Chi legge Sade oggi? La vicenda del "divin marchese" è abbastanza nota, perlomeno a grandi linee: ha prestato parole (e parole composte) al nostro dizionario, è entrato nell'immaginario, eppure per tutto l'Ottocento non se l'è filato sostanzialmente nessuno, ad eccezione di Baudelaire e Rimbaud in patria e Swinburne nell'Inghilterra vittoriana. D'accordo, non sono nomi da poco, ma non sono bastati a portare in primo piano la sua opera e così il vero risveglio d'interesse (e anche l'effettiva reperibilità delle opere) si è verificata soltanto nel Novecento, grazie allo sdoganamento via psicologia/psicoanalisi ma anche grazie a generazioni di scrittori che hanno finalmente letto le sue opere e ne hanno efficacemente scritto. Ricordo allora il capitolo che gli dedica Georges Bataille ne La Littérature et le Mal (che noi possiamo leggere nella traduzione di Zanzotto), Pierre Klossowski che scrisse Sade prossimo mio, ma anche Barthes o Blanchot. Non da ultimo il poeta Apollinaire autore di L'Œuvre du Marquis de Sade nel 1909 e di cui Elliot propone una edizione nella collana "Maestri" diretta da Antonio Debenedetti (Sade, pp. 96, euro 10, introduzione di Giuseppe Scaraffia e traduzione di Giovanna Rui).
L'anno che si è appena concluso è stato editorialmente abbastanza ricco, complici i duecento anni dalla morte del nostro autore, avvenuta nell'ospizio per malati mentali di Charenton e quindi ora non vi è che l'imbarazzo della scelta, visto che molte sono state le nuove traduzioni e le riproposizioni per avvicinarsi a un autore il cui nome si lega ai temi fondamentali della perversione, del male e del vizio/virtù. Apollinaire ci mostra per gradi come Donatien-Alphonse-François abbia dalla sua teorie, idee e stile senza pari, una sorta di "divina spregiudicatezza". In questa manciata di pagine Apollinaire, con un incredibile piglio d'ordine e senso d'urgenza, getta sull'arena una propria personalissima lettura dell'opera e della vicenda del marchese. Pur non essendo una biografia, lo scritto di Apollinaire è una passeggiata avventurosa attraverso quasi tutti gli anni di Sade, le vicende politiche e civili che lo coinvolsero, la prigionia, le lettere. Le pagine del poeta diventano monito contro tutte le strumentalizzazioni dell'opera sadiana sempre in agguato. Alla fine ci accorgiamo che il portato intellettuale di figure come quella di Sade è un detonatore attivo sulle crepe e sulle cerniere tra le epoche che spesso amiamo individuare e marcare. E ai nostri occhi, ma anche già a quelli di Apollinaire, Sade allora appare come una sorta di contraltare o specchio infranto della ragione dell'Illuminismo, un passo falso e necessario di un'intera epoca che forse credeva di non essere destinata a fare la conoscenza delle sabbie mobili del pensiero e della condizione umana e che invece in queste sabbie vi è precipitata, pesantemente, a piè pari.
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