtà felicemente oggettivato. Nessuna presunzione orfica, ma una
conversazione col lettore su quanto più concerne l’estensore, astratto e
concreto. La prima e più ampia sezione si chiama “I dialoghi della figlia”, e
racconta di un dolore e di una separazione. Si compone di 28 testi numerati e
di due poesie in appendice. Ecco qualche titolo e incipit: 1. “È tutto vero”
(“Piangevi / oltre ogni consolazione / per la morte di Padmé”); 2. “Un momento
di pace” (“Sempre i buoni contro i cattivi, / mai un momento di pace”); 3. “Ricordare
l’essenza” (“Lo spirito / come vero
spirito / è in sé e per sé, // non mi fai ridere non mi fai ridere / mi
sfidavi a farti il solletico / trattenendo il respiro”); 4. “La sua giustizia”
(“Ho cercato di essere giusto / e ho fallito / perdonami // Quaerite autem primum // Troppa la
paura, l’angoscia / che mi portavo in cuore”; 5. “A.” (“Vengo a darti il bacio
notturno / sei perduta nei sogni, assente / ma il tuo respiro / così sottile /
è tutto”). Come si vede, il dettato è trasparente,
indifeso, ma visto che la mano che scrive è avvertita, seria, giocosa, dolente,
innamorata, le parole suonano nuove, toccano questioni intime e storiche. Le
parole si rincorrono, vi si cerca un senso, non tanto per fare, ma con
continuità, soprattutto per comunicare. Sicché la poesia ha proprio la funzione
di aprire un dialogo, con la figlia (come dice il titolo) e con il lettore che
legge questo libro dalla prima all’ultima pagina con un senso di scoperta e
partecipazione. La sezione II porta il titolo “Per un maestro (Massimo
Bontempelli 1946-2011)” e la terza “Un fantasma d’amore” (“Ho sempre pensato /
che non hai niente in comune / con la bruna gitana di Bizet, / a parte il nome
// Non so come descriverti / ma certo non potrei usare / quelle parole di
passione e morte. / Dovrei parlare piuttosto / di una dolcezza infinita (quella
che era solo per me, ricordi?)”). Il mondo entra nella poesia come in tutti i
nostri discorsi senza stravolgerla, facendoci conoscere l’universo di
riferimenti più o meno condivisi dell’autore. Molti per esempio si
sorprenderanno che un pensatore pisano del secondo Novecento fosse omonimo del
Bontempelli d’anteguerra e scoprirà una figura di maestro segreto amato e
discusso, che con Badiale ha firmato il libro Civiltà occidentale. Un’apologia contro la barbarie che viene
(prefazione di Franco Cardini, Il Canneto 2009). Badiale dialoga con l’amico assente
dei temi su cui sempre tornavano, che sono anche i nostri, e così ce ne
consegna un istruttivo ritratto: “Come si può vivere decentemente / in un tempo
senza speranza / come il nostro? / Ce lo siamo chiesti a lungo, ricordi? /
Dovevamo anche scriverci un libro. / Tu avresti parlato di Proclo e Giamblico.
/ Il tuo destino ha deciso diversamente”. Le indicazioni di lettura di Badiale
ci invitano a seguirlo nei suoi gusti di pensatore e appassionato di musica
leggera (le ultime due poesie del libro del nostro matematico hegeliano si
intitolano “Lettera aperta a Francesco Guccini” e “Patty Pravo sulla vecchiaia,
la morte, il ricordo”). Insomma, Poesie
indifese permette di toccare, per
dirla con Whitman, un pensiero e un uomo del 1958 che si racconta con generosità,
e compie un lavoro poetico utile e apprezzabile che non ha molti eguali.
Massimo Bacigalupo
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