Il
protagonista conduce una vita sufficientemente normale, è impiegato in un
ospedale dell’area veneziana (leggete questo racconto come una nuova efficace
mappatura della Venice area, da Favaro a Mestre, da Venezia agli argini del
Brenta). Vive e ha vissuto nei libri, tra i libri e la musica. Nel più banale
dei momenti di una giornata lavorativa, la pausa-caffè alle macchinette, si
scatena la vicenda che lo porterà all’agnizione finale. Qui incontra una
ragazza di molti anni più giovane, in età universitaria. Ne descrive alla perfezione l’abbigliamento. Da questo momento in avanti per lui inizia una breve serie di incontri
apparentemente casuali con lei. In realtà questi incontri casuali non sono,
visto che sono architettati e favoriti dalla compagna (non solo di appartamento) di questa
ragazza.
Per rispetto
dei lettori non posso rivelare l’identità della ragazza incontrata alle
macchinette del caffè, la quale giunge a scombussolare la vita di questo
quarantenne che Tiziano Scarpa, nella quarta di copertina, vede “sospeso in una
permanente transitorietà, come se le cose non fossero mai cominciate davvero.
La verità è che era lui a non essersene mai accorto”. Ecco, mi avvalgo delle
parole dello scrittore veneziano per lasciarvi intuire lo sconquasso al momento
dell’agnizione (anche se abilmente Gatto non ce lo descrive, visto che conclude
l’opera con la lunga lettera della giovane ragazza che porta a galla tutto il
male della verità).
Forse avrete
già intuito in quale relazione stanno il quarantenne e la giovane protagonista
del racconto in piena età universitaria. Non è difficile. Quel che conta è portare alla luce il movente
profondo di questa scrittura, un narrare che si salda, come dicevo in
apertura, con una consolidata tradizione (non solo italiana), inserendo
ottimi spunti di innovazione. Ad esempio, quel fin troppo didascalico uso della
virgola che, da lettore, iniziava ad infastidirmi verso la metà del racconto, si
salda alla perfezione con quell’inutile accuratezza formale che a volte alberga
nelle nostre esistenze. Procedendo nella lettura, ho compreso che quelle
virgole fin troppo scolastiche, fin troppo calibrate nella sua prosa, lì vicine ai pronomi relativi,
in coppie a spezzare una subordinata, erano lo specchio migliore del finto
ordine esistenziale e vitale che oggi ci sembra di tenere assieme, alla stregua
del nostro protagonista (Scarpa parla di "viali delle sue frasi accurate"). Allora non bastano più ben calibrate virgole per
tenere testa alle sempre più frequenti insubordinazioni della nostra identità e
della nostra storia. Forse non basta più nemmeno la scrittura. Forse serve riscoprire una lettera, come quella che chiude il libro. Le lettere.
Per finire una nota sull'autore, che è nato a Mestre 37 anni fa. Oltre a essere traduttore dallo spagnolo (Julio Llamazares, Miguel de Unamuno) è anche poeta. Potete procurarvi il recente Horse Category, per il Ponte del Sale, e, se vi capita, non farvi sfuggire Padre vostro uscito da Campanotto nel 2000, uno dei più bei esordi poetici di quegli anni.
Cerco il libro, m'ispira, ciao.
RispondiEliminaE' fantastico, pochi libri mi hanno tolto il respiro così! complimenti
RispondiElimina