Tentative d'épuisement d'un lieu parisien. Ecco Georges Perec in questo brevissimo libro proposto da Voland a trent'anni dalla morte dell'autore (pp. 64, euro 12, a cura di Alberto Lecaldano). Mi ha incuriosito quella parola "épuisement", come è stata tradotta in italiano, non solo dall'editore Voland, ma anche da altri. In effetti quella parola sta per esaurimento, ma anche per spossatezza. E sono questi concetti pertinenti alle quattro giornate trascorse da Perec, ora seduto a tavolini di bar ora su pachine in place Saint-Sulpice, disposto a spossare lo sguardo e a registrare per quattro giorni dell'Ottobre 1972 qualsiasi dettaglio captato dai propri movimenti oculari. (Un esercizio di scrittura che potremmo provare a fare tutti, avendo il tempo e la possibilità, un accumulo di dettagli e memoria che può ricordare anche quel personaggio di Borges, Ireneo Funes, "condannato" a non dimenticare nulla.)
Ma la realtà, la realtà-finzione di un luogo qualsiasi si può esaurire così? Non credo. Perec stesso adopera la parola "tentativo" nel suo titolo. Trovo sempre imbarazzanti, in un certo qual modo, queste descrizioni, questi accumuli, queste accanite restrizioni di visuale. Anche se, per contro, questo scorrere del tempo colto in dettagli, questo indugiare da macchina da presa, diventa, in maniera analoga a qualcosa che sembra stia accadendo nella fisica, un ridimensionamento della variabile tempo, una sua perdita di rilevanza. Naturalmente questa (progressiva?) esclusione di una variabile temporale è qualcosa che va tremendamente contro il senso comune (gli stessi riferimenti di Perec all'orologio sono qui tanti e continui). Ed è interessantissimo allora che questo scorrere di tempo aggrappato a uno sguardo che registra cose che nessuno solitamente nota, diventi il tentativo di "esaurire un luogo". Sembra quasi che Perec s'avvii a salutare quello che sarà lo spatial turn nei medoti di avvicinamento alla letteratura di oggi (spatial turn che tra l'altro è abbastanza attuale anche negli studi storici, studi del tempo per antonomasia; per la letteratura valga invece il consiglio di un bel libro curato da Flavio Sorrentino per Armando dal titolo Il senso dello spazio. Lo spatial turn nei metodi e nelle teorie letterarie). L'imbarazzo a cui mi riferisco allora è proprio questo miscuglio di non sapere: questo poco coraggio di uno sguardo spossato e aggrappato a tutto quel che scorre, questa rinuncia a priori ad una visione più larga, questo non capire ancora se la variabile tempo abbia perso parte del proprio peso in letteratura (se magari è letteralmente derelitta in seguito al capolavoro proustiano), se siamo già con un piede in a una nuova epoca di centralità dello spazio, spazio "temporalizzato" probabilmente. Nel caso più specifico di Perec poi, l'imbarazzo di cui scrivo sopra è chiedermi se "quello che generalmente non si nota", queste cose che potrebbero passare inosservate nella frenesia di una grande città, non siano invece oggi, in epoca di sguardi congestionati, cose che invece in molti notiamo:
"[...] In lontananza volo di piccioni.
Un mantello viola, una due-cavalli rossa, un ciclista.
Le campane di Saint-Sulpice cessano di suonare.
In lontananza, due uomini corrono. Un furgone della polizia frena di botto: la forza dell'inerzia fa chiudere la forza laterale, che una mano riapre e blocca.
Il caffè è pieno.
Passa un pullman affollato, ma non di giapponesi.
La luce comincia a calare, anche se si nota appena; il rosso dei semafori è più visibile [...]"
Questo di Perec resta appunto un tentativo. Qui è anche evidente la sua formazione sociologica, la passione documentaristica, il ritornare esplicitamente agli anni della formazione e degli esordi, allorquando nouveau roman e école du regard dettavano l'agenda in terra di Francia. Con questo esperimento, divenuto un classico, Perec sembra fornire delle "istruzioni per l'uso" per metterci alla prova. Allora tutti potremmo cimentarci in un tentativo di esaurimento di un luogo a nostra scelta finché la stanchezza non prenderà il sopravvento!
Mais quel intérêt?!Narcissisme pur.Plus intéressant reste le "stream-of-consciousness", almeno c'è una reflessione dentro.
RispondiEliminaParlo anch'io di imbarazzo. Si tratta di un libro che fa discutere, controverso, interessante anche (forse soprattutto) per questo motivo. Merci/Thanks/Grazie
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