venerdì 9 settembre 2011

"Vento largo" di Francesco Biamonti

Riletture di classici o quasi classici (dentro e fuori catalogo) #1




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"Perché siamo stanchi di novità" cantava (pardon, recitava) Emidio Clementi in una bella canzone dei Massimo Volume. A sei mesi dall'inizio di Librobreve, anch'io mi sono stancato di scrivere solo di libri brevi usciti negli ultimi mesi. E quindi, per non annoiare me e soprattutto chi gentilmente ritorna sul blog (registro una media di 1500 visite al mese, grazie), incomincio ora a riprendere in mano libri non freschi di stampa ma magari già ingialliti nelle pagine o sbiaditi nelle copertine, dedicandomi a (ri)letture di brevi classici o quasi classici, non necessariamente in commercio. Anzi, più bello sarà scovare e rileggere qualche breve classico misteriosamente irreperibile. Oggi l'occasione per iniziare arriva da Francesco Biamonti e da Vento largo uscito esattamente vent'anni fa da Einaudi. Quest'anno inoltre ricorre il decennale della scomparsa di questo grande scrittore ligure.
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Vento largo esce nel 1991, a otto anni di distanza da L'angelo di Avrigue, il libro che fece conoscere, ormai in età adulta, Francesco Biamonti. 

Se mi chiedessero cosa mi rimane in prima battuta di questa lettura direi le virgole di Biamonti. Ho trovato fuori dal comune il suo utilizzo della punteggiatura. Considero questo un tema avvicinato di rado da chi scrive di libri, anche se il successo dei manuali o prontuari che sono usciti sull'argomento sembra invece sottolineare un diffuso interesse, proprio quando l'interpunzione pare stia vivendo la fase più critica della sua vicenda (penso al suo utilizzo iconico sui media digitali ma anche al successo del prontuario "breve" di Bice Mortara Garavelli uscito da Laterza). Sarà perché Biamonti è un maestro della pausa lunga - l'ellissi narrativa - che anche nella pausa breve offre esempi straordinari? Se vi capita, leggete le sue pagine prestando attenzione a dove vengono posizionate alcune virgole. Più volte, durante la lettura di Vento largo, sono tornato indietro a rileggere una virgola che non avrei messo lì, ma che si trovava genialmente lì. Mi ero segnato alcuni esempi, ma ho pensato che non aveva molto senso strapparli dal testo per riscriverli qui.

Sono poco affidabile. Ho trascorso gli anni della scuola superiore leggendo troppo Montale. Il volume Mondadori con tutte le poesie di Montale allora conosciute è stato per anni sul comodino. Il paesaggio ligure era per me quel paesaggio (era il paesaggio e basta); anche quando a vent'anni visitai quella regione a sviluppo orizzontale non potevo scollegarmi da quelle letture. Sono partito svantaggiato con Biamonti, con una pre-visione montaliana. Un errore pensare di poter raffrontare i due paesaggi liguri, un errore pensare di avvicinare gli occhi e le parole di questi due giganti del Novecento. In questo romanzo di vecchi passeur dei valichi, di mimose e paesaggi dell'abbandono, di droga e clandestinità, di estremo occidente italiano o estremo oriente francese, di mare e di morte, di pittura e mistero, di echi cezanniani e sbarbariani ("l'estroso fanciullo" che diventerà esperto di muschi e licheni), noi lettori assistiamo ad un capolavoro della parola, dove il tecnicismo botanico biamontiano si bilancia con la lirica, diventa enzima che consente il dispiegamento della lingua stessa, dei suoi bioritmi. Alla fine non è tanto la storia esile e trapuntata di silenzi tra il protagonista Varì e la misteriosa Sabel che può calamitarvi, non nel senso "normale" di una storia di fascinazione fantasticante che un coltivatore di mimose prova per una giovane che gli chiede di portare a compimento l'opera di passeur del padre morto. Qui a tener banco è la sensazione di un essere già stati nella Liguria di Biamonti, un déjà-vu pittorico, una terra che sembra aspettare altra gente, altri clandestini accompagnati da altri novelli passeur, un paesaggio stranito da quel vento largo che non soffia mai nella stessa direzione ma che è paesaggio in grado di farsi accogliere come donativo, nella scrittura, da una sapienza di virgole. Non Montale quindi, forse più Zanzotto. Ma questo è un altro discorso e, come ho già scritto, io sono poco affidabile.

2 commenti:

  1. Grazie per la segnalazione del video. Youtube contiene spesso delle chicche che se non ricerchiamo non possiamo nemmeno immaginare... Maria

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