Valentino Ronchi, Primo e parziale resoconto di una storia d'amore (Nottetempo, 2017).
Un
esergo indirizza il lettore – chiave fornita subito, in questo libro così
aperto sin dal titolo: il “Primo e parziale resoconto di una storia d’amore”
misura lo scarto lacerante “tra l’avidità di conoscere e la disperanza d’aver conosciuto” (R. Char).
Tu
procedi e cògli altri segnali, affioramenti tranquilli di senso: Fénelon (...) invita a non ragionare troppo sulle proprie preghiere (sono preghiera
un passo orientato e la sua cadenza, e tanto basti).
Contrappunti
diaforici, saggi simili s’incontrano disseminati qua e là e intonati a sermo (appigli di senso quasi
pleonastici, ma sono canto al pari di luoghi eventi persone); poi, in chiusura:
È la fretta di morire (...) che noi faremo di tutto, insieme, per scansare.
La
ricapitolazione di questa lettura progressivamente immersiva è facile al
lettore (oramai implicito, stinge complice nel soggetto poetante): il tempo è
perdita, luoghi e figure la catalizzano, la loro preservazione è affidata alla
parola (si fa questo, si sa, per i giorni a venire) e il lettore comprende, da
subito e in ogni successiva stazione dell’amore/conoscenza, questo libro di
grande unità dove un io dislocato e rifratto (dilaniato non più ché, appunto,
l’unità sua propria è nel racconto) canta il proprio romanzo, canzoniere
posticcio e un po’ mesto, parziale quanto
vuoi ma espressivo di una grazia persuasa.
Gli
dà voce un verso piano e discorsivo che riconoscibilmente si abbevera a precise
tradizioni, perché già lo si osservava, in questa sede: il milieu conta e Lione o Roma od ogni altro altrove, in Ronchi, hanno
nome Lombardia.
Luca Pasello
Il 1933 è cominciato, non ci sono presagi
almeno in apparenza. Che l’apparenza poi
è tutto ciò che abbiamo, questa periferia
delle cose è in realtà il centro. Quest’anno
me lo sento, bacerò Hélène, penso
guardando fuori dall’Averly tram, il n. 5.
La mia città è un austero bigliettaio
– come questo che scruta pronto alla multa –
il Rodano si allarga si prende la Saône e
rallenta
sembra quasi un lago, un lago con i ponti:
io mi abituo sempre più al mio paesaggio
– a queste mie quinte dall’aria immutabile
e ferma che invece come tutto muteranno –
lo traverso, lo scruto, in lungo e in largo.
Questo è
quanto, per ora.
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