Filippo Bologna incomincia in questo modo la nota introduttiva di Ti do i miei occhi di un tempo fa
In fondo, ogni foto è la testimonianza di un’assenza. Assenza del soggetto, del luogo e dell’istante in cui è avvenuto lo scatto, fulminante e irripetibile incrocio di tre coordinate che intersecano la realtà per convergere in un clic. È un miracolo che dalla risultante di tre assenze scaturisca una presenza. Viva, erratica: quella dello sguardo, un ponte mobile tra passato e presente, breve come un battito di ciglia. La chiusura di un circuito immaginario che permette di andare avanti e indietro, invertendo, anche solo per un istante, la tirannia del tempo.
In questo caso il passato è via di Fieravecchia, dove se chiudo gli occhi vedo ancora Marco aggirarsi per i corridoi della facoltà con le sue giacche scure e le Clarks alla Dylan Dog, in una mano il tabacco, nell’altra una cartina sottile e trasparente come i suoi ragionamenti.
Il presente, invece, è questo libro che tenete tra le mani [...]Questo libro che potete tenere tra le mani è stato curato da Vincenzo Cascone e Giacomo Tagliani, consta di 128 pagine e di un centinaio di illustrazioni e costa 15 euro. Si tratta solo di una parte circoscritta di un archivio che potrebbe diventare davvero rilevante e d'aiuto per scrutare meglio l'immaginario di un'epoca sfuggente e così recente, coincidente con gli anni più febbrili di Dinoi. Ed è in tale modo che possiamo sfogliare il senso delle sue inquadrature in questo libro pochissimo scritto e sostanzialmente fatto tutto di immagini. Ricordano i curatori nella loro essenziale nota che fotografare per Dinoi
era mettere a fuoco un concetto, mettere in pratica la teoria, e in azione il pensiero: un equivalente visivo di quella parola – letta, parlata, scritta – che pure era al centro della sua quotidianità fatta di lezioni agli studenti, letture in biblioteca, scrittura di saggi. Scattare fotografie era uno dei tanti modi attraverso i quali Marco si interrogava sulla realtà e sulle immagini che la supportano; credeva tenacemente in entrambe, e le loro reciproche implicazioni e i punti di intersezione tra esse rappresentavano la sua preoccupazione più stringente, la sua forma peculiare di fare ricerca. Fotografava coerentemente al suo stile, in modo riflessivo, essenziale, senza distrazioni; non a caso possedeva solo una Yashica FX-3 Super 2000 e una Contax 137 MA Quartz, oltre all’obiettivo Carl Zeiss Planar T* 50mm f/1.7, usato con entrambe le macchine.
Questo libro intende restituire la tensione etica – e quindi anche estetica – che traspare dalle immagini in bianco e nero che hanno accompagnato con discrezione quasi tutto il suo percorso di ricerca teorica; diciassette anni durante i quali noi curatori ci siamo avvicendati accanto a lui, insieme a tanti altri compagni di viaggio.Per concludere rimando a questo link quale punto d'accesso per iniziare un'esplorazione dell'Archivio Marco Dinoi.
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