martedì 13 gennaio 2015

Pensieri sull'arte di Umberto Boccioni: "La gran madre"

Quote #7

"To repeat or copy the words of another, usually with acknowledgment of the source." Questo il verbo "to quote". Ma in italiano "quote" è il plurale di quota, parola che mi interessa soprattutto nel senso della misura di un'altezza o di un lato. Citando e contestualizzando minimamente passi importanti, cerco un modo assai svelto di dar notizia di libri significativi, possibilmente brevi. Stando breve, pure io.

Per chi scrive il pensiero e l'opera di Umberto Boccioni sono i più duraturi fra quelli espressi dal Futurismo italiano. Resta quello un movimento controverso, anche in questi anni in cui continua a rimanere al centro di attenzioni in tante parti del mondo e ad accendere sempre un forse non disinteressato interesse verso quanto accadeva nella nostra penisola in quel tempo. Innegabilmente ebbe un ruolo nell'apertura delle finestre che l'Italia intratteneva con i giardini e gli orti esterni. Sussiste un elemento assai incoraggiante nell'avvicinarsi all'opera di Boccioni, la quale travalica grandemente il movimento di appartenenza. Una piccola antologia di qualche anno di pensieri e delle riproduzioni di opere trovano posto nelle pagine scelte e curate da Fabrizio Zollo e pubblicate in questo curioso volume delle edizioni Via del Vento di Pistoia (La gran madre. Pensieri sull'arte, pp. 36, euro 4). Nel 2016 ricorrerà il centenario della morte di questo artista, ucciso da una caduta del tutto accidentale da cavallo, nei pressi di Verona, in piena guerra, dopo un richiamo al fronte per quelli della sua classe (1882). Un anno di conflitto gli era bastato per rivedere il giudizio sulla "sola igiene del mondo". Boccioni, che fu tra i pochi a esprimere riserve persino sul nome incontrastato di Picasso, in queste annotazioni dimostra tutta l'irrequietezza del vivere, pensare e agire, concentrata soprattutto in quel lustro di tempo compreso fra il 1907 e il 1912. Emerge nitidissima la stima incrollabile per Gaetano Previati, ma anche la noia o l'eccitazione successiva alla partecipazione a una corsa al Circuito di Brescia. Insomma, nella manciata di pagine selezionate da Fabrizio Zollo c'è la possibilità di spaziare tra le date di questi pensieri e allora il modo migliore per congedarsi è trascriverne un paio.


Mi si sviluppa sempre più la capacità alla solitudine; la compagnia e il passeggio mi tediano. O lavorare o leggere. Ma quando ho lavorato mi è impossibile non continuare l'idillio con gli utensili e gli oggetti della mia Arte adorata. Preferisco al leggere stare in mezzo ai miei arnesi pulire, raschiare, ordinare, preparare... Affilare le armi!!... E poi cosa sarà? Riuscirò? Sarò e farò qualcosa. Il perché di tutto questo?/ È un buon segno l'indifferenza assoluta che s'impossessa di me verso la donna salvo in dati periodi in cui il maschio di 24 anni si fa sentire?/ È buono ch'io non senta in me né il desiderio né la facoltà di amare?/ È buono che non senta nel mondo nessun legame nessun affetto assolutamente, salvo molto (il massimo ch'io possa) per mia Madre e mia Sorella?/ È buono il desiderio di restar solo? Sono abbastanza profondo per viver solo e ho paura della forza degli altri? Perché fuggo gli artisti e gli altri che sembra lottino come me? (26.7.1907)

Sono impressionato perché disposto a crederci. Oggi la mia cartolaia, una vecchia signora polacca, appena entrato mi ha detto in modo strano: lei diventerà un grande artista. (23.9.1907)

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