Nell'assai bella e varia collana "Pellicano rosso", Morcelliana ospita la traduzione di Cosmic Religion and Other Opinions and Aphorisms di Albert Einstein, libro uscito per la prima volta a New York nel 1931. Il rosso e bianco volume italiano intitolato Religione cosmica (pp. 128, euro 12, a cura di Enrico R.A. Calogero Giannetto e Audrey Taschini) si apre con “Un apprezzamento” di George Bernard Shaw, il quale incornicia in un intervento d’occasione l’opera del fisico lungo un percorso della scienza che è sempre stato contraddistinto da tappe con date di scadenza: se l’universo retto di Newton è durato circa trecento anni, la domanda è quanto durerà l'universo curvo che Einstein, in scia di Spinoza, legge sub specie aeternitatis (e sappiamo che lo stesso Einstein ebbe da rivedere alcune sue posizioni al cospetto delle teorie che iniziavano a concepire un universo in espansione). Lo scritto che dà il titolo al libro è molto breve e in questo Einstein riversa larga parte della propria “teofisica spinoziana”. Nota è l’ammirazione del fisico per il filosofo olandese, anche se parlare di ammirazione è riduttivo, dal momento che il Deus sive Natura ha sostanziato l'intera ricerca scientifica di Einstein, fino alla formazione delle teorie di relatività generale e speciale. E diventa difficile per un lettore cogliere la portata della sua dissertazione sulla “religione cosmica” continuando a frequentare una qualche idea antropomorfa di Dio, o mancando di cogliere appieno la sovrapposizione Dio-universo (e che non bisognasse farsi alcuna immagine di Dio è qualcosa che si legge già in Esodo e Deuteronomio). Ed è proprio in un rinnovato rapporto tra uomo, natura e Dio-universo, in una nuova – per l’umanità – concezione del Tutto, che si situa la riflessione etica e religiosa di Einstein, la quale si allarga anche agli scritti successivi che compongono il libro.
Il volume prosegue con uno scritto dedicato al pacifismo e al disarmo e colpisce ritornare alla data di uscita di questo, circa a metà del periodo delle due guerre mondiali. E come a sancirne il monito, quasi fosco, leggiamo lo scritto “Gli ebrei”, che si suddivide in una parte dedicata alla loro patria e un’altra che riporta il discorso sugli ebrei pronunciato a Londra il 27 ottobre 1930 alla presenza delle società Ort e Oze (quello per cui G.B. Shaw pronunciò il suo apprezzamento). La terza sezione di aforismi e opinioni prevede, tra gli altri, un discorso che Einstein dedicò alla radio e che non mancherà di interessare chi si è interrogato sulla natura e le qualità di questo mezzo ritenuto dallo scienziato molto meno distorcente della stampa. L’appendice trascrive invece la conversazione tra Einstein e Rabindranath Tagore del 1930. Le posizioni dello scienziato e del poeta indiano, come noto, sono inconciliabili e non è esagerato credere che un impulso alla sistemazione in volume degli scritti giornalistici che compongono questo libro del 1931 venne a Einstein proprio da questo dialogo, nel quale la concezione puramente umana di Tagore da un lato s'alterna con un Einstein che ribatte:
Il volume prosegue con uno scritto dedicato al pacifismo e al disarmo e colpisce ritornare alla data di uscita di questo, circa a metà del periodo delle due guerre mondiali. E come a sancirne il monito, quasi fosco, leggiamo lo scritto “Gli ebrei”, che si suddivide in una parte dedicata alla loro patria e un’altra che riporta il discorso sugli ebrei pronunciato a Londra il 27 ottobre 1930 alla presenza delle società Ort e Oze (quello per cui G.B. Shaw pronunciò il suo apprezzamento). La terza sezione di aforismi e opinioni prevede, tra gli altri, un discorso che Einstein dedicò alla radio e che non mancherà di interessare chi si è interrogato sulla natura e le qualità di questo mezzo ritenuto dallo scienziato molto meno distorcente della stampa. L’appendice trascrive invece la conversazione tra Einstein e Rabindranath Tagore del 1930. Le posizioni dello scienziato e del poeta indiano, come noto, sono inconciliabili e non è esagerato credere che un impulso alla sistemazione in volume degli scritti giornalistici che compongono questo libro del 1931 venne a Einstein proprio da questo dialogo, nel quale la concezione puramente umana di Tagore da un lato s'alterna con un Einstein che ribatte:
Non posso provare scientificamente che la Verità debba essere concepita come una Verità che sia valida indipendentemente dall'umanità; ma lo credo fermamente. Credo, per esempio, che il teorema di Pitagora affermi qualcosa di approssimatamente vero, indipendentemente dall'esistenza dell'uomo. In ogni caso, se esiste una realtà indipendente dall'uomo esiste anche una verità relativa a questa realtà; e allo stesso modo la negazione della prima provoca una negazione della seconda.Tornando allo scritto che dà il titolo al volume, leggibile in inglese anche qui, penso che la proposta einsteiniana di religione cosmica - a tutti gli effetti una strana religione senza l'uomo ma di cui l'uomo è parte - diventi un impulso per posizionare un pensiero nuovo su parole e termini di speculazione dati per scontati o comunque appannati quali “dio”, “natura”, “universo”, “religione”. L’uso non convenzionale che il fisico ne fa ci sposta progressivamente lungo il suo tracciato etico e politico, che permea gli scritti puntuali e brevi raccolti in questo volume, in passaggi di pensiero che vanno a tangere temi centrali non soltanto nel secolo scorso. Non sarà difficile notare come molto di ciò che è stato pronunciato e qui si legge sia presto diventato lettera morta e, anzi, sia stato quasi capovolto e scaraventato dalla storia che è seguita. Il volume tuttavia si può cogliere anche come un’opportunità per scoperchiare l’altra scatola dell’eredità di Einstein, quella appunto religiosa, che solo una visione sciocca slegherebbe da quella scientifica: come è evidente religione e scienza in Einstein si legano saldamente e compongono un lascito larghissimo, che oltre ad aver descritto per un certo tempo l’universo nel quale proviamo a collocarci, ci offre uno spunto significativo sugli egotismi, sulle nostre paure, timori e terrori. La linea che lega Einstein al filosofo olandese riparatore di lenti esce da queste pagine ancora più nitida e rafforzata. Benedetto sia ogni tentativo efficace di distoglierci dall’appiccicosissimo e vischioso antropomorfismo e antropocentrismo che, non da ieri, ci rovina come una bomba a orologeria destinata a far danni anche durante il ticchettare del timer.
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