Lettere da Westerbork di Etty Hillesum
Complici forse le edizioni integrali del Diario e delle Lettere pubblicate da Adelphi tra il 2012 e il 2013, assistiamo alla comparsa di una costellazione di volumi meno corposi dedicati a Etty Hillesum. Sono principalmente lettere, e nel caso delle due rapide segnalazioni che voglio fare sono entrambi libri che ci riportano a Westerbork, il campo di transito nell'Olanda nord-orientale. Un primo volume si trova nel catalogo di Via del Vento edizioni di Pistoia, la casa editrice di Fabrizio Zollo che qui cura anche una densa postfazione, all'interno della bellissima collana di testi rari denominata "Ocra gialla", con il titolo Una piccola voce (pp. 36, euro 4, Traduzione di Francesca Degani e Ilona Merx). L'altro titolo compare nell'altrettanto bella collana di libri brevi "Etcetera" di Castelvecchi con il titolo Due lettere da Westerbork (pp. 70, euro 7,50, prefazione di Marcella Filippi, traduzione di Stefano Musilli).
Westerbork, dunque. Prima di Auschwitz. Un campo di transito dove transitarono circa 107.000 ebrei. Tra questi anche l'allenatore di calcio ungherese Árpád Weisz (lo scopritore di Giuseppe Meazza, recita Wikipedia), Anne Frank e Edith Stein. Il campo dei treni che partivano ogni martedì. Il fazzoletto di terra dove furono radunati dal 1939 i rifugiati che provenivano principalmente dalla Polonia, dalla Cecoslovacchia, dall'Austria e dalla Germania. Queste lettere raccolgono ciò che Etty Hillesum vedeva, a volte rischiando e spingendosi in zone proibite del campo, proprio per incontrare i volti. Entrambi i volumi propongono la lettera del 24 agosto 1943, scritta un paio di settimane prima del suo treno per Auschwitz. Il volume di Castelvecchi ne comprende anche una del dicembre 1942. Etty Hillesum racconta i volti, i colori delle divise, i pianti dei bambini, l'attesa, i treni, i viali del campo, i saluti di chi parte, la "contabilità" della morte che a fronte di una richiesta di 1000 ebrei ne fa partire 1020, "per sicurezza", nell'eventualità, non certo remota, che qualcuno morisse durante il viaggio. Entrambe le lettere erano comparse già durante il periodo della resistenza olandese, nel tardo 1943. Westerbork è il campo dove Etty Hillesum andò volontaria e dove scrisse quasi tutte le sue lettere che rappresentano, come noto, un momento di strappo rispetto alla comune percezione della Shoah.
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Westerbork Memorial |
"Vago un po' smarrita per altre baracche, incrociando scene che mi si stagliano davanti in numerosi dettagli cristallini e che al contempo sono come visioni evanescenti e ancestrali. Vedo un vecchio moribondo che viene portato via mentre recita lo Shemà per se stesso. Recitare lo Shemà vuol dire pregare per qualcuno che è sul punto di morire. Si tratta essenzialmente di invocare senza sosta il nome di Dio, e l'ideale è quando chi sta per morire è ancora in grado di partecipare alla preghiera. Vedo un vecchio moribondo che viene portato via in barella verso il treno mentre recita lo Shemà per se stesso... Vedo un padre che benedice la moglie e il figlio prima di partire e che si fa benedire a sua volta da un vecchio rabbino con la barba bianca come la neve e il profilo fiammeggiante di un profeta. Vedo.. Oh be', proprio non mi riesce di descriverlo..." (lettera del 24 agosto 1943, traduzione di Stefano Musilli).
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