In occasione di solstizi o equinozi riprendo qui un testo dagli archivi. Specifico solo il caso dei testi editi. Le immagini che accompagnano questi post sono tagli e rotazioni (di 90°, 180° o 270°) dalle tavole.
Le ore sono quelle dovunque, prima e poi
il sole ci passa per chi guarda su o giù,
chi legge o aspetta sodo soffre il peso
sugli arti. E poi c'è l'altro, esiste sempre altro
se guardi, appena fuori da un muro bagnato
e chino come il lampo sotto il vento. I colori
non sono tanti, si schianteranno nell'arco. Potrei
dirla in molti modi l'attenzione, un disprezzo
di me o questo gran calore che ci chiede il viso,
ma il retro del pensiero è solo stanco
di restare, di mimare il sogno vuoto delle braccia
che sfarfallano qualcosa che non è ritorno
non è inizio e quando si spezza il nodo
d’esserci va così, a stelle: tutto pizzica in un grado
di forbici, sempre le mani a tradirci
come il chiodo l'esodo e avere lode del duro.
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