sabato 22 settembre 2012

da "Al vòuşi e altre poesie in dialetto romagnolo" di Nino Pedretti

Una poesia da #10

Cinque anni fa, nella Bianca di Einaudi, usciva una ricca raccolta delle poesie di Nino Pedretti Al vòuşi e altre poesie in dialetto romagnolo (a cura di Manuela Ricci e con note di Dante Isella e Raffaello Baldini, pp. 240, euro 14,50). Fu una pubblicazione importante, che metteva letteralmente nero su bianco la grandezza di un altro grande dialettale del Novecento, morto prematuramente a Rimini nel 1981 (era nato a Santarcangelo nel 1923). L'introduzione di Manuela Ricci è una grande porta aperta sull'avventura della poesia in dialetto romagnolo, un universo fonico che meglio di altri pare abbia saputo rinnovarsi (non dimentichiamo ad esempio il poeta, germanista e teorico della traduzione Giovanni Nadiani, attivo anche con il suo Faxtet). Manuela Ricci conosce molto bene la materia e la lettura del suo contributo è raccomandabile. Così come, tra le due note di Isella e Baldini, particolarmente significativa diventa quella dell'amico Raffaello, una nota-ritratto, capace di prepararci ad accogliere, con pochi cenni alle grammatiche dell'ascolto, la poesia di Pedretti. Ecco, un piccolissimo consiglio: leggete prima le poesie, naturalmente, al massimo per prima leggete la nota di Baldini che è posta in chiusura, la quale quasi predispone ad un ascolto, poi godetevi la competenza di Manuela Ricci e infine le poche parole di Dante Isella, che come sempre sono in grado di creare dei ponti poetici e critici che collegano la vita e l'opera di Pedretti il quale, va ricordato, fu anche traduttore (Sylvia Plath).

Il libro principale, Al vòuşi, che offre il titolo a questa antologia einaudiana, uscì nel 1975 con una prefazione firmata da Alfredo Stussi, a testimonianza del vivo interesse delle più raffinate intelligenze linguistiche verso la lingua "alta" dei dialetti (nel senso scherzoso e convinto di un Meneghello che parla del proprio dialetto a confronto della lingua di Shakespeare), attraversati da una materia poetica che spesso è tra le più infernali tra quelle reperibili. Ma è così, in fondo: vi ricordate il macinino (mascinino) de Er caffettiere filosofo in Belli? Qui, in queste pagine, abbiamo ritrovato già Luciano Cecchinel. E la lista potrebbe proseguire. Anche in Pedretti questa materia non manca. Tuttavia la scelta di oggi si orienta altrove...

(Anche stavolta, data la brevità delle poesie, propongo due testi che, tra l'altro, nel libro appaiono vicini.)













LA NÈIVA


Stasèira
ò vòia d’arcundè
l’odòur dla nèiva
e al préim fróffli
inzèrti te zil
cumè di gaótt furistír
ch’i vén ènca da néun.


La neve.    Stasera / mi punge un ricordo: / l'odore della neve. / E i primi fiocchi / incerti nel cielo / come uccelli forestieri / giunti anche da noi.


GEOGRAFÉA


Ad là ad cal pórti
ch’a n s’arvéva mai
ad là ad che silénzi
dòu ch’e’ nascéva e’ vént
la maréina de mònd
dréinta una stèisa
un lómm t’una pòzza d’aẓórr,
una geograféa.


Geografia.    Al di là di quelle porte / che mai erano schiuse / al di là di quel silenzio / dove nasceva il vento / la marina del mondo / dentro una distesa: / una luce in spera d'azzurro, / una geografia.

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