domenica 18 novembre 2012

"Il segreto di Luca" di Ignazio Silone

Riletture di classici o quasi classici (dentro o fuori catalogo) #12













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Questo breve romanzo uscì nel 1956, l'anno terribile per i partiti comunisti di tutta Europa, dei fatti d'Ungheria e del riposizionamento di moltissimi intellettuali gravitanti nell'orbita di Mosca. A tutti gli effetti è anche un avvincente giallo, che oggi potete trovare facilmente negli Oscar Mondadori o nei tascabili Newton Compton, come altri libri di quest'autore controverso, non di rado incasellato nella formula di "cristiano senza chiesa". Forse ricorderete le polemiche infinite e "infinibili" di una decina d'anni fa, le ipotesi di una doppia vita dell'autore, secondo gli iniziatori di quel caso intellettuale dedito allo spionaggio a favore della polizia durante il regime mussoliniano. Silone è un autore sul quale vale la pena ritornare. Il successo folgorante di un libro come Fontamara, soprattutto al di fuori dell'Italia, ha contribuito a trasformare Silone in uno scrittore molto antologizzato, facilmente reperibile, ma tutto sommato sembra che il dibattito pubblico non abbia mai sfrondato la complessità della sua vicenda artistica e politica, anche perché attraversa, anche e forse soprattutto con l'esperienza dell'esilio svizzero, decenni fondamentali della storia italiana ed europea del Novecento, personaggi-chiave, movimenti di pensiero che hanno cambiato il volto al continente, trasformandolo nel caso, non frequentissimo in Italia, di autore tanto criticato in patria quanto letto e stimato fuori dai confini. Il '56 fu anche l'anno di nascita della rivista fondata e diretta da Silone con Nicola Chiaromonte. Si chiamava "Tempo presente" e anche in quelle pagine si registrò un transito importante del suo apporto al dibattito dell'epoca.
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Avete presente le liste dei libri per le vacanze estive che si consigliano agli alunni delle scuole medie o superiori? Quasi mai manca un Levi (Primo e Carlo), un Pirandello, La casa in collina o La luna e i falò di Pavese, un Calvino e un Silone. Se per Calvino un pezzo della trilogia o Il sentiero dei nidi di ragno la fanno da padroni incontrastati, per Silone la scelta ricade solitamente su Fontamara, vero caso letterario del Novecento, romanzo che non uscì nemmeno in Italia e che forse deve a questo fatto editoriale una delle ragioni del suo incredibile successo di pubblico. Può star bene, anche se in queste liste (tra l'altro immobili, ho confrontato le mie con quelle di oggi e sembra che poco sia cambiato, nessun azzardo, poco coraggio di qualche iniezione nuova) spesso si stiracchia e vivacchia un certo canone che non fa bene a quei pochissimi autori che con la loro vita e le loro opere hanno restituito complessità etiche quasi insormontabili, accolto le aporie e le antinomie del vivere dell'uomo nella storia.

Credo che la prosa di Silone sia uno degli esempi più convincenti di equilibrio tra realtà, storia e finzione narrativa. In questo romanzo, giallo poliziesco a tutti gli effetti, il lettore assiste al ritorno in paese (Cisterna dei Marsi) di Luca Sabatini, protagonista spesso in absentia del centinaio di pagine (poco più) del libro, dopo quarant'anni di carcere ingiustamente scontato per un delitto che non ha commesso, e dopo esser stato graziato per la confessione in punto di morte del vero assassino.  Qui entrano in scena i principali personaggi: i due parroci del paese, l'amico Andrea, la gente del posto che reagisce al ritorno in un'accorata diffidenza e paura che potrebbe riportare a certe tesi e situazioni umoristiche di Pirandello. Luca, anche se innocente, misteriosamente non tentò di difendersi durante il processo e per i paesani porta ancora con sé il germe di una colpevolezza non spiegata e di un mistero che ha profondamente turbato l'intero paese. Grazie all'intraprendenza dell'amico Andrea e ai dialoghi con Don Serafino scopriamo lentamente il cuore di Luca e quel che veramente accadde la notte in cui si consumò quel delitto non commesso. Proprio in quelle ore Luca avrebbe dovuto stabilire la data delle nozze con la sua fidanzata, Lauretta. Prima aveva però fatto visita ad Ortensia, una ragazza amata secondo un protocollo quasi stilnovista e che in quella stessa sera gli aveva confidato la reciprocità del sentimento. Luca aveva così deciso di aprirsi nella confessione a Lauretta e di togliersi la vita per il dolore arrecatole. Il suicidio fu impedito dall'arresto. L'atteggiamento rinunciatario assunto da Luca durante il processo è allora spiegato dalla ferma intenzione di non recar offesa al sentimento confessatogli da Ortensia in quella maledetta misteriosa notte sulla quale, a turno, ritornano tutti i vari "intervistati" del libro, ciascuno con la propria porzione di visione, ciascuno con la propria parte di colpa, ciascuno con la propria tessera.


Il segreto di Luca è uno dei libri di Silone più ignorati dalla critica. Probabilmente il tralascio provvisorio di tematiche politiche, il peso specifico di opere come Fontamara (che ricordiamo, uscì dapprima in tedesco e fu poi tradotto in moltissime lingue diventando presto un caso letterario) o Una manciata di more sovrastano e adombrano questo secondo libro pubblicato dopo il rientro dall'esilio, laddove, in realtà, ravvisiamo tante travi portanti della sua scrittura: la persecuzione, la politica stessa riverberata nel personaggio chiave del giovane "investigatore" Andrea (figlio di un politico legato a Luca), le figure del parroco (ben due qui, quasi a sancire due diverse epoche) e del sindaco, il già menzionato ritornare di curvature pirandelliane delle situazioni della vita in paese, l'intersezione del racconto con l'autorità giudiziaria (qui rovesciata rispetto all'utilizzo fattone in Severina, il romanzo postumo e incompiuto), il modo in cui si tengono e si sovrappongono i due diversi tempi della storia uniti dalla lunghissima parentesi dell'ergastolo, sono solo alcuni dei motivi per  riaprire questo romanzo quando si ritorna sull'opera dello scrittore di Pescina.

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