domenica 30 marzo 2014

da "Legni" di Paolo Pistoletti

Una poesia da #34

Non conoscevo la poesia di Paolo Pistoletti. Mi ha gentilmente mandato il suo libro, Legni (Giuliano Ladolfi Editore, pp.74, euro 10, prefazione di Marco Beck). Scelgo almeno tre poesie. Una scoperta per me positiva. Spero lo sia anche per voi, o che per voi sia solo una conferma, se già lo conoscete. Della prefazione di Marco Beck mi pare utile questo passaggio, la conclusione, che arriva dopo un interessante ragionamento che riprende il filo degli studi dell'autore, della sua formazione, e un nome importante della nostra letteratura, Mario Pomilio, che - chissà perché - ritorna così di rado nelle discussioni: "[...] se per ipotesi mi fosse stato chiesto un  suggerimento riguardo a un esergo da stampare sulla soglia di questo libro, non avrei esitato a segnalare un brano di Mario Pomilio che, fin dalla pubblicazione dei suoi Scritti cristiani (Rusconi, Milano 1979), mi accompagna come costante punto di riferimento ogni volta che sono chiamato a sedermi al “tavolo delle trattative” tra fede e letteratura: «C’è, intendo, una religiosità che si esplica non nei proclami, ma nella giustezza delle opere, non nel parlare in nome di Dio, ma nel fare quanto si fa come se si fosse al cospetto di Dio»."


LUCE ACCESA

                         a Silvia


La luce accesa
di là dietro il bancone della cucina.
Sei già passata
l’aria ancora calda direi
da almeno un’ora.


Questo non dire
che è dentro come un inizio,
come se si dovesse sempre
aspettare dal niente


come se da un primo silenzio
si capisse che siamo noi
anche mentre si prepara un caffè.


Anche mentre una speranza
si fa da parte lassù,
appena sopra il lampadario.


ALLA FINESTRA



La fronte sul vetro
il grigio fuori e questo viso d’acqua.
Mia figlia alle spalle
che cresce con la febbre.
Quanti pensieri sul tetto di fronte
si lavano pronti per la pioggia,
e quanti vanno via
nelle grondaie dentro le vene
nei prati e negli occhi di chi ho conosciuto.
E quanto
tutto questo asciugarsi di legni
ci somiglia.



LEGNI


Non mi ricordo più quante volte si muore,
quante stagioni di legni
ci pesano sulle mani
prima di rovesciarci il cuore.
All’ospedale di Careggi c’è il bianco
delle mura che in mezzo ci passa
chi non ce la fa più a stare qua.
Quelli che invece tornano
nelle vene hanno sentito
tutto il risucchio che viene dagli aghi
dal tubo della flebo
fino alla luce del neon
dove a un certo punto
uno non è più niente
tutto lì nel mentre,
tanto che a sorpresa
non avendo più materia
si smette di tremare
senza cassa senza risonanza
la mancanza ricompone tutto
porta a zero la distanza.

Da bambini si arriva ogni volta
al momento giusto
come una bolla al centro del lago,
la memoria poi torna dopo
quando un giorno d’estate
il sole spacca le pietre

e allora si esce.
In corsia si dice che un giro
moltiplicato per sempre sia l’eternità.

Firenze, ospedale di Careggi, reparto di rianimazione, aprile 2001.

1 commento:

  1. E' una poesia che ha un buon ritmo, mi piace la schiettezza della parola.

    Un saluto
    Tiziana
    http://tizianatius.wordpress.com/

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