lunedì 29 febbraio 2016

da "Simùn" di Bartolo Cattafi

Una poesia da #58


Forse è un buon momento per Bartolo Cattafi, un buon momento che non trova eco nel panorama editoriale, bensì in persone che lo leggono, lo cercano, ne parlano e dedicano a lui siti come questo. Questo scollamento tra il "buon momento" nella lettura di un poeta (quest'impressione personale andrebbe confermata ma poniamo non sia del tutto bislacca) e la scarsa disponibilità commerciale delle sue opere potrebbe aggiungere qualcosa di rilevante e inquietante ai vari dibattiti sull'editoria di poesia. Oggi però riparto da un libro tra i pochissimi suoi disponibili (a stare a Ibs.it parliamo di tre titoli soltanto, e uno non è di poesia). E non è poi così male che chi davvero legge opere di poesia come fosse un'azione normale si appropri di nuove letture, le consigli, inneschi insomma quello che da che mondo è mondo si chiama il passaparola vivace, una viralità ben diversa da quella della rete. E non è così male che questi testi (perché sono testi, alla fine) rivivano prima che, come avvoltoi, s'avventino sui malcapitati poeti certi professorozzi, talvolta mossi pure da intenti tutto sommato sozzi, coaudiuvati dai valenti mozzi, con l'intento di farci sopra i soliti critici volumozzi. Non ce l'ho con le meritorie e necessarie edizioni critiche e chi le cura (almeno in linea teorica, la prassi poi è un'altra cosa). Mi pare comunque che la poesia di Sandro Penna continui anche senza l'edizione "completa e definitiva" di cui ogni tanto lamentiamo l'assenza. Il libricino di oggi si intitola Simùn e lo trovate nel catalogo delle edizioni San Marco dei Giustiniani di Genova (a cura di Silvio Ramat, pp. 56, euro 12, consiglio una sfogliata del loro catalogo e un più rapido ordine presso l'editore, se interessati). Prelevo la poesia iniziale e quella finale. Non sono necessariamente quelle che ritengo più importanti in questo volume contenente testi di una temperatura inedita. Scelgo queste due brevi perché mi pare abbia più senso offrire l'inizio e la fine di un'opera capace di circonfondere col proprio passo una nuova scena, uno strappo e uno scarto del pensiero, di consegnare a ogni saltello della frase una sorpresa nella parola.


SIMÙN


Come un arabo dall'occhio obliquo
calore di fuoco
libidini caprine
dopo un lungo raid di rapina
hai staccato l'alone dalla luna
barraccano in un angolo afflosciato
tenti con rabbia
di riprendere lena
spingere il cammello nella cruna
succhiando menta radici pimienti
fantasie
mulinelli torbidi di sabbia.


EPIGRAFE


Amò il pari e il dispari
verità scrisse
d'un subito stracciate
macchie circoscrisse
per poi allargarle a dismisura
cantò la dura retta
la rovinosa curva dell'ellisse.


 

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