martedì 4 marzo 2014

Le fotografie di "Infertile Grounds" di Sandra Vitaljić

Non so se osservare le foto e leggere i rapidi apparati di un libro come Infertile Grounds di Sandra Vitaljić (pp. 56, euro 21) sia il modo migliore per trascorrere quel tempo che ci fa da cerniera col sonno, ovvero quel tempo che avevo in mente quando sono partito a suggerire possibili letture da questo indirizzo web. Eppure non riesco a non segnalare questo breve libro, non recentissimo, e la relativa collana che lo ospita, Eikon Books di Eikon Studio di Pola (Croazia). Credo di averlo trovato nella libreria in cui solitamente passo perché i volumi della collana sono stampati da una tipografia italiana, la quale ha sede non lontano dalla libreria stessa. Boschi, fiumi, campi, sterpi sono i passaggi di questi suoli sterili. Un volume bello tanto atroce, nel quale scorre soprattutto la Croazia degli ultimi vent'anni, con i traumi, la storia recente accumulata a quella precedente, titina, o ancora antecedente e frammista alle leggende. Riporto una spiegazione, necessaria, che l'autrice, fotografa di professione e insegnante a Zagabria, dedica a quell'infertile del titolo: "The title Infertile Grounds refers to our inability to face the ghosts from the past and move on. Instead, we are stuck in the same vicious circle of mutual hatred and accusations."

Jasenovac - Da Infertile Grounds di Sandra Vitaljić
L'intero progetto Infertile Grounds è visitabile nella gallery del sito di Sandra Vitaljić, nella sezione "projects>Infertile Grounds". Ed è il modo migliore per passarlo in rassegna, viste anche le ricche didascalie che accompagnano le foto. Le didascalie sono fondamentali nella vita delle fotografie. Come il passo dal Simon Schama di Paesaggio e memoria scelto da Sandra Vitaljić (un libro da troppi anni irreperibile in Italia!), il paesaggio è il lavoro della mente, una scena fatta tanto da livelli di memoria quanto da strati di roccia. Al di là del valore di queste immagini, il libro di Sandra Vitaljić m'è apparso come un motivo bastevole per interrogarsi, una volta di più, sul portato della fotografia e sul suo statuto nei processi e recessi della memoria. Forse la riflessione teorica sulla fotografia è diventata marginale e specialistica, sin troppo, quando invece beneficerebbe di un'uscita dai contorni della disciplina, di nuovi epocali libri come quello di Susan Sontag che la portino a livelli di larga diffusione. Partendo dal titolo di Sandra Vitaljić, mi sono domandato se la fotografia è in grado di fungere ancora da fertilizzante dello sguardo e della memoria o se rischia invece di divenire l'estremo atto che inaridisce lo sguardo e la terra su cui poggia, come una colata glaciale che anziché arricchire le forme della partecipazione (al ricordo, alla vita, al tempo, ai luoghi) le brucia nell'istante stesso del loro accadere. Come un odierno Re Mida. No, in fondo non credo questo. Me lo sono soltanto chiesto. Ma penso che a volte esista anche questo rischio. Non è il caso di  Sandra Vitaljić che con queste 24 foto trasmette una forza contagiosa, un invito a provare a capire che cosa è successo a qualche centinaio di chilometri in linea d'aria da noi, non molti anni fa. Ma non è soltanto questo, c'è di più, e solo andando a quel link che vi ho indicato potrete scoprirlo. Sono foto di luoghi, i più tristemente noti, che quasi provano a squarciare il Velo di Maya che si crea tra paesaggio, storia, natura e memoria, immagini che provano a guadare e guardare il senso di quel luogo.

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