lunedì 14 maggio 2018

Vincenzo Fano e le lettere immaginarie di Democrito alla figlia

Vincenzo Fano, nipote del linguista e filosofo Giorgio, è oggi professore di Logica e filosofia della scienza all'Università di Urbino. Ho ascoltato le sue lezioni su Laws and Simmetry di Bas Van Fraassen molti anni fa a Padova, nell'ambito di un corso più ampio dedicato alla legge di natura e alla simmetria, e da allora ne conservo un ricordo netto, bello. Dopo il libro dedicato ai fecondi paradossi di Zenone, proposto qualche anno fa, ora, sempre per Carocci, esce Le lettere immaginarie di Democrito alla figlia. Un invito alla filosofia (pp. 141, euro 13). Si tratta di un insieme assai curioso di lettere inviate da un neo-Democrito, caratterizzato nella propria quotidianità (anche e soprattutto quella del dolore), a una figlia invocata e convocata con affetto. Il dispositivo narrativo è, in questo contesto, interessante e efficace: un filosofo contemporaneo si affida a un filosofo dell'antichità molto noto ma di cui si sa poco, rimandando così a un corpo di pensiero e alla sua tradizione, per traslare la riflessione filosofica sulla contemporaneità. Nel fare questo decide di affidare le proprie righe alla figlia e sceglie di farlo attraverso diverse lettere che, di volta in volta, affrontano le questioni emergenti o ancora sommerse delle principali scienze, delle questioni di sempre e di quelle nuove, con un accento marcato e mai apocalittico sull'assalto della tecnologia sulle nostre vite. Il neo-Democrito allora non è un filosofo di un mondo staccato, ma un filosofo pienamente collocato (e persino meravigliato) nel mondo che la scienza empirica e la tecnologia ci ha stondato intorno. C'è una grande e pressante necessità di riportare la riflessione su questi binari, altrimenti ci perdiamo più di metà della sfera sulla quale camminiamo o della quale vorremmo provare a dire qualcosa.

In queste missive, contraddistinte da un tono disteso, spesso dolente ma anche ironico - nel senso vitale e non nel senso delle degenerazioni triviali dell'ironia - il vecchio Democrito dei nostri giorni affronta via via tutte le scienze, dalla fisica alla matematica, dall'economia alla sociologia, dalla chimica all'astrofisica. Lettera dopo lettera si assiste (e si partecipa) in tal modo a un convincente tentativo di saltellare tra i vari campi del sapere per ricucire una rete di senso che possa anche vivere sopra e sotto gli steccati disciplinari. Ad un livello più generale, impliciti nel testo, troviamo molteplici inviti e ne evidenziamo almeno due: quello a "ripassare" la filosofia antica di cui Democrito è appunto esponente e quello di fare filosofia e non soltanto storia della filosofia (qui la parentesi che si potrebbe aprire è troppo vasta, in particolar modo per il nostro paese). Solo in questo modo la filosofia può ambire ancora a insegnare a pensare, a difendere il pensiero dai pericolosi percorsi di storytelling inscenati nei vari livelli e canali delle nostre vite. La situazione comunicativa che si crea in queste lettere, dove l'elemento della quotidianità, la contingenza oppure il dolore e il farmaco assunto per placarlo entrano pienamente nel corpo del discorso, consentono a questo esperimento di Vincenzo Fano di riuscire persino militante. Concluso questo breve esperimento epistolare, che si apre con l'invito alla figlia a invigilare sé stessa e si chiude con una riflessione sulla possibilità, dopo aver toccato i vari salienti della parabola di umani, si può ritenere che la forma scelta per questo libro sia anche una decisa interrogazione sul senso del pubblicare, del dibattere, dell'argomentare e del discorrere.



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