lunedì 6 agosto 2018

"Gli ultimi giorni di agosto" di Massimo Bocchiola nella lettura di Matteo Giancotti

Questa recensione di Matteo Giancotti a Gli ultimi giorni di agosto di Massimo Bocchiola (Il Saggiatore, pp. 147, euro 19) è apparsa su "La Lettura" del "Corriere della Sera".


Prima di tutto viene la scrittura, con la sua necessità di esattezza, precisione millimetrica, controllo: un esercizio serissimo che diventa stile attraverso la disciplina. Tutto questo, per un autore come Massimo Bocchiola, traduttore, poeta e saggista pavese, è una specie di religione. Poi ci sono le idee e le accensioni della memoria, che trovano posto sulla pagina solo se si mostrano compatibili con una scrittura siffatta, all’altezza della sua dignità. In ogni caso, in questa che è una scrittura saggistica, con cambi di passo narrativi, in linea con le proposte del Saggiatore, non si saprebbe dire se il nucleo fondante della materia sia quello autobiografico o culturale, a tal punto gli studi, le traduzioni, le varie esperienze di fruizione artistica fatte dall’autore si sono integrate nella sua vita.

Gli ultimi giorni di agosto è costruito come un fine intarsio di materiali di diversa natura: esperienze di lettura, frammenti della vita affettiva, autoanalisi, passi di traduzioni, tessere musicali, cinematografiche, calcistiche, che formano un intero dalla superficie perfettamente levigata. Forse una forma di ritegno (che ha a che fare con lo stile) non permette a Bocchiola di dire «io» più di un certo numero di volte; questo aspetto si combina con la convinzione (desunta dall’amato B.S. Johnson) che è falso e sbagliato ricomporre in una forma coerente («una storia») i diversi episodi della vita, e produce il risultato di una prosa antinarrativa, dove i frammenti autobiografici sono talmente irrelati e separati da sembrare appartenenti a vite e individui diversi.

Uno dei motivi più importanti del libro è appunto quello della dissociazione, nel soggetto, tra l’età del corpo e l’età della mente, che non coincidono quasi mai con l’età anagrafica. Questa verifica dell’identità che il soggetto compie su se stesso, sempre destinata a fallire, si impone come una necessità impellente negli ultimi giorni di agosto, quando un uomo sui sessant’anni, nella sua casa della Bassa Padana, cerca un modo per uscire dal fin troppo «stucchevole» parallelismo tra la fine dell’estate e l’inizio della sua vecchiaia. Non cederà a immagini così trite e romantiche, piuttosto si lascerà prendere dalla febbricola che sempre portano i ricordi e le aspirazioni talvolta cupe della psiche, che lo invitano a cedere a un desiderio di dissipazione, accarezzato fino al punto in cui comincia a diventare pericoloso, o appena un po’ più in là, nel punto in cui opportuni «antidoti» (cioè immagini solari, di pienezza vitale) riportano il protagonista verso zone meno oscure. Bellissime immagini lavorate con cura minuziosa, specialmente della Bassa Padana («navigata» in bicicletta lungo il reticolo enigmatico delle sue acque), affiorano dalle pagine a un ritmo quasi costante, ogni volta che l’autore consente all’emozione di infiltrarsi in una prosa di una compostezza algida, quasi ieratica. È un rito questa scrittura? Flirta con la morte mentre tenta di esorcizzarla.



Matteo Giancotti

Nessun commento:

Posta un commento