Librobreve intervista #7
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Torniamo a mescolare le carte con un'intervista e a parlare di poesia, traduzione, editoria "latitante". A Claudia Ciardi e alle edizioni Via del Vento dobbiamo l'unica plaquette di Georg Heym oggi disponibile in italiano. L'intervista diventa allora occasione per entrare nelle motivazioni di questo importante piccolo libro, nella storia della ricezione di Georg Heym in Italia, nel retroscena del lavoro di traduzione e per compiere con lei interessanti scorribande. Non meno importante è il suo affettuoso ricordo di Paolo Chiarini, il grande germanista recentemente scomparso, al quale si deve un fondamentale lavoro di traduzione su Heym, l'einaudiano Umbra Vitae del 1970, sul quale magari torneremo (a chi è interessato, ricordo poi che l'editore Silvy ha ripubblicato l'anno scorso L'Espressionismo tedesco, uno dei più importanti lasciti di Chiarini).
----LB: Come nasce l’idea di questo piccolo libro di traduzioni da Heym?
RISPOSTA: Pura e
semplice passione per la lingua di Heym e il suo laboratorio
espressivo. Approfondire la lezione di questo poeta, mi ha permesso
di entrare nell’universo di segni di coloro che inaugurarono la
‘stagione in inferno’ della poesia tedesca, in aperta rottura con
un potere ingessato e incapace di rinnovarsi.
In occasione
del lavoro sui sonetti di Walter Benjamin, il nome di Heym, in cui mi
ero già più volte imbattuta nel corso della mia prima ricognizione
su atmosfere e volti della nascente metropoli berlinese, è
riaffiorato insieme a quello di Christoph Friedrich Heinle, in
rapporto al distacco di quest’ultimo dalla Jugendbewegung.
Capire quale pensiero alimentò i gruppi di questi giovanissimi
artisti e in che modo si sviluppò la loro attività, ci dà uno
spaccato importante della società tedesca del primo ‘900,
attraversata da numerose fratture politiche e culturali, alla base di
cambiamenti violenti e tragici, che ebbero conseguenze epocali anche
sugli equilibri europei.
Per quanto
riguarda la personalità poetica heymiana, riflesso di un carattere
schivo e insofferente ai clichés
borghesi, si può dire che occupa e incarna pienamente questa soglia
generazionale. Da una parte, infatti, fotografa la città nel pieno
della sua espansione architettonica e demografica, affollato cantiere
di cose, persone e culture, celebrato in tutto il suo travolgente
vigore, pur senza trascurare ombre e inquietudini; dall’altra sente
il bisogno di fuggire i ritmi esagitati della metropoli per
scambiarli con una vicinanza alla natura, di cui cerca di recuperare
ed esplorare la tensione empatica. Siamo di fronte a una flânerie
in versi che agli sfondi della «Berlino di pietra», efficace
sintesi iconografica nella quale Joseph Roth celebrava l’epopea
urbana, alterna i toni di un denso spiritualismo romantico. Questa
doppia coloritura fa parte del bagaglio genetico espressionista, e
Georg Heym ne è interprete finissimo e forse uno dei più
coinvolgenti cantori.
LB: Qual è stato il criterio di scelta delle poesie? Ti sei confrontata con qualcuno, in una sorta di editing poetico?
RISPOSTA: Per la
traduzione mi sono basata sull’edizione del ’22: Georg Heym,
Dichtungen. Una
decisione emotiva, ispirata dalle circostanze del tutto fortuite che
mi hanno messo tra le mani questa vecchia pubblicazione, avvenuta nel
decennale della morte del poeta, a cura di Erwin Loewenson, Kurt
Pinthus e Kurt Wolff, gli amici che ne avevano seguito la parabola
creativa. Ho pensato di ricavarne una scelta di liriche, tratte dalle
tre raccolte lì riunite: L’eterno giorno,
pubblicata quando il poeta era in vita, Umbra
vitae e Tragedia dei
cieli, entrambe postume. Mi sono poi
appoggiata all’edizione di Schneider, che attraverso un lavoro
rigorosissimo ha dato una sistemazione critica all’intera
produzione heymiana, oltre a tener presente la straordinaria
‘pionieristica’ impresa di traduzione compiuta da Paolo Chiarini
nel 1970. Chi sia in possesso di quel volume della ‘bianca’,
simbolo fra l’altro di una stagione memorabile per Einaudi, non
potrà non dedicare qualche minuto della lettura alla nota del
curatore. Per l’edizione di Umbra vitae
Chiarini non fa mistero di aver impiegato diversi anni di studio e
ricerca. La complessità della parola di Heym, su cui si salda il
carattere proteiforme del dettato espressionista, richiede infatti
un’analisi scrupolosa, sul piano filologico e linguistico. A
Chiarini va anche il merito di aver avvicinato il lettore italiano
alla costellazione dell’espressionismo, una corrente che per le sue
‘ricadute’ politiche, storiche e sociologiche ha un ruolo di
primordine nella narrazione della sfaccettata fisionomia del XX
secolo.
La plaquette di Via del Vento ha cercato di dare spazio ai temi salienti della lirica di Heym, agli aspetti più rappresentativi dell’immaginario del poeta. La mia selezione, orientata da questi criteri, è stata quindi proposta all’editore, per la messa a punto finale. Un importante contributo per l’esito del lavoro, lo ha dato generosamente Angela Staude Terzani, con cui mi sono confrontata per l’interpretazione di alcuni passaggi ostici; l’esercizio sulla lingua di Heym e questa fondamentale collaborazione hanno anche stimolato e arricchito la mia personale esperienza poetica.
La plaquette di Via del Vento ha cercato di dare spazio ai temi salienti della lirica di Heym, agli aspetti più rappresentativi dell’immaginario del poeta. La mia selezione, orientata da questi criteri, è stata quindi proposta all’editore, per la messa a punto finale. Un importante contributo per l’esito del lavoro, lo ha dato generosamente Angela Staude Terzani, con cui mi sono confrontata per l’interpretazione di alcuni passaggi ostici; l’esercizio sulla lingua di Heym e questa fondamentale collaborazione hanno anche stimolato e arricchito la mia personale esperienza poetica.
Cominciare
la nostra raccolta con una delle poesie su Berlino, non è stata una
scelta volontaria ma il risultato della sistemazione dei testi,
secondo l’ordine in cui si presentavano nell’edizione tedesca.
Più che coerente con la celebrazione quasi innica della metropoli
nel discorso heymiano. Una fatalità provocata dalla materia.
LB: Tradurre
la poesia di Heym. C’è una similitudine, un’immagine che possa
rendere l’idea di che cosa significa?
RISPOSTA: Non so se vi
è mai capitato di camminare sui monti, poco prima che il sole
scenda. Quell’ora in cui tutto sembra vivere un momento di
sospensione e attesa, è tra le cose più perfette delle quali si
possa fare esperienza. Ci si sente attraversati da una certa
inquietudine al pensiero che la luce stia per venir meno, quasi una
vertigine, che sale in noi e allo stesso tempo
promana dal bosco. Animali e piante
sembrano ritrarsi alla presenza del passeggiatore, come se si
preparassero al mistero di una metamorfosi; si ha l’impressione di
trovarsi in un luogo inabitato e vibrante. Tradurre la poesia di Heym
significa evocare questo indefinito.
LB: Questo
libriccino copre un vuoto. In passato abbiamo registrato qualche movimento attorno alla poesia di Heym, poi è calato un silenzio per certi aspetti inspiegabile. Come mai l'Italia, che traduce molto (e molto anche dalla
lingua tedesca), ignora oggi questo poeta? Qualche supposizione a
riguardo?
RISPOSTA: Sì, per
trovare una traccia della presenza di Heym, come si accennava sopra,
bisogna andare indietro agli anni ’70 e ’80. Quel lavoro prezioso
meriterebbe oggi di essere ripreso, nell’ottica di una rinnovata e
più ampia considerazione del poeta. Sinceramente non saprei spiegare
per quale motivo il silenzio abbia preso il posto di una ricerca che
avrebbe potuto restituirci una delle voci più dense e significative
tra le avanguardie del ‘900. Si potrebbe ipotizzare che la breve
vita di Heym abbia suo malgrado contribuito all’idea di un mancato
raggiungimento, nella sua carriera letteraria, di una vera e propria
maturità artistica. Questo strano equivoco avrebbe forse inibito
l’interesse di studiosi o semplici appassionati. Infine il
carattere stesso dell’espressionismo, considerato talora dalla
sensibilità dei lettori fin troppo lugubre e fosco, e ciò vale
specialmente nel caso di Heym, dove il senso della morte riempie
davvero ogni verso, questa Stimmung,
si diceva, può darsi abbia reso meno appetibile, anche in rapporto a
ipoetici scenari di pubblico, un’operazione editoriale. Tutti
questi aspetti potrebbero aver finito per oscurare la straordinaria
qualità del dettato heymiano.
LB: Cos'altro di Heym
potrebbe essere "urgentemente" riproposto in traduzione?
RISPOSTA: L’intera
produzione lirica. Un lavoro certamente lungo e molto impegnativo ma
che, lo ripeto, permetterebbe di rendere disponibile in italiano una
lezione poetica originale e altissima.
LB: Quali
sono i nuovi progetti nel tuo cantiere di traduzione e ricerca?
RISPOSTA: Mi
sono appena cimentata nella traduzione di alcuni frammenti di Robert
Musil. Tornando sul tema della ‘narrazione’, inaugurato dal
volumetto dedicato a Benjamin-Heinle, l’ho scandagliato da una
diversa prospettiva, quella della guerra e della dissoluzione del
binomio stato-identità nella Mitteleuropa; il risultato è una
straordinaria insospettabile allegoria dell’Europa attuale.
Sul fronte
del mio percorso di scrittura, all’interno di un cantiere popolato
da abbozzi ed esercizi, sta lentamente prendendo vita la mia prima
raccolta poetica.
Da febbraio 2019 disponibile anche l'edizione con testo a fronte delle c.a centotrenta liriche dell'edizione postuma del 1922, nella traduzione di Sergio Baldelli, sia in ebook che in formato cartaceo
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