Si conclude con un utile interrogarsi su possibili nuove forme di populismo in letteratura questo libro di Romano Luperini, alla fine di un agile paragrafo in cui il decano della critica aveva preso in considerazione i libri caldi del 2017 (Le otto montagne di Cognetti, La più amata di Ciabatti, ma anche il Brucio tutto di Siti). È un interrogarsi significativo e utile, giacché da un pezzo sta insidiandosi un pensiero di letteratura legata ai buoni sentimenti, alle pratiche edificanti che si posizionano in una comfort zone che sta tra il sempreverde fascino per il selvaggio, i toni più artatamente accesi o un incomprensibile new ruralism di altri libri di successo presso premi e lettori, promossi dagli editori con maggiore blasone. L'industria editoriale del romanzo in effetti può ormai prevedere una certa pulizia e standardizzazione del prodotto finito, secondo prassi che si sono consolidate e secondo una serie di operazioni di finissaggio, così come ce ne sono in tutte le industrie, dai telefonini alle scarpe. Ma la letteratura non è un regno rassicurante, tutt'altro, mai stato questo; i libri sono ancora una merce che potrebbe vantare (o soffrire di) una qualche peculiarità, se non altro perché sembrano più a diretto contatto con le idee, la pelle e il sangue degli uomini (è un'illusione questa?). Fa bene dunque Luperini a sigillare così quest'ultimo libro. Ma sarà davvero un ultimo libro per lui questo qui, come si era già promesso? Lascio la domanda proprio perché Luperini parla di una promessa non mantenuta all'inizio di Dal modernismo a oggi. Per storicizzare la contemporaneità (pp. 152, euro 16, da poco uscito per Carocci). La promessa non mantenuta è quella che non sarebbe più tornato con un libro di saggi, proprio a seguito di alcune riflessioni, rilasciate nei penultimi scritti, sulla prensilità della forma saggistica, sulla sua necessità e sulla possibilità di aver altro valore da quello che impronta il percorso di ricerca e di pubblicazioni di uno studioso all'interno del circuito dell'accademia.
Tutto parte insomma da una promessa non mantenuta. Ma dove si arriva partendo da una promessa non mantenuta? Il libro raccoglie alcuni scritti di diversi momenti, anche cosiddetti occasionali, raggruppati sotto il cappello di un titolo che esprime un arco temporale abbastanza lungo unitamente alla necessità e allo stimolo continuo di storicizzare il contemporaneo. Al di là del titolo, che crea la cornice temporale di questi scritti, che cosa vuol dire "storicizzare"? Volendo complicare la faccenda, che cos'è oggi l'idea di contemporaneo o di contemporaneità? Su quali livelli si assesta? A quali livelli si sgretola? Almeno una cosa, però, la sappiamo: storicizzare vuol dire collocare - o tentare di collocare - le opere, il pensiero, i dibattiti all'interno del loro tempo e, conseguentemente, all'interno del nostro. Si tratta quindi di un'azione doppia e bifronte, che sfuma nella critica, nell'epistemologia, nella riflessione storica. Sfuma e sfugge in tanti rivoli. Ed è così che Luperini abbraccia un'eterogeneità di autori e correnti, dai vociani a Saviano, infilando all'interno un saggio come "Federigo Tozzi e le emozioni" (mi è parso molto bello proprio questo scritto), un altro su Mario Luzi e la crisi del genere lirico in uno dei contributi più approfonditi e ampi, uno su Sanguineti definito anche "l'ultimo intellettuale", uno sul già citato Siti o un altro ancora sul caso Ernaux, esempio di successo dell'autobiografismo, mediante il quale è redatto un bilancio delle sperequazioni economiche dell'epoca attuale e dello scenario che ne è derivato, chiuso tra cinismo e ironia sarcastica, due atteggiamenti parimenti improduttivi, anche nell'ottica di una rivolta che per ora non arriva.
Il volume si presenta come agile ma al contempo assai densa lettura, che si interrompe davvero ai giorni nostri, con un'intervista di Filippo La Porta reperibile anche in rete nel sito "laletteraturaenoi" a questo indirizzo e con la valutazione dei romanzi del 2017 di cui si diceva poco sopra. Siamo quindi davvero nell'"oggi" del titolo. Ma come arriva Luperini a chiudere questa cavalcata storicizzante? Lo abbiamo già anticipato e, oltre agli scritti sugli autori citati, il lettore troverà capitoli dedicati alla poesia di Umberto Saba, con approfondimenti sulla psicanalisi nella cultura letteraria, la peculiare posizione di Trieste in questo flusso e la configurazione dello spettro sabiano, oscillante tra spinte di modernismo e antimodernismo. Infine, in questo 2018 che chiude il quinquennio del centenario della Grande guerra, giova ritrovare anche l'acuto bignami su "La Voce", "Lacerba", Papini, Slataper, Jahier e Serra, ancora una volta con il suo Esame di coscienza di un letterato.
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