giovedì 23 novembre 2017

Silloge senza titolo di Marco Malvestio. Una nota di Giusi Montali

Anche quest'anno si pubblicano in sequenza le note di lettura relative a sillogi e libri finalisti del Premio letterario "Anna Osti" di Costa di Rovigo. Ringrazio la giuria del premio per la collaborazione. La silloge senza titolo di Marco Malvestio si è classificata prima nella sezione di poesia non edita.

Marco Malvestio, silloge senza titolo.

Si muove tra iperletterarietà e attenzione al dato contemporaneo la scrittura e la lingua di Marco Malvestio. E non è un percorso pacifico, né sereno bensì pieno di attriti che riescono però a restituire il senso di una contemporaneità sconfitta e allo sbando. Nella sua silloge infatti il mito di Glauco diviene metafora di un tentativo di fuga dal proprio tempo e dall’impasse del dolore (“fuggire dal tempo dentro a un tempo | alieno in cui il tempo non ci fosse, | come Glauco sfidare l’alto oceano | […] venirne fuori [...]”). Mentre Andromeda, reiterando il suo destino in una produzione cinematografica ispirata alla mitologia classica, diviene pura funzione narrativa: ogni sua azione perde così ogni effetto non previsto e subito, ed è ciò che il soggetto lirico, privo di alcuna certezza, le invidia. Così Ovidio, trovandosi a vivere nel presente, dovrà certo guidare in autostrada e lasciare messaggi in segreteria ma avrà la certezza di avere “qualcosa da dirti, vedi, nonostante tutto, | cara”. Diversa invece la consapevolezza del soggetto lirico che sa che “C’è uno iato tra la recita e la carne” e che la letteratura non potrà che essere un’“esibizione meschina”. Da una parte si ha l’io lirico che si rapporta all’antichità con un senso di sconfitta, dall’altra gli emblemi della letteratura antica che si trovano a mediare con il nostro tempo, risultandone però sminuiti, ridotti a farsa. L’effetto è dissonante ma proprio per ciò vivace e in grado di colpire il lettore. Per l’ultimo testo invece, suddiviso in quattro sezioni e piuttosto diverso dai precedenti, occorre fare un discorso a parte. L’autore infatti vi riduce l’elemento letterario, preferendogli un’allusione alla musica, più idonea all’analisi delle varie fasi di un distacco amoroso che si esplica in un dialogo solitario e sofferto che tenta di rimandare la consapevolezza della fine: “sono esorcismi che non intendo smettere, | perché non posso permettermi il pensiero | che […] | svaniremo anche noi, | irrimediabilmente”.

Giusi Montali


II

Durchkomponiert, il ritmo
del tuo ripresentarti sotto forma
di assenza,
dietro una salita, all’improvviso
o a un giro di strada, è inevitabile
e imprevedibile -
e d’altra parte, a saperlo prevedere,
scioglierei questa, più che catabasi, ghost story
(essere diventati, poi, che imbarazzo,
proprio ora che usa il digitale,
effettacci di luminol, lampade di Tesla),
ma non conosco formule né offerte
che sappiano cacciarti o trattenerti
per sempre.


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