Accanto ai ratti di "al cor gentil ratto s'apprende" con le loro poesie inedite, compare un altro animale per nominare uno spazio dove si ospitano traduzioni di poesia: lo stregatto o Gatto del Cheshire di Lewis Carroll. Ratti e stregatti, insomma. Adotterò pregiudiziali e faziosi criteri per vagliare proposte di traduzioni, anche nei casi di lingue totalmente sconosciute come russo, coreano o giapponese (insomma, mi baserò su un traballante concetto di fiducia). Il gatto qui sopra è un particolare del dipinto "San Girolamo nello studio" di Antonello da Messina. Al di là delle molteplici simbologie e caratterizzazioni dei gatti, da Antonello a Carroll (Dante non è tornato utile stavolta perché un po' li snobba), qui proviamo a stregarvi con nuove traduzioni facendo le fusa. L'augurio è incoraggiare la traduzione poetica che un po' latita, anche nelle generazioni più giovani, e che qualche stregatto un giorno possa precipitare altrove, anche in un libro se capita.
Juan Manuel Roca
Quando il fuoco conversa
con l’aria
Versioni
di Stefano Strazzabosco
POETICA
Dopo
aver scritto sulla carta la parola coyote
Occorre
stare attenti che quel vocabolo carnivoro
Non
s’impossessi della pagina,
Che
non riesca a nascondersi
Dietro
alla parola iacaranda
Per
aspettare che passi la parola lepre, e straziarla.
Per
evitarlo,
Per
dar voci d’allarme
Nel
momento in cui il coyote
Prepara
furtivo la sua imboscata,
Certi
vecchi maestri
Che
conoscono gli esorcismi del linguaggio
Consigliano
di tracciare la parola cerino,
Sfregarla
sulla parola pietra
E
accendere la parola falò per tenerlo lontano.
Non
c’è coyote o sciacallo, non c’è iena o giaguaro,
Non
c’è puma né lupo che non fugga
Quando
il fuoco conversa con l’aria.
TESTAMENTO
DEL PITTORE CINESE
Quando
il sobrio Imperatore
M’intimò
di cancellare dal quadro una cascata,
-
Il gorgoglio incessante gli turbava il sonno –
Da
buon cortigiano gli obbedii
E
sfumai il suo torrente.
Tuttavia,
nascosi dietro al disegno di un ciliegio
Una
rana che gracchia
E
che l’anziano Imperatore confonde
Col
suo cuore agitato.
In
un paravento di lino dipinsi me stesso
Nell’atto
di disegnare un cavallo.
La
notte dopo spaventai col pennello il cavallo,
Perché
non sopportavo i suoi nitriti.
Presto
cancellerò la mia figura crepuscolare dall’olio,
-
Imperatore del mio corpo –
E
sapranno che sono della stessa materia
L’assenza
di un uomo o di un cavallo.
ANTIPREGHIERA
(Un reclamo per i poeti)
Nemmeno
se tu mi dessi la lingua
E
il tatto del Re Salomone,
Nemmeno
se mi dettassi un bel Cantico
Che
dissetasse al labbro di qualche moabita,
Né
ricevendo in dono la figlia del Faraone,
Né
per un cavallo nero
Che
sguazzasse nella pioggia
E
scalpitasse sotto un cielo d’olivi,
Né
per la dignità del vento
O
di un grande signore nelle vigne di Baal,
Né
in cambio di un prospero commercio
Di
botti di vino e di boschi aromatici,
Potrò
capire, Signore,
Che
nella lingua di John Donne,
La
stessa di tuo figlio William Blake,
Si
continuino a ordinare i massacri.
PARABOLA
DELLE MANI
Questa
mano prende un frutto,
L’altra
lo allontana.
Una
mano riceve il falco, si toglie un guanto,
L’altra
lo scaccia, accende una fiaccola.
Una
mano scrive lettere d’amore
Che
la sua losca siamese infarcisce di ingiurie.
Una
mano benedice, l’altra minaccia.
Una
disegna un cavallo,
L’altra
un puma che lo spaventa.
Dipinge
un lago la destra:
L’affoga
in un fiume d’inchiostro, la sinistra.
Una
mano traccia la parola uccello,
L’altra
ne scrive la gabbia.
C’è
una mano di luce che fabbrica scale,
una
d’ombra che allenta i loro pioli.
Ma
viene la notte. Viene
La
notte quando stanche di ferirsi
Concedono
una tregua a quella guerra
Perché
cercano il tuo corpo.
PREGHIERA
AL SIGNORE DEL DUBBIO
Più
che fede, concedimi un bagaglio di dubbi.
Sono
loro il mio ponte, il mio affluente, le mie onde.
Venga
a noi il Regno dell’Incerto.
Tieni
in bilico le mie verità,
Concepite,
morte e sepolte
Nei
telai dell’oblio. Portami
In
mezzo alle tue sabbie mobili,
Fa’
che io mangi il pane dello scacco,
Che
beva l’acqua del silenzio.
Non
c’è trucco né inganno:
Ferito,
sono io il mio barelliere.
Siano
le certezze i palazzi di neve
Che
qualcuno assedia col fuoco.
Signore
del dubbio, nel caso in cui tu esista,
Ascolta
la preghiera di questo miscredente.
CANZONE
DEL FABBRICANTE DI SPECCHI
Fabbrico
specchi:
All’orrore
aggiungo altro orrore,
Altra
bellezza alla bellezza.
Porto
in giro la luna di mercurio:
Il
cielo si riflette nello specchio
E
allora i tetti ballano
Come
in un quadro di Chagall.
Quando
lo specchio entrerà in altre case
Cancellerà
tutti i volti già noti:
Gli
specchi non raccontano il passato,
Non
mostrano chi un tempo ci abitava.
Qualcuno
costruisce delle carceri,
Sbarre
per gattabuie.
Io
fabbrico specchi:
All’orrore
aggiungo altro orrore,
Altra
bellezza alla bellezza.
POÉTICA
Tras escribir en el papel la palabra coyote
Hay que vigilar que ese vocablo carnicero
No se apodere de la página,
Que no logre esconderse
Detrás de la palabra jacaranda
A esperar a que pase la palabra liebre y
destrozarla.
Para evitarlo,
Para dar voces de alerta
Al momento en que el coyote
Prepara con sigilo su emboscada,
Algunos viejos maestros
Que conocen los conjuros del lenguaje
Aconsejan trazar la palabra cerilla,
Rastrillarla en la palabra piedra
Y prender la palabra hoguera para alejarlo.
No hay coyote ni chacal, no hay hiena ni jaguar,
No hay puma ni lobo que no huyan
Cuando el fuego conversa con el aire.
TESTAMENTO
DEL PINTOR CHINO
Cuando
el sobrio Emperador
Me
conminó a borrar del cuadro una cascada,
—El
chapoteo incesante espantaba su sueño—
Como
buen cortesano obedecí
Y
esfumé su torrente.
Sin
embargo, oculté tras el dibujo de un cerezo
Una
rana que croa
Y
que el anciano Emperador confunde
Con
su agitado corazón.
En
un biombo de lino me pinté a mí mismo
Al
momento de dibujar un caballo.
Una
noche después espanté con el pincel al caballo,
Pues no soportaba sus relinchos.
Pronto
borraré mi crepuscular figura del óleo,
—Emperador
de mi cuerpo—
Y
sabrán que es de la misma materia
La ausencia de un hombre o de un caballo.
ANTIORACIÓN
(Un reclamo por los poetas)
Ni aunque me dotaras con la lengua
Y el tacto del Rey Salomón,
Ni aunque me dictaras un bello
Cantar
Que abreve en labios de alguna
moabita,
Ni recibiendo en dádiva a la hija del
Faraón,
Ni por un caballo negro
Que chapotee en la lluvia
Y piafe bajo un cielo de olivos,
Ni por la dignidad del viento
O de un gran señor en las viñas de
Baal,
Ni a cambio de un próspero comercio
De toneles
de vino y bosques de olor,
Lograré entender, Señor,
Que en la lengua de John Donne,
En la misma de tu hijo William
Blake,
Se sigan ordenando las matanzas.
PARÁBOLA
DE LAS MANOS
Esta mano toma un fruto,
la otra lo aleja.
Una mano recibe al halcón, se quita un guante,
La otra lo ahuyenta, prende una antorcha.
Una mano escribe cartas de amor
Que su equívoca siamesa puebla de injurias.
Una mano bendice, la otra amenaza.
Una dibuja un caballo,
La otra, un puma que lo espanta.
Pinta un lago la mano diestra:
Lo ahoga en un río de tinta, la siniestra.
Una mano traza la palabra pájaro,
La otra escribe su jaula.
Hay una mano de luz que construye escaleras,
Una de sombra que afloja sus peldaños.
Pero llega la noche. Llega
Cuando cansadas de herirse
Hacen tregua en su guerra
Porque buscan tu cuerpo.
ORACIÓN
AL SEÑOR DE LA DUDA
Más que fe, dame un equipaje de dudas.
Ellas son mi puente, mi afluente, mi
oleaje.
Venga a nos el Reino de lo Incierto.
Mantén en
vilo mis verdades,
Concebidas,
muertas y sepultadas
En los
telares del olvido. Llévame
Por las
arenas movedizas,
Dame a comer el pan de la derrota,
A beber el agua del silencio.
No hay timos ni trucajes:
Estoy herido y soy mi camillero.
Sean las certezas palacios de nieve
A los que alguien asedia con el
fuego.
Señor de la duda, si existieras,
Escucha la oración del descreído.
CANCIÓN DEL QUE FABRICA LOS
ESPEJOS
Fabrico
espejos:
Al horror
agrego más horror,
Más belleza a la belleza.
Llevo por la calle la luna de
azogue:
El cielo se refleja en el espejo
Y los tejados bailan
Como un cuadro de Chagall.
Cuando el espejo entre en otra
casa
Borrará
los rostros conocidos,
Pues los
espejos no narran su pasado,
No
delatan antiguos moradores.
Algunos
construyen cárceles,
Barrotes
para jaulas.
Yo
fabrico espejos:
Al horror
agrego más horror,
Más belleza a la belleza.
Queste
poesie sono tratte dalle raccolte Cittadino
della notte (1989), La farmacia dell’angelo (1995), Un violino per Chagall (2003), Le ipotesi di Nessuno (2005), Biblia pauperum (2012), Tempo di statue (2014).
Juan
Manuel Roca (Medellín, Colombia, 1946) è poeta, saggista,
critico d’arte, narratore e giornalista culturale. Considerato una delle voci
più importanti della poesia latinoamericana attuale, le sue principali raccolte
di poesia sono: Luna de ciegos (Luna
di ciechi; Premio Nacional de Poesía Universidad de Antioquia, 1975); Los
ladrones nocturnos (I ladri notturni,
1977); Ciudadano de la noche (Cittadino
della notte, 1989); Pavana con el diablo (Pavana col diavolo, 1990); Monólogos (Monologhi, 1994); La farmacia del ángel (La farmacia dell’angelo, 1995); Las hipótesis de Nadie (Le ipotesi di Nessuno, 2005); Testamentos (Testamenti, 2008); Biblia de
pobres - Biblia pauperum (Bibbia dei
poveri; IX Premio Casa de América, 2009); Temporada de estatuas (Tempo
di statue, 2010). Nel 1994 ha pubblicato la sua Prosa reunida (Prosa riunita).
Ha ricevuto molti premi, e dai suoi libri son state tratte diverse antologie.
Vive e lavora a Bogotá.
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