Ad Orbetello, lì vicino alle lagune del Tirreno, dove il promontorio dell'Argentario è graffiato e acchiappato da due unghie di terra, c'è una casa editrice che faremmo bene a tener d'occhio. Si chiama Effequ. Chissà se l'avete mai incontrata. Ha un bel catalogo, quattro collane ben progettate e "fa" ancora i libri (intendo dire che non si limita a stamparli). Quest'anno, tra gli altri titoli, ha pubblicato un libretto di Milena Djoković intitolato Diverse sfumature d'anguilla. Ricette e storie dai Sargassi alle lagune (pp. 128, euro 10). Questo libro è un ricettacolo perché fa parte della collana "Ricettacoli" e capite bene, sin dal nome di collana, che è un modo intelligente e obliquo (un controcanto) per fare editoria culinaria in un'epoca in cui i fatturati della librerie si reggono grazie alle vendite di Gordon Ramsey o ad altre spocchiose pubblicazioni nelle quali interi regimi alimentari e proteici, responsabili dell'umano nutrimento per secoli, vengono devastati in improbabili inquadrature fotografiche e da una profonda ignoranza alla base, anzi no, al palato. L'autrice, Milena Djoković, ha vissuto proprio a Orbetello ma anche a Vetralla, Roma, Belgrado ed è traduttrice dal serbocroato (sue le versioni di Vietato Leggere e Baba Yaga ha fatto l'uovo di Dubravka Ugrešić pubblicate da Nottetempo).
Il pesce-sirena dei mari freddi che lascia il Baltico per giungere ai nostri mari e ai nostri estuari, torcia e frustra, freccia d'Amore in terra (sì, va bene, basta con Montale, d'accordo), ecco l'anguilla è protagonista in questo libro di un'indagine appassionata frammista alle ricette. Si potrebbe parlare di libro-inchiesta, se non fosse che la parola "inchiesta" ci giunge ormai un po' svuotata e incapace di rendere il lavorio intelaiato dall'autrice, che con metodo e vera creatività ha inseguito per il mondo, tra gorielli di melma, questo pesce quasi scomparso dal nostro regime alimentare (troppo grasso? Qualche recondito tabù per la sua forma e il suo modo di muoversi? Ci torneremo tra pochissimo, parlando del suo nome nel dialetto veneto). E il titolo dell'opera? Si lega ad Orbetello, dove si mangia appunto l'anguilla sfumata di Orbetello, un piatto che si fa risalire alla dominazione spagnola e che si prepara con un'anguilla affumicata, marinata e poi condita con una salsa a base di peperone, il pimento. Ma la geografia di questa scrittura ci porta in tanti posti e il libro interessa anche per questo motivo a diversi livelli, perché l'anguilla diventa un pretesto non pretestuoso per parlare di molte cose. La scrittura di Milena Djoković ci porta fino a qui, intendo fino al Veneto da dove scrivo io, dove il pesce prende il nome dialettale di bisàto (a Venezia) e di bisàta (nell'entroterra), verosimilmente a ricordare una biscia, caso pressoché unico nel panorama della nomenclatura ittica dialettale di questo pesce e che forse risente di un cattolicesimo di "sfumatura" veneta. Insomma Diverse sfumature d'anguilla rappresenta un bel modo per (non) fare editoria culinaria: intelligente, affilato, sveglio. Giusto così, era ora, perché degli altri libri che con la vera cucina non hanno niente da spartire ne abbiamo veramente piene le scatole e speriamo presto anche gli scatoloni del macero. Ah, scusate, Montale riaffiora: se leggete la poesia trovate anche i "paradisi di fecondazione" ma se leggete questo libro scoprirete che anche l'anguilla è minacciata di estinzione.
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