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Non sono rari i casi di poeti importanti ma completamente dimenticati dai circuiti della poesia. Questo fatto va ulteriormente a sostegno della tesi, a mio avviso concreta e corretta, che la poesia andrebbe continuamente riletta, per vagliarne nella lettura la grandezza, la tenuta, la trasformazione. Dico trasformazione perché credo si possa anche parlare di una trasformazione della poesia, non solo in termini di "ricezione", espressione che lasciamo volentieri ormai ai manuali scolastici. Un caso del genere è sicuramente rappresentato dal poeta trevigiano Giocondo Pillonetto, di cui qui ricordiamo il libro di poesia principale, Penultima fiaba, uscito nel 1983 da Vallecchi e, in ristampa poiché introvabile, esattamente dieci anni fa da Canova.
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La ristampa
di Penultima Fiaba di Giocondo Pillonetto (1910-1981) da parte dell’editore
trevigiano Canova nel 2002 (pp. 128, euro 12.50, credo di difficilissima reperibilità) costituì senza dubbio un piccolo evento editoriale
in campo poetico. Consentì infatti di riavvicinare l’opera di un autore schivo
e appartato, quasi sempre lontano dai principali circuiti della lettura o delle
antologie, e che in vita scelse di non pubblicare.
Il libro segnalato, già
oggi nuovamente irreperibile, comprende le poesie uscite postume da Vallecchi nel 1983 e una sezione di inediti. Ricco è l’apparato
critico, dove potrete (potreste, è il caso di dire) trovare i preziosi
contributi di Gianfranco Bettin, Fernando Bandini, Silvio Guarnieri, Luigi Milone, Aldo Piccoli,
Mario Rigoni Stern e David Maria Turoldo. Data la rarità di
fonti critiche sulla poesia di Pillonetto, questi brevi scritti
rappresentano davvero un ventaglio notevole.
L’amico Andrea
Zanzotto in più momenti si era battuto per il ritorno in circolazione della sua poesia. Oggi, come dieci anni fa e oltre, le parole di Zanzotto
diventano fondamentali per ricostruire la personalità (non solo poetica) di
Pillonetto, un rispettosissimo ritratto dell’autore, oste nella vita di tutti i
giorni al suo paese (Sernaglia della Battaglia, nel trevigiano, non lontano da
Pieve di Soligo), ma anche sindaco “un poco anarchico e poco ossequente”
(Rigoni Stern) nei durissimi anni del dopoguerra. Come non ricordare poi, ad esempio, la profusione di sforzi relativamente alla tragedia dell'emigrazione, le “Feste di fine inverno”, di Carnevale in sostanza, da lui organizzate per
salutare i compaesani che tornavano all’estero a lavorare dopo le festività
natalizie. Sua iniziativa fu anche la costituzione della prima Comunità degli
Emigranti, che aveva il fine di aiutare a riportare in patria chi era caduto
nel lavoro all’estero. Ha davvero senso allora riprendere qui una sua poesia appartenente alla serie intitolata All’emigrante:
ALL’EMIGRANTE
– 4
Ma per il povero
anche la
morte
è buona
mercede
ed è l’ultimo
sogno
immacolato
ove disgela
il dolore innocente
e rifiorisce
la virtù sofferta
della molta
bontà
per l’altrui
vita.
(1955)
Sarebbe
abbastanza insulso insistere qui sui riferimenti letterari di un poeta
probabilmente sconosciuto anche ai lettori più attenti. Se avrete la fortuna di scovare questo libro, vi basterà leggere gli ottimi “ricordi” degli autori
già citati per capire che il suo laboratorio poetico accoglie davvero un
tempo immenso di poesia, nonché temi tra i più fondanti della
letteratura del Novecento. Basti pensare all'apertura al dramma dell’emigrazione già ricordata (in questo aiutato sempre da Zanzotto, altra personalità che non abbassò
mai la guardia sul peso sociale di questo tema, anche perché sperimentata in prima persona) o al tema delle stagioni di
comissiana memoria.
Ho scritto “laboratorio
poetico” a ragion veduta. Pillonetto ha letto, riletto e corretto le proprie
poesie per tutto l’arco della vita. Quasi sempre chiude la poesia con una data tra parentesi. In un certo senso la sua opera incarna alla
perfezione l’idea "dell'autore di un solo libro". Quel tratto di incompletezza e
imperfezione ma, allo stesso tempo, di durata e fiduciosa attesa, così vivo e
presente anche nel titolo Penultima fiaba, ci spinge di riflesso a chiederci cosa possa essere “l'ultima fiaba”. Qui la reticenza del silenzio irrompe e si dispiega il veleggiare di un mistero. Penultima fiaba è un titolo che riporta a quella
trasformazione della poesia di cui accennavo sopra nell'introduzione e di cui Pillonetto s’è
fatto voce, corpo e vita, proprio con il lavoro, con il suo labor e con il suo laboratorio.
MISSILISTICA
Notte
placido missile
inconsciamente
adduci
la mia
coscienza
nella gravità
dei sogni
imponderabili
mentre i fiori
son chini
sotto le
foglie
come sotto l’ale
gli
uccelletti.
Ma ancor
sempre ritorno
paracadutato dall’alba
sulla trepida
terra.
Forse la morte
mi scaglierà
in orbite
di là del sole
di là delle ombre.
(1960)
(1960)
Bentornato Giocondo... da tempo cercavo qualcosa/qualcuno che ne riprendesse la poesia, una grande poesia. Un cordialissimo saluto a tutti, Romina
RispondiEliminaGrazie Romima, buona lettura!
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