sabato 9 febbraio 2013

"Geologia di un padre" di Valerio Magrelli

Feci il mio primo viaggio in aereo all'età di sei anni, destinazione Treviso. Che spedizione insensata: partii con mio padre per visitare una fabbrica di caldaie! Io che c'entravo? Niente. Fatto sta che il biglietto era pagato, e lui mi porto con sé.
Mi fece tenerezza, sin da allora. E la noia di tutte quelle spiegazioni, che i tecnici ci inflissero davanti a centinaia di termostati... Poi ancora il pranzo, sempre spaesato, sempre accanto a lui. Infine ritornammo, così come eravamo partiti. Fu il mio battesimo dell'aria, insomma: caldaie a Treviso.”

Quello che avete letto è, nella sua interezza, il paragrafo numero 75 di Geologia di un padre di Valerio Magrelli (Einaudi, pp. 146, euro 18), un libro costruito con frammenti di memoria, appunti, lacerti e scene di vita più o meno affollate, un tentativo riuscito di restituire con una prosa che sa di nuovo l'orografia e l'idrografia di una vita, le formazioni rocciose, le eruzioni (molto bello il paragrafo sul pianto del figlio ricoverato in ospedale, dopo la visita del padre). Il sismografo di Magrelli registra 83 paragrafi-scosse, simili a quello che ho deciso di pescare per una semplice ragione geografica. Il titolo riporta chiaramente la parola “geologia” anche perché c'è un continuo rimando alla terra (anche quella della sepoltura, soprattutto nelle prime pagine, l'esperienza dell'autore tra le tombe in contrapposizione al "Piano Oceano" di Shanghai che prevede lo spargimento in mare delle ceneri: ancora una volta terra e mare, in contrapposizione). "Geologia" perché il percorso di restituzione in scrittura del padre Giacinto Magrelli, recentemente scomparso, avviene a strati, scavi e carotaggi, ora delicati spolverii ora decisi affondi di pala, che nulla hanno a che vedere con un normale ordinamento temporale, à rebours o in avanti. Eppure la geologia rimanda chiaramente a un tempo, anche se quasi sempre a un tempo lontanissimo, percorso in profondità, verso il centro della terra o verso le vette delle montagne, dopo essere passati tra conoidi delle deiezioni, e si intreccia non di rado con la paleontologia, la disciplina che continuamente ridefinisce la parentesi umana e il cervello, uno dei tanti inquilini del "condominio di carne". I paragrafi allora, tanti quanti gli anni vissuti dal padre, si configurano come quegli elementi che in archeologia compaiono dopo lo scavo in una posizione saliente, e nel loro stare ritti, "in piedi", protuberanti o sporgenti, portano informazioni aggiuntive, forse. Anche se potrebbero ingannare, come qualsiasi segno. Nello scavo però ogni posizione e ogni orientamento potrebbero avere un preciso significato, visto che sono comparabili a una restituzione (nello spazio) del tempo in cui sono stati sepolti e nascosti sotto forma di una postura o posizione appunto. Credo possa essere uno dei tanti parallelismi e circuiti che si possa innescare con la lettura di questo libro per certi versi indefinibile, ma che proprio per questa inclassificabilità dice anche delle possibilità (o non possibilità) del romanzo, così come l'abbiamo conosciuto finora. Non stupisce allora la scelta di pubblicare all'inizio del libro una serie di disegni del padre, ingegnere che scopriremo legato a doppio mandata con un'architettura borrominiana (bellissimi anche i paragrafi sul Borromini), intitolata L'uomo di Pofi, dai resti di quell'uomo risalente a circa 400 mila anni fa rinvenuti in Ciociaria, luogo d'origine del protagonista di queste pagine.

E poi ritorna la geologia poiché le scoperte (la scrittura) non avviene in un senso ordinato, ma per guizzi di ricerche e di scavo. Si presti attenzione poi allo stesso titolo, dove è impiegato l'articolo indeterminativo: non "mio padre" o "del padre", bensì "di un padre". Come se questo "prestito" disciplinare e metodologico dalla geologia fosse applicabile ad altre persone e come una presa di distanza dallo smaccato autobiografismo. Quando si affronta Magrelli bisognerebbe pensare a un certo fallimento dell'umanesimo e delle lettere. Nulla di drammatico, non fraintendete: un fallimento in fondo felice, necessario, che l'autore ha fatto proprio quasi con serenità e dal quale sembra ripartire, spesso sotto la luce di episodi di pensiero accaduti ad esempio in Paul Valéry o in altre intelligenze presupposte da altre arti, quelle figurative ad esempio, le arti davvero "intelligenti" secondo Valéry. Nella geologia uno spazio e un tempo quasi sempre smisurato e spaventevole si saldano, per un po'. Già in Ora serrata retinae, Magrelli annotava, in una sorta di ricognizione sul sé: "Soltanto il tempo veramente scrive / usando come penna il nostro corpo. / Per le strade, nei cinema o in un letto / questa calligrafia va persa / ed è atroce l’incuria  / degli dei e degli uomini. / Quello che arriva sulla carta è solo / il commento residuo d’un poema / perennemente disperso. / Chiosa frugale, calco d’un racconto,  / questo è l’indice ultimo degli indici."

Già mi è capitato di ricordare Giuseppe Caliceti, che in Pubblico/Privato 0.1 annotava: "Da alcune settimane ho la sensazione che tutti i giorni, i mesi, gli anni che ho vissuto e vivrò dopo la morte di mio padre siano una specie di regalo che mi è stato concesso, un indecifrabile tempo supplementare". Chissà se Caliceti immaginava i tempi supplementari "normali" o quelli della "sudden death" o "golden goal" (brutti ricordi per gli italiani...). Immagine calcistica che sembra validarsi da sola e che faccio carambolare non a caso in Magrelli, che pochi anni fa ci aveva raccontato del calcio, di quello sport che a volte sembra vegliare e proteggere intere famiglie, in quell'opera intitolata Addio al calcio che oggi sembra porsi come punto di raccordo tra questa storia e questa scrittura e ciò che leggemmo nel 2003, quando Magrelli esordiva in narrativa con Nel condominio di carne, opera che resta a mio avviso la sua più bella. In altre parole sembra profilarsi ormai decisamente un percorso del Magrelli narratore. Se in quel primo sorprendente libro del 2003 il poeta procedeva ad uno scandaglio degli umori tra le fibre del corpo, oggi l'operazione compiuta (ma per forza di cose, ontologicamente, incompiuta) sul padre appare inserita in quel solco che dice ormai, sempre più, della difficoltà di concepire un romanzo così-come-lo-conoscevamo, un romanzo della vita che sopporti e sia supportato da una pressoché univoca manifestazione di un sé. Agendo sui salienti, sulle sporgenze e sulle protuberanze del suo sito archeologico e geologico, del suo sito biologico nel caso del primo libro, Magrelli si sgancia da tutta una tradizione biografica e autobiografica che potrebbe condurre ad un nulla di fatto. E allora dove ci conduce Magrelli attraverso gli 83 paragrafi-anni del padre Giacinto? Sembra essere il primo a non saperlo fino in fondo, per questo ricorre alla "geologia" nel titolo. Così, la linea di faglia della sua scrittura, di difficile e incerta individuazione tra poesia a arte figurativa (a costo di ripetermi, ricordo nuovamente le pagine romane sul Borromini), si situa, in questo libro importante, all'altezza di un ripensamento della scrittura stessa, "geologicamente" intesa. Perché è qui un punto fondamentale che Magrelli sfiora: quale posto rimane alla scrittura? La risposta sul perché scrivere sta allo stesso livello della risposta sul come scrivere? Quale specificità rimane al gesto di scavo e di analisi quando paragonato ad altri gesti artistici? Rintraccio qui, in questo tentativo di risposta concreto, uno degli esiti più duraturi di questa nuova prova di Magrelli, di questa apparentemente non lineare relazione stratigrafica sul padre. Lo possiamo registrare anche come tentativo di ripercorrere una distanza geologica e non genealogica, che procede con la direzione di quella cosa ardua da avvicinare e sorpassare che è la memoria. Lo sapete anche voi che è una direzione talvolta non rappresentabile, com'è l'esile traccia di un aroma di caffè (non necessariamente, anche stavolta, in una cornice proustiana, con buona pace dei famosi biscottini).

3 commenti:

  1. Recensione interessante, tuttavia dopo aver letto tutto il magrelli narratore credo invece di poter dire di notare una crescita e che il primo libro del 2003 sia oggi forse quello meno interessante... MR

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  2. Visto oggi da Augias, leggo qui. Bella recensione. Sono veneta anch'io

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  3. Anche Andrea Cortellessa, su Alfabeta2 (http://www.alfabeta2.it/2013/07/08/geologia-di-un-padre/),
    usa l'immagine del "sismografo" per questo libro...

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