lunedì 5 febbraio 2018

"Ellissi" di Francesca Scotti

Questa recensione di Eloisa Morra al libro Ellissi di Francesca Scotti è già apparsa ne "L'indice dei libri del mese".


«Non crescere, è una trappola», così Peter Pan ammoniva Wendy; questo sembra essere il mantra di Erica e Vanessa, le due adolescenti protagoniste di Ellissi (Bompiani, 2017), ultima prova narrativa della scrittrice milanese Francesca Scotti. Amiche per la pelle, queste ragazze fisicamente diversissime un giunco dai capelli rossicci e lentiggini Erica, più piccola e bruna Vanessa sono unite dalla paura di crescere che le porta a stringere un patto: diventare libellule, rendere i loro corpi esili e flessuosi come quellanimale che «impiega quindici trasformazioni a diventare quel che è». La loro alleanza contro la crescita sembra inossidabile, almeno allinizio del romanzo: quando le vediamo fare i bagagli per Villa Flora, una clinica per disturbi alimentari, determinate a resistere alle cure e ad esercitare il controllo assoluto sui loro esili corpi dal cuore a goccia.

Già accennato in alcuni racconti della raccolta desordio Qualcosa di simile (Pequod 2011) e nel bel romanzo Il cuore inesperto (Elliott 2015), in Ellissi il tema del rapporto col cibo si fa in primo piano, oggettivando efficacemente levolversi dellamicizia tra le protagoniste (il magnum sciolto nellacqua calda, un dado di pan di Spagna apparso in sogno a Vanessa: Scotti è naturalmente portata a creare immagini che non si lasciano dimenticare per come sa dar loro corpo e concretezza). Amicizia che, come spesso capita nelladolescenza, non è immune da una certa dose di velenosità: Vanessa ed Erica si stringono in una simbiosi che anziché donar loro spazio vitale le porta a consumarsi e distruggersi, fisicamente e psichicamente, in una chiusura al mondo esterno che è anche un ostacolo al formarsi delle loro individualità. Come due fuochi di una ellisse, avranno bisogno di sovrapporsi per poi separarsi di nuovo, tornando ad essere ciascuna «uno».

Lincontro con il dottor Talevi e gli altri degenti della clinica in particolare Diego, il ragazzo dalle gambe a fenicottero che in modo diverso affascinerà entrambe, e si innamorerà di Erica muterà per sempre il loro rapporto, portandole finalmente a misurarsi con lesterno, con il peso della realtà: perché «tra due ali c’è un corpo», e non esiste leggerezza senza peso. Dallatmosfera equorea e cupa di Villa Flora, tratteggiata da Scotti con notevole sapienza narrativa, si passa ad un finale aperto ad altre consistenze e colori: la polpa della mela assaporata da Erica, tornata a casa dopo la guarigione, il rosso del ciclo che torna ad abitare un corpo sano. Colpisce come nonostante si trovi sovente a descrivere rapporti delicati la relazione morbosa tra Vanessa ed Erica rispecchia per certi aspetti quella che in Il cuore inesperto legava la diciottenne Anita al suo maestro di musica , e proprio per questo potenzialmente disturbanti, la scrittura di Scotti non perda mai delicatezza ed equilibrio né indugi in sentimentalismi (così in un altro bel libro il cui centro è il corpo, La notte ha la mia voce di Alessandra Sarchi). Scrittrice percettiva, Scotti lascia che a parlare sia lesattezza dei confini della sua realtà: più dei dialoghi contano i gesti, la musica (altro suo grande tema, torna in alcuni snodi centrali del romanzo), i dettagli che emergono con nitidezza dallacquario ovattato in cui vagano i degenti. Ed è nello stile teso e musicale, in grado di aprirsi con disinvoltura alla levità come a squarci perturbanti, che risiede forse la maggior riuscita dun romanzo sospeso tra Ogawa Yoko e il primo Parise.


Eloisa Morra

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