Pensavo che se avete amato Il deserto dei Tartari potreste leggere questo racconto di Mario Puccini intitolato Il forte X... pubblicato da Ventura Edizioni (pp. 48, euro 6, con una nota di Giovanni Ricciotti). Pensavo che potreste leggerlo anche se non amate Il deserto dei Tartari (e magari potete anche dirmi che avete letto questo racconto di Puccini e non il libro di Buzzati). Non sto mettendo le due opere su un piano di vicinanza negli esiti raggiunti bensì in una prossimità di immaginario topografico-militare. Il racconto era già uscito nel 1992 per La Vita Felice all'interno del volume ormai irreperibile intitolato Racconti cupi, un titolo apparso per la prima volta per i tipi di Campitelli di Foligno nel 1922. E cupo in effetti qui è tutto, a partire dalle stanze che il soldato-custode del forte si trova a percorrere nei suoi giorni di presenza solitaria tra quelle mura dove viene spedito (giorni di cui perderà infine il conteggio). Segni e fantasmi di chi è passato, scricchiolii, rimasugli, i dintorni immediati di questa costruzione, la vegetazione. Io credo che un aspetto interessante di questo cupo racconto risieda anche nel mostrare quale scossa possa aver trasmesso la Prima guerra mondiale sugli scrittori "attivi" prima e dopo. L'impatto delle vicende belliche, qui lontane, raffigurate per contrasto nel silenzio e nell'isolamento che contraddistinguono queste pagine, ha fatto zampillare categorie come quella del numbing e quella ancor più nota e strettamente legata all'unheimlich freudiano. Qui Puccini non dà spiegazioni del perturbante che si è venuto a creare e che procede a narrare, fino all'epilogo tragico.
In una sua recensione a Foville, contenuta in quella salutare e mirabile collezione di recensioni che si intitola Plausi e botte (qualche editore lo riproponga e sennò, in alternativa, fate un salto qui dove troverete un testo impreciso), Giovanni Boine diede a quel libro di Puccini del 1914 una garbata "botta" e nei passaggi introduttivi precisò, ripartendo dalle novelle pubblicate nel 1912, che "Mario Puccini di Viottola, non è Balzac né Verga, non è un generale d'armata, ma è, sì, un buon caporale che le manovre al suo plotone le sa far fare e certo pian piano passerà maresciallo. Stile scorrevole, lingua abbondante, fisionomia delle solite". Boine morì troppo presto, nemmeno trentenne, nel 1917, per poter leggere questo Puccini di inizio anni Venti. Chissà se gli sarebbe piaciuto in questa virata fantastica, che affonda più dentro, in quell'inconscio che proprio dalla letteratura fantastica trasse le prime mosse e lumeggiamenti.
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