mercoledì 27 agosto 2014

Nuove poesie di Hilde Domin proposte da Del Vecchio Editore in "Lettera su un altro continente"

"Neue Wege möchte ich finden / schmerzhaft ungegangene / vom Du zum Ich. // Keine Handbreit an mir / die deinem Eintritt widersteht." ("Vorrei trovare nuove strade / dolorosamente inesplorate / da me a te. // Nessuna mano su di me / a opporsi / al tuo ingresso."). Per iniziare ho scelto una delle molte poesie contenute in questo stupendo Lettera su un altro continente (pp. 416, € 16,50, a cura di Paola Del Zoppo, traduzione di Ondina Granato, con testo tedesco a fronte) pubblicato da Del Vecchio Editore, il terzo dedicato a Hilde Domin, dopo le belle sorprese di Alla fine è la parola (2013) e Con l'avallo delle nuvole (2011), usciti sempre per lo stesso editore, quasi a segnare un percorso di progettualità e costanza che di questi tempi sembra uscito più da Marte che dai calderoni dell'editoria italica. (Bellissima anche la veste grafica, tra le più innovative tra quelle intercettate negli ultimi tempi; non a caso dietro c'è la mano e il pensiero di Maurizio Ceccato.) Il volume racchiude tre raccolte: Qui (1964), Figure rupestri (1968) e Ti voglio (1970, poi ampliata nell'edizione tascabile del 1995). Visto che il sottotitolo di Librobreve chiama in causa le palpebre vorrei proseguire con un altro distillatissimo saggio di quello che offre la poesia della Domin, anche nei momenti di massima brevità e "economia" di mezzi:

Strappa la palpebra

Strappa la palpebra:
spavèntati.


Ricuciti la palpebra:
sogna.


Schneide das Augenlid ab

Schneide das Augenlid ab:
fürchte dich.


Nähe dein Augenlid an:
träume.


Ma torniamo al volume che è caratterizzato, a mio modo di leggere, da una scelta di essenzialità, nella lingua e quindi nella poesia, la quale rimane ovunque una profonda, intima necessità della lingua (intendo che non so dire se lingua e poesia sono nate "spaiate" e che spesso dubito siano nate assieme). Apprezzabile è l'inserimento in questa edizione di alcune lettere e di un contributo critico specifico che riporta alla centralità del mito di Sisifo. Immediato e non azzardato diventa allora  un ragionamento che coinvolge anche il quasi coetaneo Camus. Ma se nello scrittore francese Sisifo è il motivo per compiere una ricognizione su una vasta letteratura e filosofia e per enunciare i temi che riguarderanno la scrittura camusiana per gli anni a venire (tra questi l'assurdo e il suicidio), per Domin Sisifo è punto di partenza per provare a dire al condizione del poeta, ovvero Sisifo come "metafora della capacità di resistenza". Proprio questo si evince dalla lettura del contributo utilmente racchiuso in questo libro e intitolato Sisifo: lo sforzo quotidiano di fare l'impossibile, lezione francofortese del 1988. Domin scrive anche che "In questo secolo, secolo dei profughi, il soggetto di Sisifo è di estrema attualità. Il paradosso dell’esistenza viene simboleggiato dal profugo ogni giorno." Ed è proprio in questo punto di questo interessante saggio-lezione che Hilde Domin si confronta non solo con Camus ma anche con Roger Caillois, autore de Le rocher de Sisyphe uscito in Argentina nel 1942, stesso annus horribilis dello scritto di Camus, per la precisione a Buenos Aires dove Caillois si trovava in esilio. In tutto questo ragionamento attorno a Sisifo, resta emblematica la poesia che ricorre alla figura biblica di Abele:

Abele àlzati

Abele àlzati
bisogna ricominciare da capo
ogni giorno bisogna ricominciare da capo
ogni giorno la risposta deve essere ancora davanti a noi
la risposta deve poter essere sì
se non ti alzi Abele
come può la risposta
questa unica risposta importante
cambiare
noi possiamo chiudere tutte le chiese
e abolire tutti i codici
in tutte le lingue della terra
se tu solo ti alzi
e torni sui tuoi passi
la prima risposta falsa
all’unica domanda
da cui tutto dipende
àlzati
affinché Caino dica
affinché possa dirlo
Io sono il tuo custode
fratello
come potrei non essere il tuo custode
Àlzati ogni giorno
affinché possiamo avere davanti a noi
questo sì io sono qui
io
tuo fratello

Affinché i figli di Abele
non abbiano più paura
perché Caino non diventa Caino
Io scrivo questo
un figlio di Abele
e ogni giorno temo
la risposta
nei miei polmoni l’aria diminuisce
mentre aspetto la risposta

Abele àlzati
affinché si possa ricominciare
tra tutti noi

I fuochi che bruciano
il fuoco che brucia sulla terra
deve essere il fuoco di Abele

E nella coda dei razzi
devono esserci i fuochi di Abele


Abel steh auf

Abel steh auf
es muß neu gespielt werden
täglich muß es neu gespielt werden
täglich muß die Antwort noch vor uns sein
die Antwort muß ja sein können
wenn du nicht aufstehst Abel
wie soll die Antwort
diese einzig wichtige Antwort
sich je verändern
wir können alle Kirchen schließen
und alle Gesetzbücher abschaffen
in allen Sprachen der Erde
wenn du nur aufstehst
und es rückgängig machst
die erste falsche Antwort
auf die einzige Frage
auf die es ankommt
steh auf
damit Kain sagt
damit er es sagen kann
Ich bin dein Hüter
Bruder
wie sollte ich nicht dein Hüter sein
Täglich steh auf
damit wir es vor uns haben
dies Ja ich bin hier
ich
dein Bruder
Damit die Kinder Abels
sich nicht mehr fürchten
weil Kain nicht Kain wird
Ich schreibe dies
ich ein Kind Abels
und fürchte mich täglich
vor der Antwort
die Luft in meiner Lunge wird weniger
wie ich auf die Antwort warte

Abel steh auf
damit es anders anfängt
zwischen uns allen

Die Feuer die brennen
das Feuer das brennt auf der Erde
soll das Feuer von Abel sein

Und am Schwanz der Raketen
sollen die Feuer von Abel sein


Poesia scritta con la testa alta e un piede nell'aria ("ich setzte ein Fuss in die Luft"), la lirica dominiana è popolata di simboli, miti, animali, ricorrenze e luoghi che salgono in rami progressivamente sfrondati da ogni punteggiatura. Ricorda Paola Del Zoppo nella sua documentatissima prefazione al volume che "Hilde Domin è ancora poco conosciuta in Italia, e appare necessario riempire il vuoto generato dalla errata o sporadica ricezione delle poetesse e intellettuali tedesche di cultura ebraica, restituendo alla giusta dimensione la concezione della loro poesia nella sua interezza e illuminando una direzione lirica talvolta profondamente diversa rispetto ai – grandissimi – poeti più noti, e cioè quell’atteggiamento definito in Hilde Domin “poetica del ritorno”. È un atteggiamento di energica presa di coscienza e grande coraggio nel riconoscimento della tragedia e nella volontà e capacità di riappropriazione e ribaltamento dei rapporti di forza; una presa di coscienza che trova il suo terreno più fertile nella possibilità espressiva e creatrice della parola poetica, parola madre e creatrice per eccellenza, che si innesta in un non–luogo al di là dei limiti, nell’“aria” [...]".

Solo in chiusura, e prima di lasciarvi ad un video con la sua voce, sia dato qualche cenno sulla biografia della scrittrice, per fornire qualche coordinata storica supplementare e vista anche la sostanziale novità della proposta dell'editore Del Vecchio (come ricorda Paola Del Zoppo, di Hilde Domin in Italia si è iniziato a parlare e scrivere da pochissimo). Partiamo ad esempio dalla formazione, se vogliamo non "ortodossa" per una scrittrice del Novecento, con giurisprudenza, teoria economica e sociologia a Heidelberg (qui conosce Erwin Walter Palm, studente d’archeologia e futuro marito e frequenta il pensiero di Jaspers). Con l'ascesa di Hitler i Palm si spostano prima a Roma, poi a Firenze e infine in Inghilterra. Nel 1940 l'approdo nella Repubblica Dominicana (di qui anche il cognome "Domin", quasi come un segno di gratitudine). Il rimpatrio si situa, come per altri intellettuali e scrittori, nel decennio dei Cinquanta. A questi frangenti risalgono le prime pubblicazioni su rivista (la prestigiosa e fondamentale «Akzente» e «Neue Rundschau») e le prime raccolte poetiche in volume. Nell'anno del crollo del muro di Berlino riceve in assegnamento la cattedra di Poetica all’università di Magonza. Nella città in cui aveva studiato e conosciuto il marito Hilde Domin è morta nel febbraio del 2006.

 

Nessun commento:

Posta un commento