A inizio anno, per la cura di Paolo Di Paolo, è uscito nella collana Universale Economica di Feltrinelli un volume intitolato Avanti nella lotta, amore mio! Scritture 1918-1926 di Piero Gobetti (pp. 224, euro 9,50, con uno scritto di Pietro Polito). Di certo un movente di tale pubblicazione sarà stato il novantesimo anniversario della morte dell'editore e intellettuale torinese, avvenuta in clinica a Neuilly-sur-Seine, vicino a Parigi, il 15 febbraio del 1926. Tuttavia mi è parso che, se ricorrenza si è celebrata, sia tutto sommato scivolata via veloce e nell'indifferenza generale. Potrei sbagliarmi perché non sono certo una rassegna stampa vivente, tutt'altro, ma la percezione è che si sia persa l'occasione per provare a dire due cose sensate su Gobetti e farsi provocare dalla sua intelligenza. Questa mancata occasione non fa notizia e non sto nemmeno insinuando che proverò io a dire le due cose sensate. Tanto vale piuttosto parlare di Piero Gobetti quando ci pare e piace oppure, molto più banalmente, quando ci riusciamo o ci sembra di non poter farne a meno. Tra l'altro proprio quest'anno si completa di altre pubblicazioni gobettiane, quali Il giornalista arido. Articoli 1918-1925 uscito per Nino Aragno, La forza del nostro amore uscito per Passigli e contenente il carteggio con la moglie Ada Prospero e infine il volume dedicato alla grande passione di Gobetti per la Russia, Paradosso dello spirito russo uscito per le Edizioni di Storia e Letteratura (Andreev, Dostoevskij, Gogol', Lermontov, Puškin).
Il volume redatto da Paolo Di Paolo ha carattere antologico e ha il merito di riunire in cinque sezioni una scelta ponderata della scrittura di Gobetti. La prima parte vagola tra autobiografia e smaglianti pagine di diario senza le date. Nella seconda si entra nella politica e nella storia, ovvero anche nel "mito Gobetti", su cui torneremo brevemente in chiusura. La sezione centrale è dedicata agli scritti di teatro e letteratura (un aspetto che non andrebbe mai dimenticato è proprio l'incredibile produzione di scritti teatrali di Gobetti che, lo ricordiamo, morì prima di compiere i 25 anni!). La quarta parte sull'arte contiene un contributo sul genio casoratiano e sulla pittura di Gainsborough, l'idea di un saggio comparativo di storia dell'arte e persino un saggio dal titolo La pittura veneta del '400. Chiude la selezione il celebre Commiato del febbraio 1926 ("[...] La concezione della vita come serie di esami è stupida: tutto si riduce invece all'aver credito, al non aver bisogno di esami perché si è qualcosa (si intende sempre socialmente).").
Al di là del "mito Gobetti", legato per forza alla precoce morte, all'antifascismo, all'aver donato, racchiuso in una parabola di vita così breve, un orizzonte e amore di riflessione così stupefacenti ai nostri occhi, c'è da dire che ancora una volta un "mito" si dovrebbe risolvere in scrittura, cioè in tutte le pagine che Gobetti ha vergato, nel suo essere stato fulcro di leve, centro di irradiazione e incrocio di molteplici contributi, a sua volta "traduttore" di una lezione proveniente dai suoi maestri. La capacità di Gobetti di saper discettare di argomenti disparati, così estrema e per certi aspetti fuori tempo massimo nel primo Novecento (non parliamo d'oggi), ha ragion d'essere in quello che è probabilmente il motivo primo per cui dovremmo tornare a Gobetti, ovvero l'editoria e il mestiere d'editore. Quando si trasferì a Parigi, Gobetti desiderava soprattutto continuare quell'attività editoriale che aveva brillantemente intrapreso nel suolo italiano, prima delle aggressioni del regime, che ne indebolirono il già precario stato di salute. Insomma, semplificando brutalmente e volendo indicare quattro direzioni su cui collocare l'eredità gobettiana, lascio questi quattro punti: 1) la necessità di un pensamento profondo del mestiere d'editore, 2) il mai abbandonato interesse per i problemi della traduzione (intesa anche, in senso lato, come divulgazione), 3) la centralità della rivista in quanto sonda primaria di perlustrazione (non sono convinto che quella vitalità delle riviste sia scomparsa, dovrebbe piuttosto trovare delle forme diverse dai social network, coi loro testi estrapolati a guisa di incarti di Baci Perugina) e 4) l'insaziabilità e curiosità, racchiuse in una straordinaria volontà di vivere. Ma molto altro fu Gobetti e quest'antologia ha senza dubbio il merito di proporre a un prezzo accessibile in una collana di larga diffusione alcuni dei suoi scritti. Come ricorda il curatore, Gobetti è forse più noto che conosciuto o letto. In chiusura, trovo curioso che una simile antologia arrivi da Feltrinelli.
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