Prendiamo allora questo Poesie di Johannes Bobrowski pubblicato da Di Felice Edizioni (pp. 112, euro 15, traduzione di Davide Racca) nella collana "I poeti di Smerilliana" diretta da Enrico D'Angelo. Attualmente questo è l'unico libro di Bobrowski disponibile in italiano. Basterebbe questo semplice dato commerciale a dire molto, senza troppo aggiungere. Johannes Bobrowski (Tilsit 1917 – Berlino 1965) ha lasciato tre volumi di poesia e non molte pagine di prosa: Sarmatische Zeit del 1961 ("Tempo sarmatico"), Schattenland Ströme del 1962 ("Terra d’ombre fiumi") e il volume pubblicato due anni dopo la morte Wetterzeichen nel 1966/67 ("Segni di tempesta"). La parentesi di pubblicazioni, come apprendiamo dalle nude date, fu tardiva e non fu estesa. Questo volume curato da Davide Racca propone una significativa scelta attorno alla traccia lasciata da questo poeta e prosatore "sarmatico", che trascorse in mobilitazione l'intero decennio '39-'49, prima come soldato della Wehrmacht fino al 1945 e poi come prigioniero sovietico. Bobrowski varcò la soglia dell'italiano quattro anni dopo la sua morte, grazie a un volume di Mondadori curato da quel grande traghettatore e traduttore che fu Roberto Fertonani.
Le poesie invecchiano? Forse sì, invecchiano anche loro, nessuno si scandalizzi, invecchiano anche quando sono grandi poesie. Ma non è un problema. Invecchiano e non necessariamente muoiono, visto che sono già morte alla nascita. Credo che sotto certi aspetti la poesia si possa sempre considerare una creazione nata-morta. Possono invecchiare bene le poesie, nella loro morte "scontata vivendo", anche attraverso secoli (o millenni). Non so se migliorano invecchiando, come si dice di certi buoni vini (che dipenda un po' anche dal tappo con cui chiudiamo la bottiglia e il liquido al suo interno?). Di sicuro non sempre. Ad un livello personale, negli ultimi tempi riscontro che mi parlano come buoni vecchi le poesie di questi autori che trovarono accoglienza tanto nella Germania dell'Est, dove Bobrowski fu riconosciuto come uno dei principali poeti, che in quella dell'Ovest. Un altro caso è Peter Huchel, del quale s'è detto brevemente qui, e che fu amico e a lungo corrispondente di Bobrowski. Oppure quello di Reiner Kunze, del quale trovate qualcosa qua. La poesia di Bobrowski inspira la divinità del luogo, ed è sempre più chiaro che ogni poeta vero ha quasi certamente un proprio luogo sacro. Per Bobrowski la Sarmatia romana fu proprio questo luogo, un luogo che oggi, tra l'altro, si trova sempre più frequentemente al centro della cronaca di guerra. Non riporto poesie, ma rimando a questa pagina per alcune versioni del curatore di questo volume. Qui, nello scrigno di Francesco Marotta intitolato "La dimora del tempo sospeso", trovate invece altre poesie di Bobrowski nella traduzione di Adelmina Albini. Lascio spazio ai testi e alle traduzioni, per chi vuole leggerli. Che questa segnalazione diventi soprattutto un punto di partenza, un invito che passa necessariamente attraverso questa meritoria pubblicazione delle Edizioni Di Felice.
Complimenti alla casa editrice e all'editrice omonima! Alessandro
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