Gilda Policastro, Esercizi di vita pratica,
Prufrock spa, 2017.
Gilda Policastro prosegue il percorso poetico intrapreso con
le Inattuali (transeuropa, 2016), riprendendo alcuni
temi a lei cari (il corpo, la malattia, la morte, il lavoro, l’attenzione alla
realtà presente che viene inscenata in tutto il suo squallore e banalità) e
declinandoli secondo un verso lungo - a volte intervallato da versi brevi - che
imita il parlato, o meglio i parlati, essendo i testi un affollarsi di voci (mi
riferisco in particolare alla prima sezione: Calendario).
Procedendo la lettura, ci si imbatte nelle Nuove
inattuali nelle quali il procedimento dell’eavesdropping
è ridotto ai minimi termini, ovvero viene riportato il
singolo lacerto di frase origliato ed esso non è più all’origine del discorso
poetico che qui viene taciuto e omesso. La terza sezione invece, Materia
grigia, contrasta nettamente con la precedente: al lacerto di
frase qui si contrappongono delle prose costruite con grande maestria retorica
e arguzia. È una prosa dalla forte ritmicità, tanto da suscitare nel lettore la
domanda se considerare tali testi come prosa o poesia. L’ultima sezione, Tre
esercizi passepartout, propone tre poesie che in maniera
diversa richiedono la cooperazione del lettore che deve non solo interpretare
il testo poetico ma in qualche modo agire (“[scrivi un commento, | tu che
leggi, condividi | o elimina]”), inserendosi in una corrente che va dai Bricolages
di Renato Pedio a Figurina enigmistica di
Mariangela Guatteri. Un ultimo appunto sul titolo della raccolta: il
riferimento è a una serie di esercizi del Metodo Montessori volti ad allenare i
bambini nello svolgimento di gesti e azioni: si va dalla cura della persona e
dell’ambiente, al comportamento sociale e al controllo raffinato dei movimenti.
Stadi questi in un qualche modo individuabili nelle quattro sezioni che compongono
la raccolta. L’intento autoriale è però ironico o piuttosto venato di amarezza.
Infine l’assunto è che, dicendola con Sanguineti, “la poesia è ancora
praticabile, probabilmente: io me la pratico, lo vedi, | in ogni caso,
praticamente così”.
Giusi Montali
8. Il corpo è tutto.
Un biglietto da visita, un tramite, un perimetro, un
confine, uno spot, un
bluff, un limite, un cruccio, un impedimento. Il
corpo può essere
malato e parere sano o viceversa. Il corpo si flette, si
tende, si accuccia,
si torce, il corpo salta, il corpo si ferma, nell’immobilità
della morte o anche
del riposo. Il corpo russa, piscia, rutta. Il corpo ama, il
corpo lecca, spinge,
respinge, si piega, accoglie. Il corpo è ricettacolo del
male ma l’anima non è
sempre veicolo del bene, nemmeno per i cattolici
osservanti. Il corpo
è scoperto, esposto, sfigurato, il corpo può essere
scuoiato, squartato,
spellato, curato, protetto, lavato, medicato. […]
Il corpo è
sconosciuto, il corpo svela sempre un particolare nuovo, il corpo
è asimmetrico, vivo,
caldo. Il corpo si raffredda subito, si rattrappisce,
il corpo minimamente
sollecitato, reagisce. Il corpo è capace di sopportare
i dolori più atroci,
il corpo oltre un certo limite di dolore non sente.
Il corpo di un morto
è come un burattino scongelato. Etc., come potendo
continuare.
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