domenica 19 agosto 2012

"Le stelle. Credenza e interpretazione". Il piccolo e denso saggio di Franz Boll e Carl Bezold

Chi non ha provato meraviglia di fronte a quelle convenzioni durature e stabili che sono le costellazioni? Eppure le stelle si muovono, con le galassie, a velocità per noi inimmaginabili, mantenendo però quelle configurazioni geometriche alle quali, da tanti secoli, è stato dato un nome.

Se vi ritrovate in questa breve introduzione, il libro di cui scrivo, Le stelle. Credenza e interpretazione (Bollati Boringhieri, pp. 122, euro 19) fa per voi. Ha già qualche mese, ma non sempre le cose e i libri si scoprono con l'adesivo "novità" appiccicato sopra. Questo vale per me. Per fortuna, aggiungerei. Ed è un libro che potrà servire per offrirvi il giusto trasporto attraverso ciò che è sparso sul firmamento, le stelle appunto, e attraverso il tema dell'astrologia che sta risalendo la china dell'attenzione proprio nel frangente storico in cui la scienza con le sue scoperte avrebbe potuto infliggergli il colpo definitivo. 

Chi sono gli autori? Franz Bold fu filologo classico e autore, già nel 1905, di un testo di riferimento intitolato Sphaera, dove tentò una grandiosa ricostruzione della mappa del cielo antico. Il secondo, Carl Bezold, è noto per la sua grande e approfondita conoscenza del mondo assiro e semitico. Entrambi furono convocati dal quel grande animatore di Aby Warburg nel 1913 per un ciclo di conferenze. Parlare di un tema come l’astrologia e farlo in modo attendibile e innovativo in quegli anni non era cosa facile. Dovremmo partire da questa semplice constatazione. Oggi l’astrologia e la sua storia si prestano a continue banalizzazioni, anche se da più parti (anche nel mondo editoriale, fortunatamente) si capta una volontà di restituire a questo grande e portante tema tutta la sua dignità.

La storia dell’astrologia rappresenta il punto di convergenza di più storie e più linee di luce, è essa stessa un fascio luminoso. Dal mondo assiro-babilonese transita per i miti della grecità e si interseca con le ripetute e nuove scoperte dell’astronomia, alle quali appunto resiste. L'astronomia insomma non uccide l'astrologia. Anzi. Leggendo questo libro verrebbe da pensare a quelli che credevano che la fotografia avrebbe "ucciso" la pittura. Il percorso dell'astrologia resta affascinante e risponde a un richiamo pressoché universale che riguarda il nostro stare nel cosmo, il nominare le cose, nell'enigma di una proporzione matematica irrisolvibile perché troppo spesso a due incognite, con un medio e un estremo ignoti e con un grande senso di vuoto davanti a quel segno di uguale che, nelle proporzioni matematiche, si legge "come". A volte si potrebbe provare a leggere così la storia dell'astrologia, come una proporzione sospesa nella (presunta?) solitudine dell'uomo nel cosmo. Se ci soffermiamo poi sulla figura che rese possibile questo libro, pubblicato quattro anni dopo quelle conferenze, nel 1917, scopriamo che la ricostruzione della storia dell’astrologia si intreccia fittamente con le eccezionali capacità dimostrate da Warburg nella sua rilettura “olistica” del Rinascimento. E quindi un lavoro del genere, nato da un semplice invito a una conferenza, diventa basilare per la comprensione piena di tante opere rinascimentali. A ribadire questo e altri concetti importanti troverete l'ottima prefazione di un ricercatore di grande valore come Maurizio Ghelardi.

1 commento:

  1. Già. Ghelardi è uno studioso importante e non abbastanza conosciuto, a mio avviso. Hai fatto bene a citarlo. Buon proseguimento a recensire. L.

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