Nelle sue opere Siti racconta la mutazione del desiderio, la società dello spettacolo e l’ibridarsi di realtà e finzione, il rapporto dei consumatori con le merci, nuovi mercati in espansione come quelli della droga, della speculazione finanziaria e della prostituzione. Già nel romanzo Troppi paradisi (Einaudi 2006) sono presenti ampie sezioni para saggistiche sui meccanismi di funzionamento del consumo e del desiderio per le merci – dove per tali è da intendersi tutto quello che può essere comprato con il denaro, soprattutto se con molto denaro: dunque non solo televisori e vestiti, cibi o vacanze esclusivi, ma anche il corpo di escort professionisti, una notorietà di qualsiasi tipo o l’‘esserci’ in certi ambienti esclusivi.
Ne Il canto del diavolo (Rizzoli 2009) Siti racconta di un suo viaggio negli Emirati Arabi e soprattutto a Dubai: favola iper-tecnologica di ricchezza esorbitante, strabiliante miraggio nel deserto, ma anche paradiso che nasconde lo sfruttamento di migliaia di operai e inservienti. Già in questo testo è evidentissima la rappresentazione di una realtà lontana che però, come uno specchio che ingigantisce, rivela qualcosa di inquietante sulla nostra, fa intravedere il futuro possibile di tutto l’Occidente: una sempre più allarmante sperequazione tra poveri e ricchi, la progressiva sparizione dei diritti e dello stato sociale, lo strapotere di una finanza che detta le regole alla politica e alla società, consumi sempre più scissi tra lusso esclusivo per pochi e abbondanza scadente di massa.
In Pagare e non pagare si parte dalla constatazione che qualcosa sta radicalmente mutando nella vita degli individui, e in una delle aree più cruciali: il rapporto millenario di scambio tra denaro per pagare il lavoro e lavoro per guadagnare denaro. Prendendo a modello sé stesso, figlio di operai nato negli anni ’40, cresciuto nell’Italia del boom economico e diventato – grazie alle nuove possibilità di ascesa sociale aperte a tutti – professore universitario, Siti osserva come fino a qualche anno fa esistesse nella classe media un vero e proprio piacere del pagare per ricevere in cambio beni e servizi: pagare significava aver lavorato, e percepire un compenso grazie al quale potersi permettere acquisiti, a loro volta altrettante affermazioni di status e di identità.
Oggi, nell’epoca della sharing-economy, dei lavoretti sottocosto e in nero, dei download gratis e del couchsurfing – e complice la crisi economica – secondo Siti un nuovo tipo di economia sembra stare soppiantando quella del compenso e dell’acquisto in denaro. Un’economia simile al baratto, che prende piede soprattutto tra le nuove generazioni: è vero, si è sempre meno pagati per lavorare, le multinazionali planetarie offrono sempre minor salario e diritti ai propri lavoratori, le fabbriche chiudono ed è in crisi il sistema che fino a qualche anno fa garantiva il welfare e l’ascensore sociale in Occidente, ma in compenso si possono ottenere sempre più cose gratis. Viaggi, pezzi di arredamento, cibo, informazione, trasporti, cultura, comunicazione – e non importa se poi siano prodotti scadenti, l’importante è che possano essere resi disponibili e fruiti senza l’intermediazione del denaro guadagnato, sempre meno certo e sempre più difficile da procurarsi.
Nel saggio Siti riflette su come questa nuova economia stia soppiantando la vecchia e cambiando per sempre il nostro modo di percepire noi stessi e il mondo, il valore che diamo alle cose e le relazioni di potere. Lo fa, come sempre, con un’analisi intelligente e spietata che mescola brio e letture impegnate, aneddoti personali, intelligenza e una buona dose di idiosincrasia. Forse anche per questo nel finale si avverte qualche tono apocalittico di troppo, e qualche genericità nella sempre del resto informata rappresentazione degli stili di vita di giovani e giovanissimi. Ma al netto di tutto questo il libro, che ha il merito (come tutte le cose intelligenti) di coniugare concisione e approfondimento, merita sicuramente di essere acquistato e letto.
Valentina Sturli
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