lunedì 26 agosto 2013

Femminicidio e "femminimondo". Intervista con Alessandra Carnaroli

Librobreve intervista #21


Alessandra Carnaroli
per nulla convinta
di "Violata", una statua
che trovate ad Ancona
"Femminicidio": parola ricorrente nella statistica lessicale dei giornalisti italiani negli ultimi mesi. Eppure si tratta di qualcosa che è stato solo recentemente "tematizzato". Ora che il "tema" è salito in primo piano nell'agenda setting dei media se ne parla con maggior frequenza, metodo e continuità. Eppure c'è chi già nel 2011 pubblicava un libro di poesia interamente incentrato sul "femminicidio" e sull'oscuro e laido magazzino, sempre più carico di orrori, della violenza sulle donne. Mi riferisco a femminimondo di Alessandra Carnaroli, uscito per Polìmata (con l'Associazione "Erinna-donne contro la violenza alle donne" - Centro antiviolenza di Viterbo, pp. 100, € 10, postfazione di Tommaso Ottonieri). Ho ascoltato l'autrice leggere le poesie di questo libro durante la rassegna trevigiana curata da Marco Scarpa. Poi lei stessa mi ha contattato ed è nata questa chiacchierata attorno al libro, al suo "pre" e al suo "post". Per concludere l'intervista, Alessandra Carnaroli ha preferito regalare ai lettori di Librobreve un inedito. A chi volesse approfondire segnalo questa recensione di Cecilia Bello Minciacchi pubblicata da Puntocritico.eu.


La copertina di
"femminimondo"
LB: "femminimondo": com'è arrivato questo titolo?
RISPOSTA: il titolo è un’addizione: femminicidio (neologismo usato per definire la violenza sulle donne ritenute oggetto e preda sessuale che spesso culmina nel femicidio ovvero l’uccisione della donna in quanto donna. Un termine che individua le cause del sessismo in una cultura di tipo patriarcale, trasmissibile per stereotipi, chiamando in causa le istituzioni che nulla o pochissimo fanno per prevenire tale violenza e promuovere una cultura del rispetto) + finimondo, usato spesso nel racconto dei “testimoni” per descrivere la mattanza (è successo un). L’operazione non è riuscita visto che molti hanno interpretato il titolo come “mondo al femminile”, cose da femmina, allontanandosi dal motivo di denuncia del testo, ricadendo in quella divisione portata avanti dal femminismo della differenza (per cui le donne sono vittime e i maschi carnefici, le donne “amiche” da difendere sempre e i maschi “il nemico” da distruggere a prescindere, le donne sensibili per natura e gli uomini invalidi sentimentali e così stereotipando) che continua a non mettere in luce una delle cause fondamentali della violenza sulle donne: il rapporto di potere impari tra generi, tra chi lo detiene e chi lo subisce. Me batto il petto. 

LB: Una volta hai detto che per te la materia di questa poesia (femminicidio, violenza sulle donne) veniva prima della forma scelta per parlarne. Allora è la materia che ha scelto la strada/forma della poesia? Può sembrare una domanda marzulliana, ma perché proprio in poesia e non, ad esempio, un documentario o altro?

RISPOSTA: Perché faccio (con risultati alterni) poesia: una forma di preghiera laica, una base breve, veloce per raccontare il danno. Se vuoi molto facile per chi fatica, come me, a tenere il passo di un raccontare più lungo. Sono pigra una meraviglia e stanchevole quanto basta per andare a capo spesso. Scrivo per immagini corte quindi, tipo Lascaux, in un tentativo rupestre di procacciarmi il pranzo (cosa non si fa per). Un primitivissimo pittore di bisonti, insomma.

Rosaria Lo Russo
LB: Il lettore che prende in mano il tuo libro s'accorge subito di uno stacco profondo da tanti "dettati" più comuni della poesia attuale. Eppure io ho ritrovati, rielaborati lungo le tracce che lasci, anche molti segnali di una tradizione. Quali sono state le letture fondamentali per te?

RISPOSTA: Per femminimondo fondamentale è stata la pagina di cronaca di Repubblica: la riduzione della tragedia a trafiletto. Lo stereotipo nascosto dall’efficienza tecnica del compitino per casa. L’insinuazione della complicità della vittima (perché prostituta, straniera, divorziata o in via di separazione, perché ubriaca, perché sola di notte, perché vestita da troia). E poi, più in generale, c’è la mia attrazione bassissima per lo scrosto. Che non è impegno civile (quello l’ho costruito dopo, avvicinandomi al femminismo di piazza) né volontà di denuncia: ha motivazioni meno degne (visto che di dignità si parla tanto per giustificare inasprimento delle pene e censure). Lo Scrosto è la passione insana che dimostrano i bambini nel levarsi le croste dalle ferite, quel farsi male con piacere, per vedere cosa c’è sotto, per amor del Cicatrene. Me la porto dietro, in forme diverse, da taglio intimo a scartata a femminimondo
Mi si accosta spesso ad autori di poesia prosastica ma “ritengomi” figlia dell’omino ciao di Italia’90 per parte di padre e wild boys dei duran duran per parte di madre. Profondissimamente scappo fuori dal pulp italiano, questa disperata battaglia da bagnodoccia: ecco più prosa che poesia. Più posa (tipo vino che s’assesta infondo alla bottiglia). La sedimentazione storta dei rapporti, che sono spesso forza e potere in pressione altissima. Da qualche parte deve pure uscire. Un po’ di sangue. Della mistica del tramonto poco m’importa, per capirci. Della mistica in quanto donna e corpo e fisica della schianto sì invece e tanto. E ti cito Rosaria Lo Russo sopra, fisiologicamente sopra, tutt*.

LB: Quali sono state le principali reazioni a un libro così costruito? Quali quelle che ti hanno fatto più piacere, pur nella terribilità del tema trattato e quelle che magari ti hanno pure contrariata?
RISPOSTA: La più bella e la più terribile (che come sempre stanno accoppiate, una sull’altra, missionarie) : “hai scritto quello che ho beccato”, by una donna cassonetto, lei risorta. 

LB: Credo sia stato un libro molto faticoso. Dopo la fatica, quali sorprese ti sta riservando la scrittura?
RISPOSTA: Faticoso, sfibrante e insieme rigenerante come ogni dramma che ti tocca sì ma di striscio. Vomitevole se penso che raccontare la violenza sugli altri serve (pure) ad esorcizzarla. Sono un prete tremendo. Anche. Continuo comunque a scrivere di rapporti di forza, di tensioni, di squilibrio tra le parti: ci sta annammatta 467 membri, inedito finalista al premio delfini 2013, riscritto in fase polmonitica e sotto l’effetto di dosi massicce di cortisone, dove la vittima di questo giochetto (che genera sempre minoranze e ghetti, sennò si vasectomizza) è donna e schizofrenica, la matta dunque, oggetto di scherno e violenza sessuale (pure lei a detta di molti consenziente, visione ortodossa di una malattia che ce piace finché ci si concede senza freni). Ci sta prec’arie (inedito finalista al premio miosotis della d’if edizioni) dove la conta ha detto che tocca ai precari, agli immigrati, ai senza tetto saltare per aria il 12 febbraio. Ci sta La rabbia di me racconti inediti dove il carnefice stavolta è la donna e la vittima il figlio in quanto figlio: oggetto da venerare e distruggere quando s’inceppa e perde la sua funzione di beatificazione del materno. Il torbido con l’uomo intorno che gira fortissimo e investe tipo bay blade atomico l’infermo di turno. Smontare la norma e rivendicare una ripartizione della Forza tipo cartone animato giapponese senza lieto fine: c’è una quotidianità infetta che non ci pare, che ci conclude finiti nel bene e nel male. Superare, please, superare. Magari con un’invettiva che ribalta, come è successo con l’antologia Bastarde senza gloria uscita per Sartoria Utopia, nella quale ci si sollazza, con altre poete cosiddette eterodosse, a far uscire il latte dal pentolino. Questo sbricco dell’a capo che potentemente distrugge prodotti tipici-poetici, tipo appunto cuore, sole, amore.

LB: Scegli tu un testo col quale chiudere questa chiacchierata? Grazie.
Scelgo un’inedita non proprio recentissima e totalmente fuori contesto dedicandola a certa R.M. e tal’altra miccia attivata che han raccolto più d’una volta questo modo mio di far nascere poesia dalla cronaca, tipo calendula dalla merda, parafrasando. Così tanto per lenire, se vi pare.


Sfughe: una serie di coincidenze e vanghe
I musulmani gli puzzano le mani
Dice mia figlia di sei anni
Che glielo ha detto la collega bambina anche lei
Della scuola primaria
Primaria dell’odio
Delle razze
Magrebini marocchini africani
Nerissimi
Dice c’hanno pure la pelle marroncina schifina
Bambina
Sima
Bella asinina non c’hai
Mai la gomma
Cancelli coi denti
Le macchie della pellaccia
Negra conserva/pummarola che tuo padre raccoglie
Diretta dai campi a 3 euro l’ora 
Già piccolina
Vermicina
Fiumicina
Dentro un tubo
Di sfiga natale
Ed errori grammaticali
A senz’acca
Apostrofi
Dell’olio e aglio
E raglio ghi ghe gi ge
La tua svastichina
È un ginocchio sempre sbuccio 
E acqua ossigenata per ossigenare


Prego

3 commenti:

  1. alla didascalia sotto la foto rivolgo tutta la mia stima. per chi volesse più informazioni sull'argomento "chiappaturchina"
    http://www.change.org/it/petizioni/comune-di-ancona-commissione-pari-opportunita-regione-marche-ricollocazione-della-statua-violata

    Intanto, grazie. alessandra

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  2. grande Ale! (voglio il credit sulla foto, pero'!!). E grazie ad Alberto, sempre.

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  3. ringrazio Ale per la pertinentissima citazione della sottoscritta, che sottoscrive ogni esilarante ed esiziale parola e punteggiatura della Carloni Carnaroli Genio.
    baci rosi lo russo

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