Una poesia da #42
Ricordato 
per il suo contributo teorico all'acmeismo, insieme a Gorodeckij, per il
 suo amore senza fine per Théophile Gautier del quale fu traduttore e 
per i suoi numerosi viaggi che riverseranno nella sua poesia accenti 
esotici e avventurosi, Nikolaj Stepanovič Gumilëv (1886-1921) è un poeta
 russo di cui si sente poco parlare. Qualche anno fa, nel 2005, le 
Edizioni San Marco dei Giustiniani di Genova, che con il loro catalogo 
costituiscono pur sempre una sacca di resistenza di alcuni titoli e 
autori della letteratura europea, pubblicarono un libretto curato da 
Paolo Galvagni e intitolato Il padiglione di porcellana. Versi cinesi (pp. 64, euro 8, ancora disponibile). Durante la Prima guerra mondiale, tra il '17 e il '18, Gumilëv
 si trova a Parigi, ed è qui che viene travolto da un'ondata di 
fascinazione per l'Estremo Oriente e fu in quel periodo che il poeta 
scrisse il libro di cui parliamo ora, assieme a un altro a tema cinese 
intitolato Due sogni. L'aspetto curioso è che questo libro è in 
sostanza un libro di traduzioni di liriche cinesi e indocinesi condotte 
non certo sulla lingua originale (che non conosceva) bensì sul libro Le livre de jade di Judith Gautier. Il trasporto di Gumilëv non è nuovo e si inserisce in un solco profondo di interesse per la cultura e la lirica cinese (basti menzionare Cathay di Ezra Pound che data 1915 o il caso italiano di Arturo Onofri e del suo quaderno di liriche cinesi tradotte intitolato Palazzi di giada,
 tra il '14 e il '16). A me questo poeta, questi percorsi, questi 
incontri e queste "traduzioni" interessano soprattutto con riguardo ai 
momenti in cui la poesia sembra necessitare di nuovi innesti, per non 
seccarsi dentro uno stesso panorama linguistico, dentro uno stesso 
immaginario, dentro una versificazione vigliacca, a costo di passare per
 traduzioni di traduzioni di traduzioni di traduzioni... anzi, forse 
deve proprio passare per traduzioni di terza o quarta mano.
LA CASA
La casa dove giocavo da bambino
è stata divorata dal fuoco implacabile.
Sono salito su una nave dorata,
per dimenticare il mio dolore.
Suonavo per la luna sublime
un flauto mirabilmente adorno.
Ma una nube leggera ha coperto
la luna, da me rattristata.
Allora mi sono girato verso la montagna,
ma i canti non mi venivano in mente.
Pareva che tutte le gioie dell'infanzia
fossero bruciate nella casa devastata.
E mi è venuta voglia di morire, 
mi sono chinato verso l'acqua.
Ma una donna su una barca è guizzata
come il secondo riflesso della luna.
E se lei lo desidererà
e se la luna lo consentirà,
Mi costruirò una casa nuova
nel suo cuore recondito.

 
 
Poesia stupenda.
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