Venendo all'arte media della fotografia e a questo volume composito, si dovrà dire subito che i differenti capitoli e sottocapitoli si addentrano nelle pratiche e problematiche professionali di quest'arte che chiunque presume di possedere. A dispetto di un continuo ricorso alle classi sociali, quindi a qualcosa che riconduce a una data gerarchia, assomiglia invece a un rizoma l'accostarsi di contributi che trattano la pratica del fotografare, a metà tra pratiche volgari e nobili, all'interno della famiglia, dei differenti gruppi, dei fotoclub, quale testimonianza di eventi, protagonista dell'ambito giornalistico (da meditare le pagine sul reportage) o pubblicitario. In generale è proprio questo accento sul versante professionale che a distanza di oltre cinquant'anni rende ancora molto attraente la lettura di queste pagine. Ad un livello introduttivo, il campo è sgomberato da nubi in un passaggio chiave come il seguente:
[...] sebbene la produzione dell’immagine sia interamente devoluta all’automatismo dell’apparecchio, l’inquadratura rimane una scelta che impegna valori estetici ed etici: se, astrattamente, la natura e i progressi della tecnica fotografica tendono a rendere ogni cosa oggettivamente “fotografabile”, ciò non toglie che di fatto, nell’infinità teorica delle fotografie tecnicamente possibili, ogni gruppo selezioni una gamma precisa e definita di soggetti, di generi e di composizioni. “L’artista, dice Nietzsche, sceglie i suoi soggetti: è il suo modo di lodare”. Poiché è una “scelta che loda”, poiché rappresenta l’intenzione di fissare, cioè solennizzare ed eternizzare, la fotografia non può essere esposta ai rischi della fantasia individuale e pertanto, con la mediazione dell’ethos, interiorizzazione delle regolarità oggettive e comuni, il gruppo subordina questa pratica alla regola collettiva, in modo tale che la minima fotografia esprime, oltre le intenzioni esplicite di chi l’ha fatta, il sistema degli schemi percettivi, di pensiero e di valutazione comune a tutto un gruppo.È un passo che articola come un apparato locomotore l'intero libro nelle sue variegate parti alle quali abbiamo accennato poco sopra. Capire una foto, chiunque ne sia l'autore che l'ha catturata, significa per Bourdieu e i suoi compagni di avventura "decifrare il sovrappiù di significato che tradisce in quanto partecipe del simbolismo di un’epoca, d’una classe o d’un gruppo artistico". I modelli impliciti che i fotografi seminano per la via come Pollicino e il "fotografabile" (concetto evidentemente legato anche ad aspetti tecnologici) ci parlano quindi di quale "promozione ontologica" sia conferita da un dato gruppo sociale all'atto del fotografare. In tal senso un libro datato ma imprescindibile come questo risulta ancora più fecondo se letto assieme a un saggio come Il futuro dell'immagine di Federico Vercellone (di cui si parla qui), sia per l'aggiornamento tecnologico e sociale che il saggio di Vercellone propone, sia per i continui rimandi filosofici tra i due (al rapporto tra scienze sociali e filosofia, con particolare riguardo al peculiare caso di Bourdieu, si sofferma anche Milly Buonanno nell'utile testo introduttivo). Per Bourdieu, quest'arte "amatoriale", che sembra contraddistinta da una certa anarchia, è in realtà regolata da sedimentate norme, e gli esteti che si sforzano di liberare l'atto di fotografare dalle funzioni sociali a cui la grande maggioranza lo subordina ("souvenir" di oggetti, persone, eventi in particolar modo) "tentano di far subire alla fotografia una trasformazione analoga a quella che hanno conosciuto le danze popolari, quando si sono trovate integrate nella forma raffinata della suite".
Al gruppo di lavoro che ha dato vita a questo libro preme riconoscere, attivare e veicolare la fotografia come oggetto di studio nell'ambito della scienza sociale e dei gruppi di riferimento. La peculiarità del fotografare è semmai che quest'atto costituisce una pratica che ritorna immancabilmente all'individuo. È l'interesse per il significato conferito alla fotografia dai diversi gruppi sociali che consente di sviscerare la funzione di questa pratica secondo quel dato gruppo. In questa direzione, curiosa è la sterminata analisi di quanto accade nei fotoclub (parola che oggi suona quasi strana se rapportata al flusso fotografico amatoriale dei social) e tutta la casistica che questo volume offre. Il sociologo, in un primo istante, potrebbe sembrare la persona meno indicata a uno studio della fotografia. Il suo interesse è infatti sempre e soltanto per ciò che è "senso comune" e non "visione". Proprio la sperimentazione sulla fotografia, ossia sul terreno di quanto potrebbe condurla facilmente fuori strada nel regno dei "visionari", è un'occasione di studio che la sociologia non doveva mancare. Ed è uno sguardo persino sorprendentemente "affettuoso, e sovente intenerito" (le parole sono di Milly Buonanno) quello che scorgiamo in questo giovane Bourdieu che scrive di fotografia negli anni immediatamente successivi alla Guerra d'Algeria. Il periodo storico e l'impatto di quella guerra non vanno fatti passare in secondo piano, sia a livello generale sia a livello individuale, per gli autori di questo studio. E come ricordato Pierre Bourdieu non è da solo. Robert Castel, ad esempio, nel suo saggio conclusivo intitolato "Immagini e fantasmi", si infiltra nei corridoi stretti del sovraccarico simbolico dell'immagine fotografica, del suo essere pretesto per razionalizzazioni pre-consce (più che via d'accesso all'inconscio), offrendo l'appoggio per avvicinare la pratica fotografica a quel terrain vague che solitamente si mette a catasto nel perimetro frastagliato della malattia mentale. Insomma, se vi capita di interrogarvi spesso sull'atto del fotografare, questo è un libro da prendere in considerazione.
A parte alcuni spunti interessanti che non giustificano la mole esagerata del libro,il testo è di difficile lettura e di pochissima utilità per i non addetti.
RispondiEliminaGrazie del commento, un saluto
RispondiEliminaè un saggio, non sicuramente un romanzo... Saggio illuminante, oltrettutto
RispondiEliminaGrazie del commento. Avevo scritto che si tratta di un romanzo?
RispondiElimina