Che cosa sono i "tropismi" del titolo? Si tratta di un prestito dal linguaggio scientifico e in questo Sarraute sembra inaugurare o quantomeno assecondare una lunga scia di prestiti scientifici nella letteratura del Novecento. In linea generale la biologia chiama così un "movimento orientato di un organismo, animale o vegetale, o di una sua parte, determinato dall'azione di uno stimolo esterno (luce, temperatura, umidità, gravità, fattori chimici, ecc.)". Il più noto tropismo è senza dubbio quello del girasole. Trasferendoci all'uomo, il tropismo che indaga Sarraute è una sorta di carotaggio della vita della psiche attraverso gesti, dialoghi contenutissimi, scene minimali. Nelle parole dell'autrice questi sono movimenti indefinibili che scivolano molto rapidamente verso i limiti della nostra coscienza e sono fonte delle nostre azioni, delle nostre parole, dei sentimenti che manifestiamo e crediamo possibile definire. In questi frammenti dove il ralenti testuale si tiene a larga distanza dal flusso di coscienza, pur condividendone certe prerogative, Sarraute coglie dei personaggi anonimi all'interno di un sistema e li descrive in un frangente di scissione interiore o soffocato terrore, tra l'impossibilità di affermazione e il desiderio di distinzione. Intendo qui l'accezione fisica della parola "sistema", quindi qualcosa di osservabile nel tempo. Ma proprio come nella fisica, il rischio, corso con coraggio, è quello che la conoscenza della realtà si riduca via via alla conoscenza della conoscenza o, per meglio dire, alla conoscenza dei metodi con cui cerchiamo di conoscere la realtà e si risolva con una sovrapposizione con l'oggetto stesso a cui è rivolta l'indagine conoscitiva, che in questo caso è di natura testuale e letteraria (sovrapposizione che non è necessariamente sinonimo di verità o conoscenza). E inoltre lo stato di perturbamento introdotto dall'osservatore-scrittore non è più - se mai lo è stato - indifferente nel tentativo di descrizione del sistema. Penso risieda qui una buona parte della consapevolezza teorica che ha trovato nella speculazione francese del Novecento, teorica e anche pratica, certi casi tra i più significativi dello scorso secolo. Accadeva questo quando altrove, in Europa e nel mondo, teneva banco, fra altri aspetti, una concezione di testo letterario come testimonianza. I personaggi di Tropismi non sono rappresentativi di qualcosa e portatori di istanze particolari, non sono emblematici, non possono nemmeno testimoniare qualcosa essendo senza nome; insomma oggi non sarebbero quei personaggi che fanno gola agli uffici stampa delle case editrici per ricamarci sopra un comunicato di lancio interessante. Sono semmai dei punti di partenza, attorno ai quali formulare un'ipotesi (che poi per simili ipotesi la fabbrica della narrativa contemporanea non abbia più tempo né spazio è un altro paio di maniche). Un libro da riprendere in mano, nell'epoca del fastidio e dei nuovi tropismi che avvengono nel parterre dei social media.
martedì 28 febbraio 2017
Il ralenti dei "Tropismi" di Nathalie Sarraute
Che cosa sono i "tropismi" del titolo? Si tratta di un prestito dal linguaggio scientifico e in questo Sarraute sembra inaugurare o quantomeno assecondare una lunga scia di prestiti scientifici nella letteratura del Novecento. In linea generale la biologia chiama così un "movimento orientato di un organismo, animale o vegetale, o di una sua parte, determinato dall'azione di uno stimolo esterno (luce, temperatura, umidità, gravità, fattori chimici, ecc.)". Il più noto tropismo è senza dubbio quello del girasole. Trasferendoci all'uomo, il tropismo che indaga Sarraute è una sorta di carotaggio della vita della psiche attraverso gesti, dialoghi contenutissimi, scene minimali. Nelle parole dell'autrice questi sono movimenti indefinibili che scivolano molto rapidamente verso i limiti della nostra coscienza e sono fonte delle nostre azioni, delle nostre parole, dei sentimenti che manifestiamo e crediamo possibile definire. In questi frammenti dove il ralenti testuale si tiene a larga distanza dal flusso di coscienza, pur condividendone certe prerogative, Sarraute coglie dei personaggi anonimi all'interno di un sistema e li descrive in un frangente di scissione interiore o soffocato terrore, tra l'impossibilità di affermazione e il desiderio di distinzione. Intendo qui l'accezione fisica della parola "sistema", quindi qualcosa di osservabile nel tempo. Ma proprio come nella fisica, il rischio, corso con coraggio, è quello che la conoscenza della realtà si riduca via via alla conoscenza della conoscenza o, per meglio dire, alla conoscenza dei metodi con cui cerchiamo di conoscere la realtà e si risolva con una sovrapposizione con l'oggetto stesso a cui è rivolta l'indagine conoscitiva, che in questo caso è di natura testuale e letteraria (sovrapposizione che non è necessariamente sinonimo di verità o conoscenza). E inoltre lo stato di perturbamento introdotto dall'osservatore-scrittore non è più - se mai lo è stato - indifferente nel tentativo di descrizione del sistema. Penso risieda qui una buona parte della consapevolezza teorica che ha trovato nella speculazione francese del Novecento, teorica e anche pratica, certi casi tra i più significativi dello scorso secolo. Accadeva questo quando altrove, in Europa e nel mondo, teneva banco, fra altri aspetti, una concezione di testo letterario come testimonianza. I personaggi di Tropismi non sono rappresentativi di qualcosa e portatori di istanze particolari, non sono emblematici, non possono nemmeno testimoniare qualcosa essendo senza nome; insomma oggi non sarebbero quei personaggi che fanno gola agli uffici stampa delle case editrici per ricamarci sopra un comunicato di lancio interessante. Sono semmai dei punti di partenza, attorno ai quali formulare un'ipotesi (che poi per simili ipotesi la fabbrica della narrativa contemporanea non abbia più tempo né spazio è un altro paio di maniche). Un libro da riprendere in mano, nell'epoca del fastidio e dei nuovi tropismi che avvengono nel parterre dei social media.
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