Libri brevi che mi piacerebbe scrivere o trovare #16
I libri sono prodotti e, così come altri prodotti, possono essere oggetto di pubblicità. Spesso il mezzo privilegiato per reclamizzarli è la carta, forse per contiguità materiale, ma possono anche essere veicolati in televisione, in radio, con banner. (Si sente spesso dire che recensioni e passaparola restano il miglior alleato promozionale e credo sia da credere a questi discorsi, almeno per certi libri di cui si parla anche qui.) Mi incuriosiscono sempre le pagine pubblicitarie dedicate ai libri sui giornali perché sono di una semplicità tale che a tratti getta qualche punto interrogativo qua e là. Probabilmente non è solo un fatto italiano ma qualcosa di diffuso a livello internazionale. Se i pubblicitari si sono inventati decine di modi diversi per parlare di carne in scatola, compagnie telefoniche o detersivi, questo non sembra accadere nel mondo dei libri, dove ci si limita a proporre una foto del libro (meglio se in versione 3D, per dargli spessore) e qualche informazione di contorno, come l'avallo di uno scrittore o critico famoso, il numero di edizioni raggiunte o una fascetta (spesso gialla). Assai probabile è che siano gli uffici grafici delle case editrici a imbastire il layout di una pagina pubblicitaria di un libro quando questa si rende necessaria, ciononostante mi rifiuto di pensare che dentro questi uffici grafici non ci siano persone con delle idee nuove. Mi viene più facile pensare che non venga lasciato modo di esprimere queste idee nuove. La cosa buffa è che una stessa informazione, come ad esempio quella data da nome dell'autore + titolo, è ripetuta nello spazio di pochissimi centimetri quadrati, venendo meno al vittorioso principio del less is more che tanto successo trasversale ha avuto (si veda anche l'esempio in foto, dove nome dell'autore e titolo sono ripetuti e attaccati). Da questi casi credo vadano distinti i casi di editori come Neri Pozza o Raffaello Cortina che pubblicizzano spesso più titoli in una pagina pubblicitaria, rafforzando in tal modo l'idea di collezione, delle "novità in libreria" e non forzando sul caso singolo.
Da consuetudini rilevate sopra e divenute quasi prassi mi pare si possa provare a tirare qualche somma: 1) non è una regola, ma il libro è reclamizzato spesso quando è già un successo, più raramente in fase di lancio, come altri prodotti, oppure quando è un prodotto di un autore già successo o che si pensa possa raggiungere un nuovo facile successo; 2) si privilegia una comunicazione del parallelepipedo-libro, come oggetto da avere, come mattoncino indispensabile; 3) non si registrano casi di strategie comunicative particolarmente innovative, almeno in quella che si intende la pubblicità tradizionale data da una pagina, da una mezza pagina o da un quadratino e solo in determinati casi i booktrailer hanno contribuito a far esplodere l'opera in un breve, utile video; 4) queste pubblicità sembrano destinate anche agli addetti ai lavori, quindi servono sia in ottica di sell-out (favorire l'uscita del prodotto dalle librerie) ma probabilmente anche in ottica di sell-in (favorire acquisto/riacquisto da parte delle librerie stesse); 5) è curioso che in un settore che teoricamente dovrebbe vivere di idee e creatività quasi nessuno provi a innovare nella pubblicità, a cantare fuori dal coro come il Chinò San Pellegrino e a proporre qualche via alternativa a questa staticità; 6) questo modo di reclamizzare il libro e questo "gigantismo" dell'oggetto sembrano confermare ancora una volta un certo feticismo librario; 7) che sia questo feticismo oggi uno dei tanti nemici della fantomatica lettura e uno degli alleati più forti della scarsità di lettori di cui si ascoltano spesso le lamentele? 8) Infine, questo genere di pubblicità ha come principale scopo la comunicazione di un dato numerico (il numero di edizioni, le copie vendute). Possibile che nel 2018 la via maestra per reclamizzare un libro resti ancora questa?
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