L'Italia, che forse non brilla per una concezione organica dei sistemi di trasporto (anche se avremmo potuto imparare qualcosa in più dagli antichi romani che avevamo in casa e così vicini), ha prestato i propri designer e architetti dell'informazione per rendere la chiarezza delle mappe delle metropolitane. Un altro grande come Bob Noorda, olandese ma sostanzialmente trapiantato in Italia e naturalizzato italiano (il logo Coop, la F inclinata di 45° di Feltrinelli, la stilizzazione della rosa camuna per la regione Lombardia sono alcune delle sue più note creazioni) prestò la sua opera per un'altra grande opera di architettura dell'informazione, come la metro di San Paolo del Brasile, dopo che il mondo intero aveva apprezzato la chiarezza e la leggibilità del lavoro fatto per quella milanese.
Mi sono sempre piaciuti gli spaghetti veri, ma anche mangiare con gli occhi gli spaghetti delle metropolitane dove sono stato. E non mi dispiace osservare gli spaghetti delle metropolitane dove non sono stato, anche quelle di città più piccole. Per questo, qualche tempo fa, comprai questo libro di Mark Ovenden intitolato Transit Maps of the World (tuttora nel catalogo Penguin), un volume che affronta storicamente il manifestarsi del problema comunicativo della mappa. Mi piacciono in genere le mappe, anche se credo che vivere sia un difficile lavoro di distanziamento dalla centralità che le mappe provano ad occupare. L'autore di questo bel libro, che non credo starebbe male in una versione italiana, si è occupato anche di mappe di ferrovie e dello sviluppo della metro parigina. Sfogliandolo ho pensato che esista un percorso, già battuto (penso anche ai lavori di Remo Ceserani) e tuttavia sempre nuovo e da compiere sulla letteratura, il viaggio e il trasporto, fisico e emotivo. Gli esempi potrebbero essere numerosi. Ma pensate soltanto a quando, nel 1912, Ezra Pound scrisse quella poesia di quattordici parole intitolata In a Station of the Metro:
The apparition of these faces in the crowd;
Petals on a wet, black bough.
[L'apparizione di queste facce nella folla; / petali su un grosso ramo bagnato, nero.]
Pound raccontò anche di come alcune apparizioni di belle facce lo avessero colpito durante quella giornata parigina e durante il transito per la stazione della metro, ma anche di come non sapesse estrarre da questo apparire qualcosa (un significato, si sarebbe detto in altri tempi, non ora forse, per fortuna). Da questa incapacità, forse, nacque questa poesia che giustappone due versi, uno luminoso deittico-descrittivo e l'altro scuro metaforico-floreale-arboricolo (con la presenza di "bough" che rimanda più a un ramo d'albero...) a sigillare tutto, anzi no, a liberare tutto: potere delle metropolitane e dei loro rami-spaghetti.
Pare un libro magnifico!
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